L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia.
IL RITORNO ALLA LIRA ? NO GRAZIE:
SIAMO GIA’ SUFFICIENTEMENTE POVERI
L’Italia fuori dall’euro è un motivo molto caro a Grillo.
Nel suo blog Grillo, l’anno scorso, Grillo scriveva: “Ci vuole per forza, dopo cinque lunghi anni, la svalutazione monetaria, la Banca Centrale emettendo più moneta la svaluta, le esportazioni aumentano e con loro aumentano i posti di lavoro, diminuendo la disoccupazione, i lavoratori con i loro salari potranno riacquistare beni di consumo dal paniere, aumentare il PIL e far tornare a crescere il Paese”.
La tesi di Grillo quindi, e di tutti quelli che come lui auspicano il ritorno alla vecchia lira, è semplice: tornando padroni della nostra moneta possiamo monetizziamo il debito a avviare politiche di svalutazione competitiva per stimolare la domanda dei nostri beni da parte dei mercati esteri.
Una tesi che in questi momenti di crisi può affascinare ma che presenta non pochi problemi. Il primo è di natura tecnica: nella Costituzione Europea non sono infatti indicati meccanismi legali per abbandonare l’euro.
Questo non significa ovviamente che sia impossibile uscire dalla moneta unica: significa però che questa uscita è un’avventura in una terra a dir poco misteriosa la cui traversata può durare diversi anni. Un’avventura che probabilmente ci porterebbe fuori dall’Unione Europea, con l’abbandono quindi di tutti quei trattati che permettono oggi la libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone.
Ma mettiamo anche di volerci imbarcare in questa avventura: sia sicuri che poi la prevista svalutazione della lira sia veramente un vantaggio ? Secondo alcuni studi, la lira si svaluterebbe subito dal 30 al 50% rispetto all’euro.
Questo potrebbe darci sicuramente un guadagno di competitività dei nostri prodotti ma innescherebbe ben presto quella spirale svalutazione/inflazione che già conosciamo e che avrebbe conseguenze difficilmente immaginabili. Inoltre difficilmente gli altri paesi accetterebbero volentieri la nostra concorrenza: penso che non sia molto lontano dalla realtà pensare all’imposizione da parte di questi stati di pesanti tariffe doganali alle nostre merci per compensarne i prezzi più bassi. Ricordiamoci che, ad esempio, l’Italia quanto dipende per il suo fabbisogno energetico dall’estero: vi immaginate l’impatto della svalutazione della nostra moneta sulle bollette? E le conseguenze della svalutazione sulle attività produttive che hanno debiti verso banche straniere o che devono comprare all’estero materie prime (oltre che dipenderne energeticamente) ?
Il ritorno alla lira ridurrebbe il potere di acquisto delle famiglie italiane in maniera drammatica: secondo uno studio dell’Unione Banche Svizzere la perdita media di reddito per cittadino sarebbe stimabile in 9.500-11.500 euro. Dato che il reddito pro-capite degli italiani è circa 23.000 euro (!), l’unica strada sarebbe quella di portare i pochi risparmi che ci restano nel più vicino paese dell’area euro…prima ovviamente che questo metta dazi !
Quanto allo Stato….Tutti i titoli di debito pubblico oggi sono logicamente in euro. Se tornassimo alla lira lo Stato avrebbe due scelte: convertire tutti questi titoli in lire oppure lasciarli in euro. Quest’ultima ipotesi sarebbe un’operazione di masochismo puro: considerando una svalutazione del 50% e facendo una semplificazione, il nostro debito raddoppierebbe ! L’unica ipotesi reale sarebbe la conversione dell’intero debito in lire: cosa che porterebbe a lunghe contrattazioni e contenziosi infiniti con la sicura rivalutazione del debito per compensare la svalutazione.
Convertire i debiti contratti in una valuta forte, l’euro, in una più debole, la lira, significa di fatto non pagarne una parte (sempre considerando una svalutazione del 50% e sempre semplificando per intenderci, accettereste voi di ridurre di fatto della metà il debito che altri hanno con voi ?). M’immagino la fuga degli investitori le difficoltà che avremmo a trovare, per anni e anni, finanziamenti.
Il riappropriarci della sovranità monetaria e la ‘monetizzazione’ del debito pubblico significherebbe forzare la Banca nazionale a comprare titoli pubblici. Potrebbe essere una via, ma ci sono dei ma. L’aumento della moneta circolante finisce infatti, prima o poi, per determinare l’inflazione; inoltre il ruolo di calmiere, diciamo così, della Banca nazionale sul debito pubblico potrebbe suggerire a qualche governo politiche disinvolte con una scarsa attenzione a questo debito….tanto può costringere la Banca a comprare titoli pubblici !
Il vero problema non è l’euro: questa è una visione populistica. L’euro non è un progetto economico: è un progetto politico ! L’euro doveva servire per forzare i paesi europei ad una maggiore integrazione fiscale necessaria a rendere più ‘omogenee’ le economie: un progetto che purtroppo, anche a causa della crisi e delle cattive scelte fatte per affrontarla, è rimasto sospeso. Il problema non è il nome della moneta (euro, lira, sesterzio…) ma la politica economica dell’Europa: dobbiamo lavorare per un cambiamento di cultura che porti al centro della discussione la sostenibilità finanziaria delle politiche fiscali, economiche e del welfare.
Dobbiamo attivare strumenti che aumentino la nostra capacità di concorrere e la nostra competitività sui mercati e che riducano – almeno in certi settori- il ruolo dello Stato, con regole più semplici e semplificando i processi burocratici.