L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia.
Piermario Morosini sapevo appena chi era quando, domenica scorsa, ho letto della sua morte in campo durante la partita Pescara-Livorno. Fabrizio Tognoni, Presidente di Chiodofisso, è stato allo stadio “Picchi” per l’ultimo saluto al “Moro” e ci offre questi suoi pensieri, compreso il titolo che è una frase di Paolo VI letta tanti anni fa. Grazie Fabrizio.
C'ero anch'io, oggi pomeriggio, sugli spalti dello stadio di Livorno, a salutare con altre migliaia di persone il feretro di Piermario Morosini.
Chissà, probabilmente non ero l'unico pisano presente. Magari altri, che come me lavorano a Livorno, hanno voluto recarsi all'Armando Picchi. In quella lunga ora in cui tutti aspettavano l'arrivo, mentre la curva nord e la tribuna si andavano riempiendo, molti pensieri mi sono passati per la mente, due più insistenti degli altri.
Non avrei mai immaginato di potermi trovare un giorno in mezzo ai tifosi livornesi nella loro curva. Di fronte a una tragedia grande, come la morte di un ragazzo di appena 25 anni, tutti i nostri "odi", le nostre rivalità sono giustamente azzerati, tutto assume un valore relativo, tutto diventa piccolo. Ed ecco che allora anche le sciarpe e le maglie neroazzurre con le dediche per il "Moro" non stonano affatto accanto a quelle amaranto che ricordano Piermario all'esterno dello stadio, insieme a mazzi di fiori e simboli vari di altre squadre ancora. Quelle sciarpe le une accanto alle altre ci dicono che si può essere avversari, non ha senso essere nemici. E penso anche alla rabbia vergata su quegli striscioni che campeggiano fuori dall'Arena, una denuncia che in qualche modo ci unisce.
C'è un primo insegnamento: che restino la nostra rivalità sportiva, i cori, gli striscioni, l'ironia caustica e quelle prese in giro anche feroci, di cui forse solo noi toscani siamo così capaci, ma poi il rispetto della vita prevalga sempre. Mai più scontri, disordini, incidenti. Che senso avrebbero, dopo un giorno come questo? Che senso ha la violenza, di fronte alla sacralità e alla fragilità della vita, oggi così tangibile?
Davvero il destino con Piermario aveva saputo essere già molto crudele anche prima di sabato e tutti gli onori che ovunque gli sono stati tributati sono stati belli, intensi, commoventi. Anche oggi: le principali personalità civili e religiose, una folla commossa, i fiori del Presidente della Repubblica, i carabinieri in alta uniforme come raramente si vedono... e mi veniva da pensare che questa vicenda è diventata una sorta di metafora del senso della morte nei nostri giorni. Come sempre accade, ci sono morti di serie A e morti di serie B. Morosini è morto in serie B ma è diventato un morto di serie A. Onori, attenzioni, copertine, un grandissimo spazio mediatico.
Livorno gli ha tributato onori solenni: eppure non era una bandiera della squadra, non era un Protti o un Lucarelli. Era a Livorno da nemmeno tre mesi, aveva giocato una manciata di partite. Ho pensato quanto il calcio riesca a coinvolgere e mobilitare le persone. Quanto senz'altro la morte vista in diretta abbia straziato tutti e impresso a questa storia un senso di così profonda partecipazione.
Pensavo poi che in fondo "Moro" è anche lui un morto sul lavoro. Pensavo che "oggi", magari l'oggi delle medie statistiche, mentre noi eravamo lì, 2/3 persone morivano sul lavoro, 2/3 ne moriranno domani - sono un migliaio ogni anno - e nessun cantiere, nessuna fabbrica si fermerà per loro, per il rispetto della loro vita perduta e del dolore delle loro famiglie. Morti di serie A e morti di serie B.
Ho pensato cosa sarebbe se ogni volta che una persona muore sul suo posto di lavoro una città si fermasse e si radunasse incredula per delle ore, se la gente riuscisse a commuoversi così, a mobilitarsi così, a dare solidarietà alle famiglie, ad interrogarsi sui perché ed a chiedere giustizia. Cosa sarebbe se la stessa pietà, la stessa rabbia, la stessa determinazione di capire e di chiedere verità, questo Paese sapesse esprimerla contro l'evasione fiscale, la corruzione, lo sfruttamento del lavoro.
Sarebbe un'Italia senza più morti di serie A e di serie B, sarebbe un'Italia con meno morti di lavoro, sarebbe un'Italia migliore in cui vivere.
Ora c'è una bella gara di solidarietà per aiutare la sorella disabile, addirittura potrebbe esserci una partita Pisa-Livorno per raccogliere dei fondi. Siamo un popolo capace di grandi slanci emotivi, eppure in quanti si sono scandalizzati e poi mobilitati di fronte al disegno del Governo che ha deciso il drastico taglio dei fondi per il sociale e in particolare per l'assistenza ai disabili? Quasi tutti se ne fregano e chissà quante altre "sorelle di Moro" bisognose di un sostegno ci sono in Italia. È anche per questo che siamo un piccolo Paese; grande cuore, ma scarso senso politico. Ci rimbocchiamo le maniche per dare per carità ciò che spetterebbe a titolo di giustizia.
P.S.
Grazie di nuovo a Fabrizio e un abbraccio a tutti i soci di Chiodofisso.