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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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Lei non è "abbastanzina informato" si informi chi .....
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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
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FRA LE PAGLIE

1/2/2016 - 8:33



"Da buoni bambini, fate la piscia e la cacca che sul mare sennò torna male."
Con queste parole le mamme preparavano i figlioli mentre preparavano il tegamino con la pastasciutta e qualche panino col pomodoro o la mortadella o con quella cioccolata metà bianca e metà marrone che si comprava a etti e a taglio e che diverrà la madre di tutte le nutelle.
Nelle borsa, "lo sportino", si doveva mettere anche un fiasco d'acqua perché quella che tempi addietro si prendeva con un secchio di lamiera zincata in un pozzo vicino alla baracca dei pescatori, era sempre più piena di boddicchi e legnetti e ultimamente anche di barattoli, cartacce e trugolai vari.
Solo se era domenica ed al mare veniva anche il babbo, allora all'acqua andava aggiunta anche una bottiglia di vino e d'obbligo anche un altro tegamino con un'altra pietanza.
In un'altra borsa si mettevano costumini di lana di riserva, un paio di asciugamani e chi non aveva la baracca già fatta o amici quel giorno assenti che te la potevano prestare, allora anche un lenzuolo da poter adattare a tenda di fortuna. Lavoro a maglia, secchiello e paletta se c'era un bimbo piccino, canna da pesca in due o tre pezzi di bambù se era più grande, giornalini già letti da scambiarsi, carte da gioco, dovevano trovare posto anch'essi nel borsone e d'altra parte era giusto che fossero due le sporte per bilanciare il manubrio della bicicletta.
Se  eravamo stati buoni e le cose in casa andavano bene, allora dalla Silvana, prima di traversare l'Aurelia, si poteva sperare di avere l'ultimo numero dell'Intrepido Capitan Miki o Il piccolo sceriffo o Il monello, altrimenti andavamo con la speranza che li avesse comprati qualche altro.
Arrivati al mare ognuno metteva la sua roba nella propria baracca, le borse sulla tavola perché non si mangiasse pane e rena a desinare, le camicie e i pantaloni appesi ad un chiodo con sotto gli zoccoli o le scarpe e tutti a corsa a ritrovarsi all'ombra della capanna più vicina all'acqua, il fresco la mattina era dalla parte del mare, a chiacchera, a leggere giornalini ed aspettare l'ora del bagno che immancabilmente non era mai prima delle 11, neanche in pieno agosto quando ai migliarinesi si univano bagnanti forestieri che, inspiegabilmente per noi, non avevano orari per entrare in mare e non commuoveva per niente le mamme quella discriminazione che si creava sui tempi e fra bambini di fuori e nostrani.
Fino all'ora tutti i giochi erano provati e riprovati: a pagliaietto con la terribile penitenza finale del "direfarebaciarelettera o testamento" per lo sbadato o lo sfortunato che faceva cadere lo stollo, il giro degli zoccoli guidati dalla cantilena "allo scambio del giò giocava Cascindò aulì aulé" che uno a turno recitava scambiando velocemente senso di rotazione e facendo battere zoccolate sulle mani di chi non era pronto.
I giovanotti non avevano problemi sulla spiaggia per soddisfare il bisogno più frequente, bastava aspettare l'ora del bagno e si liberava la vescica con un bel sentore di caldo nel costume che si propagava velocemente fino alle cosce ed altrettanto velocemente spariva, mentre i bambini più piccoli, non vergognandosi del pisellino all'aria, eseguivano in ogni luogo, aiutati da mani materne.
Le ragazze che non richiedevano bagnarsi tutte intere, si sedevano a contemplare l'onda marina e rialzandosi poi con quel pezzetto di stoffa bagnata in basso avevano l'alibi dell'acqua che era arrivata fin dove stavano a sedere, ma le altre donne più vergognose o tutti gli altri “più bisognosi” dovevano andare lontano fra le dune.
La mattina era raro che si vedesse gente che si allontanava dalle baracche, i maschi da soli, le femmine a coppie, raramente in tre, ma il pomeriggio era un via vai di donne, uomini, bambini che, i più disinvolti con un foglio in mano, si dirigevano verso le paglie di S. Rossore.
Vicino alle baracche c'era una palizzata quasi completamente distrutta che segnava un possibile confine fra Serchio e mare e che sembrava nata per marcare la spiaggia a sud, solida e stabile e naturale, dalla lingua a nord, la nostra spiaggia, mobile stagionale e per questo non sempre segnata nelle stampe antiche della topografia pisana.
Per un tacito accordo, mai d'altronde verificato il contrario, noi stavamo al di qua di quei pezzetti di palo affioranti dalla sabbia dove si vedevano ancora segni di filo spinato e mai nessuno si era azzardato a costruire la baracca fuori da quel labile confine. Di là c'era S. Rossore, le guardie, i cani, la tenuta, il re(?), il presidente ed un mondo a tutti non gradito e che non gradiva certo noi, ma se alla mente si poteva comandare, al corpo bisognava ubbidire. Per questo, forse, c'era una rivalsa ed anche un po' di spregio
Si cacava in S. Rossore che solo per quei pochi minuti di lavoro dava riparo e protezione.
Qualcuno andava ostentando fogli di giornale o quelli che fino a poco prima avevano riparato due fette di pane col salame, altri fagottini di carta arrotolata infilati nel costume che dava strani segni di cose non al punto giusto, le donne in due, chiacchierando a testa bassa per darsi un contegno e tutto quell'andirivieni controllato e commentato da coloro che stavano oziando al fresco della baracca, questa volta quella più vicina al confine.
"Badalà quel buzzone che se caa quanto mangia si pareggia le dune di merda"
"Vai che al ritorno sei più leggero!"
"Luilì ‘un ce la fa a arrivà e si caa addosso prima"
"Hai visto che popò di topine sono la Sara e la Gabriella? Saddio com’è contenta la rena di vedenni tutto"
"Quel culone della Franca se invece di spinge col culo, tira, ci fa la bua nella rena e se scureggia riparamosi dal ghibli!"
"Vieni bimbino fatti anco pulì da tu ma"


 E fra battute maligne e maliziose di culi e passere all'aria, carezzati da sogni lascivi e da mosche cavalline che si facevano grasse con tutto quel bendidio che pioveva letteralmente dal cielo, tutto si riduceva a grandi risate e così il ritorno risultava sempre imbarazzante per quelli che ne erano usciti da poco e che temevano di aver lasciato qualcosa di personale od essere stati visti nell'atto più naturale, più democratico, più comune ma che andava però tenuto nascosto e segreto come se cacare fosse proibito!

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7/2/2016 - 10:03

AUTORE:
Bruno della Baldinacca

Disse la Placida a Giulia che aveva tre mesi di vita: ha girato più leilì che io che son vecchia.
Si tornava dal mare di Tellaro.
Tellaro/Fiascherino era "il posto" dove Giovanni del Cinacchi e Loriana Baglini fecero il loro breve giro di nozze con il treno fino Sarzana e con il pulman di linea fino a Tellaro deve termina la via lungomare.
La Placida invece vide per la prima volta il mare in Bocca di Serchio a 26 anni quando sposò mi pà e credo che il viaggio di nozze lo fecero fino in Bocca di Serchio con la cavalla e la sportina del mangiare.
Io al mare ci andai l'anno dopo del racconto della Silvana (la mamma di Schiebo del Baglini).
Ero a cavà la fossa lungo il Viale Isabella nel /58 e Schiebo mi fece luci-luci, bene-bene io al mare ci sono stato e te no-o.
Dissero che c'erano tanti "cavalloni" (?) poi nel/59 lo vidi anch'io cosa erano i cavalloni e..accidenti a loro, per una volta che andavo al mare dopo aver governato vacche e vitelli, poi feci il bagno in Serchio per via del mare troppo mosso ed il mì zio Primetto mi disse: se vienivi con me all'Isala dal Mori il Serchio c'era anco li per fa rbagno.

Poi nel /62 ebbi tre giornate in autonomia dopo la trebbia.
Le passai al sole del mare finalmente e mi presi un bell'eritema nelle parti scoperte perchè lo stesso sole uguale preciso c'era anche alla Baldinacca ma stavo in calzoni e canottiera.

Ora che sono in ferie a vita mi dicono: ma...lei quando c'è al mare a ffa arselle...così tanto per sapello. Da febbraio a febbraio!
Tre chilometri e mezzo di spiaggia libera, poi quando si può passare a piedi c'è tutta Bocca di Serchio di là 'nfino al Gombo e...

...e se ero pensionato con casa sul mare a Forte dei Marmi?
Si per una settimana potevo prendere un gazebo o un ombrellone in affitto nei bagni, poi potevo si passeggiare liberamente sul ciglio del mare, ma senza mettermi seduto perchè a Viareggio mi è successo di sedermi io e Sandra per aspettare l'amico Mario Citi di Santa Maria a Monte che aveva in affitto l'ombrellone al bagno Sara e mentre aspettavo, venne il bagnino a dirci di alzarci. Quindi aspettai l'amico Mario in piedi.
Ora Mario vien da noi e dalla Bufalina a Gombo è tutto nostro, io pago tre contesimi di euro al giorno di parcheggio e lui niente perchè lo 'mbarco io e l'mbrellone mi costa per 5 anni (poi lo cambio per vecchiaia) quanto il suo a Viareggio per mezza giornata.

Buon per chi rimpiange i tempi andati e per loro andati bene a scapito di chi in estate non aveva nemmen tempo di soffiassi il naso.
buona via.

3/2/2016 - 17:48

AUTORE:
Pescatore

Che dire se non be mi tempi!

3/2/2016 - 16:41

AUTORE:
P.G_

Bellezza e atmosfere che molti partono per cercarli in luoghi lontani. Noi li avevamo a due passi da casa. Siamo stati fortunati.
Poi li abbiamo distrutti con l'arrivo del turismo di massa, quello che vuole arrivare con l'automobile vicino alla spiaggia senza fare troppi sacrifici, incoraggiato in questo dalla creazione di parcheggi sempre più grandi e sempre più interni.
Immaginavo e desideravo uno sviluppo diverso del Parco, della Marina e di Bocca di Serchio (spesso l'ho anche scritto), nella speranza di mantenere un po' di quella atmosfera, ma il mondo gira forse più veloce di me.

2/2/2016 - 19:19

AUTORE:
Anziano boccadiserchista

Si andava in bicicletta con le sportine, si faceva a piedi il muraglione, si traversava con Pattana.
Eravamo più poveri ma più belli. Non belli di aspetto (anche, magari) ma ci si accontentava con facilità e sapevamo di essere fortunati. Avevamo un mare, una spiaggia, avevamo la natura. Sì anche la gioventù contava ma nessuno pretendeva di arrivare con la macchina o la moto fino sul mare, di avere in Bocca le comodità che avevamo in casa, nessuno pretendeva, chiedeva, voleva, contestava, si arrabbiava.
Quello che c'era in Bocca ci bastava e ci rendeva felici. Ora siamo diventati un popolo di arrabbiati, polemici, pretendiamo, vogliamo altrimenti... Il parcheggio per la macchina vicino alla spiaggia, il bungalov per il sole, la doccia per il sale, il bar per il caffè e la televisione se c'è la partita.
Forse siamo più ricchi, più forniti di beni, motori, cellulari, pranziamo al ristorante, vestiamo firmati, contestiamo i politici perchè non possiamo avere di più ma....