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LA BATTIGIA
di Trilussa



17/5/2009- ILLEGALITA’
Il mio articolo precedente riguardo alle contestazioni delle multe ai semafori era utile per tornare ancora una volta su un argomento di grande attualità, un comportamento in crescita nel nostro paese, che è quello della illegalità


ILLEGALITA’



Il mio articolo precedente riguardo alle contestazioni delle multe ai semafori era utile per tornare ancora una volta su un argomento di grande attualità, un comportamento in crescita nel nostro paese, che è quello della illegalità.

Non parlo di quella criminale o comunque delle grandi organizzazioni mafiose contro cui la guerra è sempre aperta da parte dello Stato, ma di quella più minuta, quella della vita quotidiana, di tutti i giorni, in ognuno di noi.

Di questi tempi può anche capitare di comprare il biglietto per l’autobus o per il treno ed esser guardati con curiosità da altri passeggeri che cercano di capire cosa ti abbia spinto a comprarlo, a fare una cosa tanto stupida sapendo che mai nessuno verrà a controllare. Come se il semplice dovere di acquistare il biglietto, il senso civico della necessità di essere in regola, non possa essere sufficiente a spingere all’acquisto.

Semplicemente per questo andrebbe acquistato, per un dovere civile e non perché si potrebbe essere sanzionati. Lo stesso vale per le cinghie in auto o per il casco in moto, indossati ora con maggiore frequenza solo perché non averli comporta severe sanzioni. I due motivi della sicurezza in caso di incidente e dell’obbligo per legge valgono molto meno, secondo le statistiche, del timore della sanzione.

Si sta facendo strada nel paese la sensazione diffusa che sia giusto almeno “eludere” le regole viste da molti come limitazioni della libertà personale. Lo stesso discorso è stato fatto anche sulle tasse, purtroppo proprio da chi dovrebbe tenere in maggior conto proprio la legalità dei cittadini.

Nel caso delle multe la mancata segnalazione alla giusta distanza della presenza di un autovelox, il colore della scritta non conforme secondo quanto prescritto dalla legge, la presenza o meno di una pattuglia che può convalidare l’infrazione sono spesso elementi che spingono i cittadini alla contestazione. Tuttavia non entrano nel merito del significato dell’infrazione, che rimane tale e quale, ma generano un senso di ingiustizia che è il contrario esatto di quello che si dovrebbe percepire.

Ho sbagliato e quindi è giusto che paghi, una normale reazione di un essere civile, si trasforma invece una specie di persecuzione da parte del Comune e o delle Autorità.

Naturalmente concordo in pieno, ma lo avevo specificato, con chi viene multato in maniera truffaldina, mediante quei mezzucci riportati sui giornali del giallo troppo breve e via dicendo. E’ il rovescio della stessa medaglia, una specie di gara a chi è più furbo e tanto peggio se a questa gara partecipano anche le Pubbliche Amministrazioni.

Io ritengo, ma è solo una mia impressione e in questa veste non mi sento moralista ma solo un osservatore, che anche questo negare, alterare, sminuire, contestare faccia parte di quei segni di decadimento della nostra società che andrebbe arrestato prima che diventi un processo irreversibile.

Forse sono solo pessimista ma se ci guardiamo attorno tutti possono notare molti di questi segnali preoccupanti. Non voglio entrare in ambito politico ma ogni giorno appare chiaro che il rispetto delle regole non è al primo posto dell’azione politica e nemmeno nella testa della maggior parte degli italiani. Forse è proprio questo che determina il grande consenso che riscuote attualmente il governo e forse è sempre lo stesso sentimento che permette al nostro Premier comportamenti tollerati, e in qualche caso anche ammirati, mentre gli stessi comportamenti in altri paesi sarebbero sicuramente ritenuti inaccettabili per un capo di governo.

Dovunque si volga lo sguardo non si trovano infatti che illegalità, ogni pentola che scoperchiamo rivela inquinamento, truffa, sotterfugi, guadagni illeciti, evasione fiscale, una diffusa illegalità.

Crollano anche dei miti come il povero Marcelletti, chirurgo pediatrico di fama mondiale con guadagni probabilmente proporzionati al suo ruolo, coinvolto in mazzette per far passare avanti piccoli pazienti non in base alla gravita della malattia ma solo per denaro. E lo stesso sta succedendo nel calcio (Giraudo è processato in questi giorni), nelle guide dei migliori ristoranti dove il punteggio è proporzionato non alla qualità dei piatti ma ai favori concessi agli ispettori, in campo edilizio con i crolli del terremoto in Abruzzo per il poco cemento la sabbia marina, con i vigili urbani che prendono mazzette per non vigilare e riscuotono in base a precise tariffe, con la clinica degli orrori di Milano dove i pazienti venivano operati solo per soldi da medici senza scrupoli e senza un briciolo di umanità. Dovunque si getti lo sguardo troviamo illegalità, una specie di sport nazionale che non può contagiare (e venir contagiata) dalla politica.

E’ la questione morale che ritorna, non come proposta elettorale dei partiti (che sarebbe già tanto), ma come emergenza nazionale.

Se fossimo una nazione più seria e con più forti principi morali sia nel privato che nel pubblico ce la passeremmo sicuramente molto meglio. Ci sarebbero molte più risorse da destinare ai meno abbienti, per costruire finalmente nuove case popolari, per una politica seria nei confronti dei disabili e delle loro famiglie, una protezione per i precari che perdono il lavoro, per far rimanere nel nostro paese le menti migliori che solo una politica molto miope non considera la chiave per un futuro migliore per tutti.

Invece fiumi di denaro scorrono sotterranei in mille rivoli nascosti, e dove arrivano cambiano le posizioni, mitigano gli ideali, ammorbidiscono le intransigenze. Si mescolano con interessi personali, con ambizioni politiche, con la necessità di sistemazioni di parenti ed amici, con un sottosuolo di illegalità di cui riusciamo solo a scorgere la parte emergente, magari in occasione di qualche soffiata o di qualche disastro finanziario.

Una multa è ben poca cosa, come ben poca cosa è vendere i canarini in gabbia (è proibito) e dire, “ma io sono un poliziotto, ma cosa vuole che sia, ci sono cose più gravi”. Poca cosa è non mettere le cinture, telefonare mentre si guida, non pagare un ticket, non fare un biglietto, passare avanti nelle file, parcheggiare in doppia fila, fare i prepotenti per la strada con l’auto magari di grossa cilindrata.

Sono, è vero, cose poco gravi dal punto di vista pratico, lo sono invece molto da quello etico.

Significano l’aver abbandonato il sentiero della legalità e della convivenza civile (o almeno dell’educazione, se vogliamo essere meno severi) ed aver imboccato quello della furbizia, del disinteresse per le regole, dell’interesse personale sopra tutto, della perdita del sentimento nobile della vergogna.

E quando si chiede rigore ed onestà ai politici che abbiamo eletto si dovrebbe partire dalla domanda se noi siamo diversi, solo a quel punto ci si dovrebbe sentire autorizzati a pretenderle anche da loro.

Trilussa
 
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