È possibile dipingere il silenzio?Questa è la domanda che si poneva la nuova mostra di Gavia al Real Collegio di Lucca, cercando una risposta nelle immagini dipinte.
E la mostra ha rappresentato quello che l'artista stessa ama, uno spazio di incontro e di condivisione di un senso comune all’interno di una situazione pittorica, materiale e artistica ma anche in particolare il luogo dove possa emergere una realtà di emozioni che attingano dentro ogni nostra sensibilità intima e “silenziosa”.
Rigopiano: c’è silenzio, ma non si fermano i soccorsi. Cinque morti, 11 sopravvissuti e 23 dispersi
“Procediamo a zone, non andiamo avanti a caso – spiegano gli uomini del soccorso alpino – Ma non sempre è semplice capire dove erano le cose e le persone”
Lo continuano a ripetere tutti, come un mantra: “c’è ancora speranza”. Ma la verità è che dopo il miracolo dell’altro ieri sull’albergo sommerso di neve è sceso di nuovo il silenzio.
Gli ultimi quattro sopravvissuti, Francesca Bronzi, Giorgia Galassi, Vincenzo Forti e Giampaolo Matrone, sono stati estratti a notte fonda: ora sono 11 in totale gli scampati alla valanga. Poi l’hotel Rigopiano ha restituito solo morti: all’alba i vigili del fuoco hanno tirato fuori il corpo di una donna e un paio d’ore dopo ne hanno recuperata un’altra.
Una è Nadia Acconciamessa, la madre del piccolo Edoardo. L’altra, identificata in serata, è Barbara Nobilio, 51 anni, di Loreto Apritino (Pescara), in vacanza con il marito, tuttora disperso. Erano anche loro al piano terra, in alcune stanze a meno di una decina di metri da dove sono stati salvati Edoardo, Ludovica e Samuel. Il tempo di caricare i loro corpi sull’elicottero e dall’ammasso di macerie e neve è uscito il corpo di un uomo: Sebastiano Di Carlo, 49 anni, il papà di Edoardo, orfano dunque di entrambi i genitori. Ora sono cinque le vittime accertate, ma tutti sanno che è un numero parecchio a ribasso, considerando che mancano all’appello ancora 23 persone, quelle che il burocratese chiama “dispersi segnalati”, vale a dire coloro che erano nella lista ufficiale degli ospiti, i dipendenti e persone che non soggiornavano in hotel ma la cui presenza è stata segnalata da amici o parenti.
“Continuiamo a lavorare con grande determinazione, grande forza, grande professionalità e con ogni mezzo per trovare le persone che sono lì sotto”, ha detto anche oggi il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, sottolineando che tutti i soccorritori “continuano a coltivare la speranza, così come abbiamo fatto quando c’era chi pensava che non ci fosse nessuna speranza. Ieri, pur in assenza di segnali, sono state trovate persone. E il fatto che non ci siano rumori non significa alcunché, perché le squadre di soccorso hanno raccontato di aver rotto delle murature che impedivano l’accesso.
La cosa fondamentale è continuare a scavare”.
In realtà qualche rumore i Vigili del Fuoco e gli uomini del Soccorso Alpino e della Guardia di Finanza lo hanno sentito. “Abbiamo altri segnali da sotto la neve e le macerie – ha spiegato il funzionario dei pompieri Alberto Maiolo – e stiamo verificando. Potrebbero essere persone vive ma, anche, le strutture dell’albergo che si muovono sotto il peso della neve”. E purtroppo, dicono molti di quelli che scendono dalla montagna, l’ipotesi più probabile è proprio questa. Senza contare che in tutta la zona in cui una volta c’era il Rigopiano bisogna “muoversi con molta cautela, perché lo stato dei luoghi è pericoloso anche per noi”.
Tradotto significa che i soccorritori, lassù a 1.200 metri d’altezza, stanno lavorando in condizioni estreme: da ieri la neve si alterna alla pioggia, rendendo ancora più pesante quell’enorme blob di neve, detriti e alberi sradicati che ha sommerso l’hotel. Il rischio valanghe è salito a 4 su una scala di cinque, rischio forte, e non è affatto escluso che l’intera slavina possa rimettersi in movimento.
Per questo, chiunque arrivi lassù per lavorare deve indossare l’Arva – lo strumento che consente di essere localizzati sotto le valanghe – e deve registrarsi prima di entrare nell’area di ricerca. In caso di problemi, almeno si sa chi è dentro e chi è fuori. “Procediamo a zone, non andiamo avanti a caso – spiegano gli uomini del soccorso alpino – Ma non sempre è semplice capire dove erano le cose e le persone, perché c’è stata una rotazione dell’intera struttura”.
Non è facile, già. Ma nessuno molla, perché fin quando non si avrà la certezza assoluta che non ci sia più niente da fare, ognuno di quelli che imbocca la strada che porta all’hotel spera più di ogni altra cosa di sentirle ancora, quelle voci.