L'analisi del nuovo articolo di Franco Gabbani si sposta questa volta nel mondo di un associazionismo antesignano, le confraternite, necessarie per togliere dall'isolamento e dal mutismo le popolazioni delle campagne, anche se basate esclusivamente sui pricipi della religione.
E d'altra parte, le confraternite, sia pur "laiche", erano sottoposte alla guida del parroco.Sono state comunque i primi strumenti non solo di carità per i più bisognosi, ma soprattutto le prime esperienze di protezione sociale verso contadini ed operai.
Le foibe sono particolari pozzi naturali tipici della aree carsiche. In questi pozzi, o inghiottitoi, l’acqua che scorre in superficie sprofonda nel sottosuolo.
Recuperare qualcosa che cade in una foiba è difficilissimo: la natura rocciosa del terreno in cui si apre rende quantomeno problematico lo scavo.
"Proprio per questo le foibe, assieme ad altre cavità naturali, vennero utilizzate durante la Seconda guerra mondiale e nell’immediato dopoguerra per liberarsi dei corpi dei caduti degli scontri tra nazifascisti e partigiani e soprattutto per occultare le vittime della violenza del movimento di liberazione sloveno e croato – spiega il sindaco Sergio Di Maio - Dopo l’8 settembre, con il crollo delle strutture dello Stato italiano, la zona di Trieste, Gorizia, Pola e Fiume fu caratterizzata da un movimento partigiano i cui tratti caratteristici furono un giustizialismo sommario e tumultuoso, un nazionalismo morboso, un forte senso di rivalsa sociale e un chiaro disegno di sradicamento della presenza italiana”.
L’avversione verso tutto ciò che era italiano nasceva dal programma di distruzione integrale dell’identità nazionale slovena e croata realizzata dal governo fascista e che portò alla semplificazione, nelle masse popolari, dell’equivalenza tra fascismo e Italia.
Come scritto nella relazione della Commissione storico-culturale italo slovena sui rapporti tra i due paesi tra il 1880 e il 1956, la violenza slovena e croata si verificò “in un clima di resa dei conti per la violenza fascista e di guerra e appare in larga misura frutto di un progetto politico preordinato”.
Progetto che prevedeva l’annessione della Venezia Giulia al nascente stato jugoslavo.
“È importante ricordare che sebbene oggi il termine ‘foibe’ si sia consolidato come sinonimo dei massacri perpetrati al tempo, soltanto una parte delle vittime finì i suoi giorni nelle cavità carsiche: molte morirono nelle carceri e nei campi di concentramento jugoslavi – continua il sindaco Di Maio - Una quantificazione precisa delle vittime peraltro non è possibile: approssimativamente si può parlare di circa 10.000 persone”.
In loro memoria, la Repubblica Italiana ha istituito il 10 febbraio una solennità civile “al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
“Il Giorno del ricordo – conclude il sindaco Di Maio - deve essere l’occasione per una riflessione su quei tragici eventi, sulle loro cause e le loro conseguenze: come ho già avuto modo di dire, sono convinto che la memoria debba essere la base per la costruzione di nuovi percorsi di riconciliazione dei popoli e per la costruzione di un’Europa sempre più integrata e rappresentativa delle sue molteplici tradizioni”.
La biblioteca comunale “Uliano Martini” ha predisposto uno scaffale dedicato all'argomento: un percorso di lettura tra narrativa e saggistica per chi fosse interessato ad approfondire la conoscenza del quel delicato periodo storico.