L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia.
Sono ore molto delicate per il Pd. Il rischio di una divisione è concreto.
Per evitarla non servono gli appelli sentimentali, che pure sono importanti perché raccontano quanto questa prospettiva sia vissuta con sconcerto dalla nostra gente. Per evitare disastri serve la politica. E un pizzico di sincerità in più.
Oggi (sabato18 ndr) Roberto Speranza, Enrico Rossi e Michele Emiliano hanno organizzato un’importante iniziativa a Roma, in cui hanno espresso il loro punto di vista e lanciato un ultimatum in vista dell’assemblea di domani. Credo sia giusto che il Presidente del partito dica qualcosa su questo. Innanzitutto vorrei condividere una riflessione preliminare.
Se i protagonisti di quella iniziativa - a cui hanno partecipato in molti, da D'Alema a Bersani - sono stati Emiliano, Speranza e Rossi è perché si sono candidati tutti e tre alla segreteria del Pd. Emiliano di recente, gli altri due da mesi.
Lo hanno fatto quando il congresso non solo non era previsto, ma non era nemmeno vicino. Lo hanno fatto perché hanno ritenuto inadeguata la leadership di Matteo Renzi. E hanno chiesto mille volte che fosse ridiscussa prima del tempo. Speranza addirittura chiese (e ottenne) in una direzione del Pd prima del referendum un impegno formale ad anticipare il congresso immediatamente dopo la consultazione.
In questi giorni, e anche oggi, i vari leader della minoranza hanno ribadito che dal loro punto di vista il principale problema del Pd è in chi lo guida. Ne hanno di fatto chiesto il ritiro dalla politica.
Si deve dimettere e non si deve ricandidare a segretario. Contestualmente hanno, però, chiesto di non fare il congresso.
O almeno di non farlo ora: abbiamo una guida inadeguata e pericolosa, ma lasciamola ancora lì.
Questa è la tesi piuttosto singolare che viene sostenuta.
Ma lasciamo stare le valutazioni sulla coerenza di questa posizione, perché non è il tempo delle polemiche. Ragioniamo invece su cos'è il Pd: un partito di iscritti ed elettori, come recita lo statuto. Un partito in cui le scelte decisive si fanno attraverso la partecipazione di milioni di persone. Se davvero Renzi è il vero problema di questo partito, non possiamo deciderlo io, Bersani e D'Alema.
Spetta alla nostra comunità valutarlo. È per questo che serve un congresso. È proprio la rilevanza politica delle critiche della minoranza a renderlo indispensabile.
Proprio perché questo non è il partito di Renzi, come non lo era di Bersani. Quando si avanzano critiche così dure e radicali per mesi, quando si pone il tema della leadership, candidandosi a sostituirla e chiedendo di discuterne prima della scadenza, non si può poi considerare un atto di arroganza la convocazione del congresso. Che diventa indispensabile non per Renzi, ma per il Pd. Come potremmo andare avanti in questa condizione di perenne divisione interna? Come affronteremmo le amministrative con una guida quotidianamente messa in discussione dall'interno? Farlo sarebbe solo un favore alla destra e a Grillo.
Nè si può utilizzare l'argomento del sostegno al governo. Che c'entra il congresso con il governo? Nulla. Il governo Gentiloni è il nostro governo. Lo sosteniamo ogni giorno in Parlamento e continueremo a farlo fino a quando il Presidente della Repubblica considererà conclusa la legislatura.
Vedo che addirittura si minaccia la scissione nel nome del governo. Ed è una tesi piuttosto incomprensibile: si uscirebbe dal Pd -che vota la fiducia al governo - per fondare un nuovo partito con forze che sono all'opposizione, e che contrastano duramente Gentiloni ogni giorno. È vero semmai l'esatto contrario: la scissione finirebbe per restringere il consenso parlamentare al governo e, quindi, lo metterebbe a rischio. Una discussione congressuale seria e ordinata che preservasse l'unità del Pd, invece, stabilizzerebbe il quadro politico e di conseguenza anche il governo.
L'ultimo argomento in nome del quale si agita lo spettro della scissione è quello della necessità di una discussione programmatica preliminare. È un argomento serio. Molti hanno già avanzato delle proposte su come trasformare le due giornate della convenzione nazionale (tra voto nei circoli e primarie) in un luogo di confronto programmatico.
... la minoranza ha risposto che non basta.
Siccome voglio prendere sul serio questa esigenza, credo che una soluzione possa essere di dedicare la prima parte del congresso - da quando viene indetto a quando si presentano le candidature - a una profonda discussione programmatica da svolgere in ogni federazione. Il tempo c'è, la volontà politica anche, mi impegno personalmente a garantirlo.
Se lo vogliamo, possiamo andare avanti insieme. Basta sgombrare dal campo le richieste fatte solo per farsi dire di no.
Sicuramente qualcuno ha già deciso da mesi di uscire dal Pd e sta facendo il vecchio e stucchevole gioco del cerino, al quale non intendo prestarmi, e penso che non sia rispettoso per la nostra gente. Ma sono sicuro che quella è una posizione minoritaria nella minoranza.
Ai molti che, invece, vogliono evitare una lacerazione affido queste righe e questa proposta.