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Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA  sono la figlia della "Cocca".

Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.

Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché  anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è  ancora comunità.  

Ricordate il tubo di refrigerazione della nuova pista .....
. . . come minimo si risponde due volte altrimenti .....
. . . siamo a M@ sterchief. Sono anni che giri/ ate .....
. . . Velardi arriva buon ultimo.
Il primo fu il .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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di Micol Fiammini, Il Foglio, 17 apr. 2025
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Incontrati per caso...
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per Fiab Pisa
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Cena per la Liberazione 24 aprile
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Assemblea soci Coop.
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Cascina, 27 aprile
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CNA AREA VALDERA
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Qualcuno mi sa dire perche' rincoglionire
viene considerato un inevitabile passaggio
alla fine del faticoso viaggio
vissuto da tutti con coraggio?
Il .....
ad oggi la situazione è peggiorata
ora anche tir, pulman turistici , trattori, camion con cassoni per massi,
etc. . E ad alta velocita,
inquinamento .....
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balla e taglia

18/8/2014 - 18:40


Frullana(1) e Frullana(2) riporta il Dizionario Etimologico  Italiano di Carlo Battisti e Giovanni Alessio.

Entrambe  richiedevano notevole dispendio di energia ma, a ben vedere, doveva apparire molto più gratificante quella  impiegata per il secondo lemma: un ballo cioè, che Giacomo  Casanova aveva definito come "la più violenta tra le danze nazionali" e che la "Menica con il cembalo" avrebbe continuato a praticare nel canto popolare noto in Toscana.

Sudore puramente lavorativo era invece quello associato a Frullana (1) e cioè alla falce fienaia: l’omonimia si spiega con il comune luogo di origine, il Friuli (l’antico Forum Julii), da cui l’aggettivo friulana, che nel dialetto locale appare come furlana, mentre in Toscana assume anche la  forma frullana.

La r è consonante irrequieta che (forse perché tra le ultime ad essere padroneggiata  nell’apprendimento del linguaggio) si sposta con una certa frequenza: frabbo per fabbro, grillanda per ghirlanda, ma non è solo il nome ad indicare movimento e vivacità: la frullana costituisce, rispetto alla piccola falce messoria, un’innovazione, un progresso tecnico. Il lungo manico che la caratterizza consente infatti, molto meglio di quello relativamente corto, l’impiego di tutti e due gli arti toracici e quindi l’applicazione di maggiore forza muscolare. Tale vantaggio pratico non é però sempre andato ad esclusivo giovamento dell’attività agricola: la falce fienaia, assieme ad altri strumenti di lavoro, ha ricoperto anche un ruolo offensivo, bellico. In latino falx significava  tanto falce che alabarda e falci e forconi furono le armi per eccellenza dei movimenti di rivolta popolare, a volte addirittura ufficializzati con l’assoldamento dei contadini vassalli nelle milizie feudali. Anche per questo, nell’iconografia non solo popolare, la falce fienaia é stata tanto spesso associata all’immagine della morte o addirittura del diavolo, come nella Leggenda aurea: "una volta che l’abbate Macario andava a la cella per lo padule gli venne incontro il diavolo con la falcellina (ovvero una falce mietitoria fienale)".

Il passaggio a simbolo di distruzione e di negatività risiede in fondo nella stessa funzione agricola: la falce é uno strumento di violenza perché uccide l’erba recidendola  implacabilmente alla base. Certo, questo carattere  marcato di aggressività si stempera con la considerazione che la morte dell’erba è necessaria e finalizzata a scopi positivi, di produzione e di vita. Va ricordato a questo punto che la falce in generale, non solo quella fienaia, è anche l’immagine più comune della luna e "dal punto di vista del suo significato - nota Luc Benoist - rappresenta la resurrezione dovuta al ritmo mensile delle mutazioni lunari", una morte temporanea indispensabile perché abbia luogo la rinascita. Ma, in tempi molto remoti, il lavoratore agricolo doveva avvertire la sua attività come una vera violenza sulla terra, che in qualche modo bisognava giustificare. Per questo, un po’ dovunque, esisteva un rituale in base al quale i mietitori mascheravano il loro lavoro come se fossero dei cacciatori che, braccando un animale, erano "costretti" a togliere di  mezzo la vegetazione che ostacolava la cattura della preda.  In tal modo la terra-madre non poteva offendersi perché era  stata privata del suo manto vegetale: gli uomini avevano   agito per necessità e, in ogni caso, l’offesa veniva cancellata definitivamente con il sacrificio dell’animale catturato, il cui sangue veniva sparso sull’ultimo covone.

Si trattava in   genere di un caprone che, però, compariva in scena solo in questa fase finale mentre in precedenza, durante la mietitura, era stato un uomo travestito a sostituirlo nel ruolo di preda braccata.

Forse anche il grido di "Viva Maria" che in tempi recenti segnava la segatura dell’ultimo covone era il residuo cristianizzato del vecchio esorcismo con il quale  veniva risolta l’ambiguità  della falce, strumento di vita e di morte.
Mio padre e mio nonno andavano a fieneggiare nei prati di San Rossore e a nulla valeva il detto: “Quando la cicala si sgargana non toccare la frullana”, bisognava tagliare erba fino al sotto di sole con un riposino sotto i meriggi, quei cerchi di alberi, specialmente platani, che costellano o costellavano le prata di Campaldo o le Ragnaie.
Poi arrivò la falciatrice e i miei poterono ritornare  ai loro ragnotti  e al loro  Serchio-padre che si sarebbe offeso se fossero mancati ad offenderlo.

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19/8/2014 - 9:38

AUTORE:
Ultimo.

........... chiube dagli amici ........ questa Estate è rimasto intrappolato fra le montagne ....... poi è riuscito a liberarsi corrompendo i monti regalandogli una cesta di funghi. ......... Ultimo

19/8/2014 - 9:21

AUTORE:
autore?

Generalmente sono io che scrivo gli articoli di questa sezione del giornale e, nel caso che attingessi ad altre fonti, riporto gli autori.
Questa volta, terminando la mia storia della fienagione iniziata di giugno (vedi art. del 22), ho liberamente "copiato" un pezzo tratto dal primo volume di "Cultura contadina in Toscana", di autori vari,
La diversità di questo racconto, molto diverso dal mio e molto intrigante nel far vedere quello che non si vede nel lavoro del taglio del fieno, mi ha spinto a riportare cose lette e non vissute e mi scuso di non averlo rimarcato.
Grazie per l'interessamento.
Le foto sono tratte da cartoline della mia collezione e così pure l'avviso reale.

Umberto Micheletti

18/8/2014 - 23:18

AUTORE:
Lettore

Interessante questo post, vorrei sapere chi è l'autore.
Grazie.