L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia.
Stamattina, accanto al titolo di questa rubrica, ho scritto le parole con cui Vittorio Arrigoni finiva i suoi articoli sul manifesto
In questi giorni, appena sveglio, ho fatto un minuto di silenzio per ricordare Vittorio Arrigoni detto anche Vik Utopia, giovane pacifista “umano troppo umano” che lavorava con e per la gente di Gaza, ammazzato da un gruppo di fanatici estremisti islamici appartenenti alla categoria dell’homo demens. Nel minuto di silenzio ho cercato di togliermi dalla mente qualsiasi pensiero, però spuntava questa frase: “Domani nella lotta pensa a me”. Pareva che me la sussurrasse Vik Utopia, in realtà si trova nel quinto atto del Riccardo III di Shakespeare. E poi ho ripensato a una parabola della teologa Adriana Zarri in riferimento alla Pasqua: “L’ultima parola non è la morte, ma la Resurrezione. La Resurrezione non invia l’uomo in un al di là migliore, ma lo riconduce alla sua vita sulla terra dove egli fa esperienza della redenzione”.
Certi pomeriggi mi dispiace di essere un insegnante di sinistra additato come uno “che vuole inculcare principi che sono contrari a quelli dei genitori”, i quali dovrebbero “sottrarre i propri figli ai professori di sinistra” (messaggio del signor B. all’Associazione delle mamme). Ieri mattina, per esempio, ho accompagnato la mia classe a una mostra interattiva al Palazzo Ducale di Lucca. Titolo: “Di razza umana: strumenti per disimparare il razzismo”. Che si lega ad un’altra esposizione intitolata “Lungo la scia di un’elica”, che narra la storia dell’emigrazione italiana attraverso documenti, fotografie e ricostruzione di ambienti. Ho proposto queste esperienze agli studenti per approfondire lo studio sul libro delle grandi scoperte e degli imperi coloniali, dove si presenta anche il punto di vista dei vinti o degli emigranti, quindi in odore di rientrare in quei “testi politicamente orientati, finalizzati a plagiare le nuove generazioni”.
Provenendo dal Presidente del Consiglio, dal Ministro dell’Istruzione e da un membro della Commissione Cultura e Istruzione della Camera potete immaginare quanto effetto abbiano simili affermazioni su genitori e studenti. Il disastro scolastico generale, ahinoi, ha cifre e subisce attacchi così duri che è difficile resistere, nonostante la Costituzione, la cui attuazione “sarebbe diventato uno degli obiettivi dell’azione politica delle forze della sinistra e democratiche” (passaggio tratto da uno di quei libri indicati come colpevoli di indottrinamento per il quale il Ministro ha espresso preoccupazione “seria e reale”).
Per fortuna riesco ancora a rallegrarmi quando gli occhi degli studenti si illuminano di interesse per aver afferrato un concetto. Per fortuna nella scuola ci sono insegnanti che sanno trarre dagli allievi il buono che c’è dietro il loro disagio e che li spinge a reagire. Per fortuna ci sono insegnanti come Silvia Dai Pra’ che ha scritto “Quelli che però è lo stesso”, un diario di un anno scolastico che si conclude con la visita della classe a Montecitorio e con la domanda di un’allieva: “Prof., ma li pagano per fare questo?”.
Appunto: “Ma li pagano per dire questo?”. Personalmente non ho mai creduto che l’insegnamento consistesse nella tecnica di “inculcare” le mie idee nella testa degli allievi e così formarla. Penso semmai a una relazione di insegnamento che parta dal formare competenze e fornire l’impianto culturale critico in modo che ciascuno possa farsi idee proprie. E quando i miei studenti mi chiedono un’opinione ho sempre cura di precisare: “Questa è una mia idea, non sbagliate con la mia testa, cercate di vedere giusto con la vostra”.
Qualche giorno fa, per esempio, Roberto Castelli, ex Ministro alla Giustizia e Viceministro alle Infrastrutture, ha detto: “Bisogna respingere gli immigrati, ma non possiamo sparargli. Almeno per ora”. Se un mio studente mi chiedesse un’opinione gli risponderei: “Ma lo pagano per dire questo?”. E poi scriverei una lettera al Ministro Gelmini per chiederle un’ispezione nei miei confronti per capire se ho usato in modo corretto la libertà di insegnamento, garantita dall’articolo 33 della Costituzione, o se invece ho violato la libertà di coscienza dei minorenni.
In certe mattine mi dispiace di non essere uno studente che, durante un laboratorio teatrale, cerca di esprimere i suoi sentimenti attraverso gesti spontanei e autentici. So bene cosa sarebbe necessario fare. Sarebbe necessario avanzare lentamente sul proscenio tutti insieme e, senza urlare, stringerci in “un abbraccio grande come il Mediterraneo che, separandoci, ci unisce”, ascoltare il vento che proviene da Gaza e prendere al volo le speranze che ci manda Vik Utopia. Restiamo umani.
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