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Oggi è deceduto Oliviero Toscani.
Era ricoverato presso l'ospedale di Cecina per l'aggravarsi della sua malattia, l'amiloidosi, malattia rara e incurabile.Rimane la sua opera rivoluzionaria nel mondo della fotografia.
Lo ricordiamo con le parole di Paola Gavia, che ha avuto il privilegio di conoscerlo e di essere fotografata da lui per una campagna mondiale

Data per certa la disparità di trattamento mediatico .....
C'è un «caso Toti» nel Pd dal quale la segretaria .....
. . . avevo risposto al tuo " apprezzamento" poi ho .....
da uno che evidentemente si considera un Pico della .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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di - Maestra Antonella
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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Il cielo è quasi sempre imbronciato
di pessimo o di cattivo umore
e nel suo tenace perdurare
appiccica addosso il malumore
Grondano i tetti, gli .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
FINALMENTE DOMENICA!
di Ovidio Della Croce
Ricordare Silvano Ambrogi. Foto dello spettacolo Le svedesi

27/10/2013 - 10:51

Ganzo lo spettacolo dell'Attiesse! Bellissima serata al teatro Olimpia di Vecchiano

 

Silvano Ambrogi, classe 1929, pisano di adozione e di affetti (infanzia, adolescenza e gioventù a Nodica e a Migliarino, Liceo classico e Università con laurea in giurisprudenza a Pisa) è morto a Roma il 2 luglio 1996. Ambrogi è uno di quegli autori di grande levatura del nostro Novecento, purtroppo ingiustamente dimenticato nonostante il grande successo e la sua intensa attività letteraria, radiofonica e giornalistica.
 
Meno male che a Vecchiano, grazie all’Attiesse (Associazione Teatro Spettacolo), in collaborazione con la Consulta del Volontariato, si è potuto assistere ad un bel ricordo di Silvano Ambrogi: “Sono ritornato di qua dal Serchio”. Sul palco c’era Bocca di Serchio e i suoi giovani degli anni Cinquanta in attesa di vivere un’avventura con ragazze straniere che però non capitano mai e ridono divertiti di un sogno così vicino e così lontano. Sono Le svedesi, primo romanzo che Silvano Ambrogi pubblicò nel 1959, con un disegno di Guttuso in copertina, nella indimenticabile collana Universale Economica Feltrinelli. E questa è già una cosa ganza.
 
Questa la dedica di Ambrogi che leggo sul frontespizio della prima edizione del libro grazie a un gentile omaggio a me indirizzato da parte di sua figlia Cecilia Ambrogi (ho avuto il piacere di essere stato il professore della sua brillantissima figlia che ora frequenta il Liceo classico e pensa di diventare ingegnere aeronautico), presente ieri sera in prima fila con la madre e il marito Daniele Faraggiana, ottimo medico sportivo: 
 
“24 gennaio 1959. Alla mamma, alla cui illuminata guida devo il meglio delle mie realizzazioni, con affetto e gratitudine immensi. Silvano”.
 
Insomma una serata particolare quella al Teatro Olimpia con la gente che si sbellicava da ridere aggomitolata nelle poltroncine rosse e si è spellata le mani nell’applauso finale quando, mentre scorrevano le immagini di Umberto Micheletti, la figlia e la moglie di Ambrogi sono salite sul palco per ricevere un omaggio dal Sindaco Giancarlo Lunardi che ha ringraziato e ha detto: “Il ricavato degli incassi sarà devoluto in parte alla Misericordia di Vecchiano per l'acquisto di un'ambulanza e, in parte, alla Caritas Valdiserchio per aiutare le famiglie bisognose”. E questa è un’altra cosa molto ganza.
 
Ho riletto Le svedesi prima dello spettacolo e ci ho ritrovato la struggente e semplice bellezza dei luoghi in cui è ambientato che gli attori e le attrici di Attiesse, il fisarmonicista e le cantanti hanno restituito al pubblico con atmosfere e luci create dalla bravissima compagnia che ha “un’idea di teatro che si fa gomito a gomito” con oggetti e scene che richiamano “le radici del nostro territorio”, concetto ribadito anche da Daniela Canarini, Assessore alle Politiche Sociali e alla Cultura. Ganzissimo!
 
Nel  foto racconto molto bello di Michela Sfingi e Giancarlo Cavarretta del Circolo Fotografico le Dune possiamo gustare le scene più significative del divertente spettacolo. Memorabile la scena di Arruffamerde, il fotografo che “faceva mettere in posa, esaurendosi in mille indicazioni e perdendosi in dettagli minuziosi sulla posizione da tenere”, ma “quando qualcuno del gruppo si stava distraendo o scomponeva la posizione, improvviso come il singhiozzo scattava la fotografia”. Altro momento intenso dello spettacolo è la rappresentazione dei Migliarinesi divisi tra quelli “Al di là della ferrovia, mano mano che ci si avvicinava al Duca, l’aggregato democristiano si faceva più compatto. Dall’altra parte nella località chiamata Malaventre, pullulavano i comunisti”.
 
Tutti bravissimi i dodici personaggi che hanno calcato il palco e anche quelli dietro le quinte che hanno contribuito alla realizzazione di questo ricordo teatrale, uno spettacolo elegante nella sua semplicità che non lascia trapelare il lavoro serissimo con cui è stato preparato anche se il tempo non è stato molto. L'impeccabile voce di Simone Cioli faceva da filo conduttore e ci ha regalato emozioni di questo tipo:
 
“Dove uno ha studiato fin da ragazzo, dove vi ha visto passare la guerra, dove ha imparato a conoscere quegli importanti fenomeni che sono gli uomini, ecco lì è il paese. Si poteva essere nati al Polo Nord o in Africa e non avrebbe avuto alcun significato”.
 
E ancora:
 
“Il mare era dinanzi a loro. Un infinito azzurro e tangibile che si poteva raccogliere nel cavo di una mano. Giocava con le zampate molli e multiformi delle ondate, sempre con lo stesso ritmo. Era un gatto il mare. E quando ritornava in sé stesso, la spiaggia umida e levigata sembrava consumata dalle sue continue e busche carezze. Sarebbe stato bello venirsene con una ragazza, e abbandonarsi sulla rena proprio dove si spezza l’onda”.
 
Ricordare Silvano Ambrogi significa tenere ancora viva l’eco delle presenze che abitavano la terra che sentiva sua, il contatto con i suoi amici e soprattutto il paesaggio, vero protagonista del romanzo che è quello che manca di più e a cui Ambrogi era molto legato. E ieri sera, con questo ritratto scherzoso e malinconico di un gruppetto di vitelloni di paese che aspettano mitiche svedesi che non arriveranno mai, si è percepito pienamente l’affetto per Migliarino e per il mare di Bocca di Serchio, tanto che quando a volte quei ragazzi parlavano di cose serie e non solo di donne venivano fuori discorsi come questo:
 
“Si ragionava allora della vita e della morte, di quando c’era la guerra, dei tedeschi nati d’un cane, che gli avevano fatto perdere quattro o cinque anni di mare. Io, per esempio, diceva Riccardo, se venivo al mare quei quattro o cinque anni lì, potevo diventare un nuotatore coi fiocchi. Cosa volete, quando cominciai a nòtare era troppo tardi, non ero più un bimbetto”.
 
Insomma, una serie di ganzate ieri sera al Teatro Olimpia con quei “mangiatori” di allora che lo spettacolo di Attiesse ci ha restituito con quel profumo di umanità, di paese e di mare che ci piacciono, per questo gliene siamo riconoscenti e abbiamo molto applaudito.

Fonte: Fotografie a cura di Michela Sfingi e Giancarlo Cavarretta del Circolo Fotografico Le Dune
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