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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
Tratto dal libro di Renzi
“Ci fu una trattativa parallela D’Alema-Berlusconi per il Quirinale”

12/7/2017 - 13:12

“Ci fu una trattativa parallela D’Alema-Berlusconi per il Quirinale”

I giorni cruciali delle elezioni di Sergio Mattarella al Quirinale

Mattarella è alla sua prima crisi di governo, dopo due anni di mandato. La sua elezione ha costituito un punto di svolta importante nella vita della legislatura: il parlamento nel 2013 si era dimostrato incapace di trovare una soluzione alla scadenza del settennato e tale inconcludenza della politica aveva costretto Giorgio Napolitano ad accettare un secondo mandato, caso inedito nella storia repubblicana. La gestione parlamentare dell’elezione di Mattarella invece ha mostrato una novità rispetto all’epoca dei franchi tiratori, e il largo consenso da lui raccolto – in aula e nel paese – ha oggettivamente rafforzato la credibilità delle istituzioni. Scegliere Sergio Mattarella per il Quirinale ha provocato però una rottura con Berlusconi e i suoi.

Tutto il pacchetto delle riforme era nato da un accordo istituzionale con Forza Italia, che si era impegnata a superare il Senato, impostare una legge elettorale sul modello di quella dei sindaci, ridurre il potere delle Regioni: in un incontro nella sede del Pd, in largo del Nazareno, avevamo concordato questo percorso, poi ribadito in quattro incontri successivi a Palazzo Chigi. Incontri piacevoli, mai polemici, sempre molto chiari e alla luce del sole: abbiamo idee diverse sulla politica, ma si lavora insieme per il cambio delle regole. Scrivere le regole insieme per me è un dovere civile e morale. Non è un caso se la riforma della legge elettorale denominata Italicum e la riforma costituzionale poi bocciata al referendum hanno visto il pieno apporto di Forza Italia alla redazione del testo e nelle prime votazioni parlamentari. Noi abbiamo sempre cercato di scrivere le regole insieme agli altri.

Ci siamo sottoposti a snervanti riunioni pubbliche con i grillini – che con noi facevano lo spettacolino in streaming e poi andavano a decidere a porte chiuse nella sede della Casaleggio & Associati Srl – per coinvolgere anche loro.
Siamo rimasti fedeli a questo metodo anche quando – fallito il referendum – il Presidente della Repubblica ha chiesto a tutte le forze politiche uno sforzo di dialogo e di confronto. Scrivere le regole insieme agli altri impone flessibilità e capacità di ascolto. Non puoi fare come ti pare, mai. E questa regola, che abbiamo sempre seguito, continuiamo a ritenerla più vera e necessaria che mai. Non siamo stati noi a tirarci indietro dalle riforme che avevamo scritto insieme all’altra parte politica. E, allo stesso modo, in questo scorcio finale di legislatura, non faremo leggi elettorali a maggioranza contro Berlusconi o contro Grillo.
Dopo la sconfitta del 4 dicembre, alcuni opinionisti mi hanno rinfacciato la rottura del Patto del Nazareno, commentando che, se solo fosse rimasto integro l’accordo istituzionale, il referendum avrebbe avuto un’altra storia.

Ci rimugino mentre salgo per l’ultima volta al Colle. La verità mi appare allora molto più forte di ogni considerazione ex post: chi ha partecipato a quei tavoli sa perfettamente che è stata Forza Italia a rompere con noi.
Quando, a fine gennaio del 2015, si tratta di votare per il Quirinale, Berlusconi mi chiede un incontro, che resterà, ma io non posso ancora immaginarlo, l’ultimo per anni. Perché quando si siede – accompagnato da Gianni Letta e Denis Verdini – mi comunica di aver già concordato il nome del nuovo presidente con la minoranza del Pd.

Mi spiega infatti di aver ricevuto una telefonata da Massimo D’Alema, di aver parlato a lungo con lui e che io adesso non devo preoccuparmi di niente, perché “la minoranza del Pd sta con noi, te lo garantisco”. Te lo garantisco? Lo stupore colora – o meglio sbianca – il volto di tutti i presenti. Berlusconi ha sempre un modo simpatico di raccontare la realtà.

La sua ricostruzione della telefonata con D’Alema è divertente, ma lascia tutti i partecipanti al tavolo senza parole. Non solo non avevamo mai inserito l’elezione del capo dello stato nel Patto del Nazareno, ma l’idea che Berlusconi abbia già fatto una trattativa parallela con la minoranza del mio partito sorprende anche i suoi. In quel momento – sono più o meno le due di pomeriggio del 20 gennaio –, nel salotto del terzo piano di Palazzo Chigi, capisco che il Patto del Nazareno non esiste più: il reciproco affidamento si è rotto.
Non è un problema di nomi: la personalità su cui Berlusconi e D’Alema si sono accordati telefonicamente è di indubbio valore e qualità. Ma è anche difficile da far accettare ai gruppi parlamentari – sempre pronti a esercitare l’arte del franco tiratore – e all’opinione pubblica. E poi c’è un fatto di metodo, prima ancora che di merito. Io ho scelto un percorso trasparente e partecipato, con tanto di streaming, dentro il Pd e davanti al paese per evitare di tornare allo stallo del 2013. Sono impegnato in un iter parlamentare difficilissimo per condurre una maggioranza su un nome condiviso. E in una sala ovattata al terzo piano di Palazzo Chigi devo scoprire che si è già chiuso un accordo tra Berlusconi e D’Alema, prendere o lasciare?

E, come se non bastasse, da questo prendere o lasciare dipende la scelta se continuare o meno con il percorso di riforme, che pure erano state scritte insieme.Non ho mai capito perché Berlusconi nutrisse dubbi su Mattarella. Le sue qualità parlavano per lui: professore di diritto; giudice costituzionale serio e rispettato; ministro per i Rapporti con il parlamento, della Pubblica istruzione, della Difesa; uomo di rigore e legalità nella Dc siciliana e nazionale; parlamentare di comprovata esperienza. Forse la ruggine per le dimissioni di Mattarella dal governo Andreotti venticinque anni prima contro la legge voluta da Craxi sulle tv, la famosa legge Mammì, ostacolava ancora il Cavaliere.

Fatto sta che, quando mi trovo a dover scegliere tra l’asse Berlusconi-D’Alema (non ricordo un solo accordo Berlusconi-D’Alema che alla fine sia stato utile per il paese) e la soluzione più logica per il parlamento e per l’Italia, non ho dubbi, con buona pace di tutti i retroscenisti. Del resto, come canterà Vasco Rossi qualche mese dopo: “Essere liberi costa soltanto qualche rimpianto”. Da quel momento Berlusconi mi dichiara guerra, vanificando l’approccio condiviso alle riforme che fino ad allora era stato strettissimo.

Già, perché le riforme istituzionali le abbiamo votate insieme, specie nelle prime letture, e molti dei campioni della campagna per il No al referendum in realtà avevano votato Sì in parlamento. Questo dovrebbe far riflettere a lungo sulla natura politica del voto referendario.
Il mio rapporto con il Cavaliere è peculiare. Sono tra i pochi della sinistra che non ha mai voluto fargli la guerra sulle sue vicende giudiziarie. Ho sempre spronato i miei compagni di partito a portare avanti una proposta per l’Italia, non contro Berlusconi. Quando era premier ho fatto di tutto, nella mia veste di sindaco, per lavorarci insieme a livello istituzionale. Dopo lo strappo sull’elezione del presidente della Repubblica, i nostri rapporti si interrompono.

Quando però, nel giugno del 2016, Berlusconi si sente male e viene ricoverato, lo chiamo per sincerarmi delle sue condizioni di salute. E, come sempre, il Cavaliere è simpatico e gentilissimo: “Caro Matteo, grazie per avermi chiamato, non dovevi disturbarti, sto bene”. Sono i giorni successivi al primo turno delle amministrative di Roma. Intervenendo a Ostia alla chiusura della campagna elettorale per Marchini, sfidante di Virginia Raggi e Roberto Giachetti, Berlusconi non aveva esitato a chiedere un voto per evitare di sfociare nella pericolosa “dittatura” del sottoscritto, parlando di “regime”, di “democrazia sospesa”, del “signor Renzi che occupa militarmente ovunque qualsiasi cosa”, di “bulimia smisurata di potere”. Un intervento pacato e sobrio, insomma. Durante la telefonata io ovviamente evito di parlare della mia “deriva autoritaria” e rimango sul piano strettamente personale, augurandogli pronta guarigione.

 

Il finale di Berlusconi è un vero colpo da maestro, Ko tecnico alla prima ripresa: “E poi, caro Matteo, sappi che mi dispiace molto per quanto ti stanno attaccando, ce l’hanno tutti con te”. Ma come? Lo stesso che pubblicamente mi dà dell’aspirante dittatore a distanza di due giorni mi porta la sua solidarietà per gli attacchi? Mentre pigio il tasto rosso che mette fine alla telefonata, scoppio in una risata: è inutile, anche se mi sforzassi, Berlusconi non mi starà mai antipatico.

Sul Quirinale però non potevo consentire né a lui né a D’Alema di sostituirsi al parlamento e decidere per tutti. La simpatia è una cosa, la politica è un’altra.*
*Tratto dal nuovo libro di Matteo Renzi in libreria da domani 12/7/17

Fonte: *Tratto dal nuovo libro di Matteo Renzi in libreria da domani
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13/7/2017 - 14:10

AUTORE:
Mister No

Forse Non sapremo mai se quello che Renzi ha scritto nel libro è la purissima verità , ma visto lo svolgimento degli eventi direi che è almeno molto verosimile

13/7/2017 - 6:29

AUTORE:
Pino Vincenzo

Forse ora si capirà meglio la vicenda politica degli ultimi anni. Renzi è stato considerato un corpo estraneo nel Pd nonostante abbia vinto primarie e congressi dal 2013. Nelle grandi occasioni e nelle scadenze istituzionali era D'Alema a manovrare e a tessere fili al di là dei canali ufficiali e della rappresentatività democratica. E la sua strategia, dalla bicamerale del secolo scorso, è stata quella di costruire un rapporto privilegiato con Berlusconi, riconosciuto come unico interlocutore della vicenda politica italiana . Certo coi suoi metodi per cui non ha disdegnato di tramare contro di lui coi leghisti quando gli sembrava che non fosse condizionabile, ma li metodo ed il fine sono stati questi.
Si capisce alla luce di tutto questo la contrapposizione sostanziale per Prodi per la sua refrattarietà ad una democrazia dell'alternanza (che si è espressa compiutamente nella congiura antibersaniana dei 101 contro la proposta di eleggerlo Presidente della Repubblica). Quando è prevalso un nuovo modo di far politica alla Renzi, basata sul superamento del tatticismo e sul non detto, D'Alema ne ha sofferto ma ha sempre reagito richiamandosi persino ai fasti della prima repubblica e cercando di riorganizzarne la squadra. Chi non ricorda i Fini, Cirino Pomicino, De Mita, interlocutori privilegiati nella battaglia per il No? Questa è stata una certa storia della sinistra pervasa da doppiezza che non era quella nobile togliattiana che doveva fare i conti con l'influsso sovietico ed insieme propugnare la democrazia progressiva, no questa è stata una storia della sinistra perdente oppositoria, angosciata dalla prospettiva di governare, di assumersi responsabilità sostanziali di fronte al paese. Chissà se finalmente i Giannini e tutti i paladini dell'antiberlusconismo hanno capito di aver puntato sul cavallo sbagliato. Noi che conosciamo la storia, l'abbiamo vissuta e l'abbiamo rielaborata di fronte alla crisi prima del comunismo ed ora della sinistra, abbiamo individuato nell'azione riformatrice di Renzi la via per uscire dall'arretratezza italiana. Alcuni altri rimangono al palo, ancorati alla possibilità di manovrare, di ottenere dall'opposizione quello che non sono capaci di realizzare stando al governo per questo hanno bisogno di Berlusconi. La foglia di fico dietro cui si è coperta negli ultimi 20 anni (e fino a Renzi) l'incapacità di governo della sinistra. Per questo Prodi è stato lontano dai Santi Apostoli e non ha offerto alibi ad una nuova formazione politica a dominanza dalemiana.

12/7/2017 - 20:37

AUTORE:
Lettore della VdS, Informato qb.

Vedo che alcuni sono attaccati a questo giornale online in maniera morbosa e contano addirittura quante volte appare un editorialista, un blogger tanto cosi che per mancanza di cani alla VdS alle volte fanno abbaiare anche le volpi e tutto fa brodo e come vediamo il "giochino" funziona e..poi alcuni si stancano dopo anni di attaccamento allo spioncino d'ingresso, ma due o tre imperterriti vedo che fan comodo
ancora per superare le 10.000 visite giornaliere ed è bene che abbocchino all'imbeciata; e poi vorrei vedere i giornali online: PD Nodica, La Sinistra di Vecchiano quante visite contano in fondo alla giornata o se han fatto la fine del giornale online concorrente della VdS al tempo della disfida Ikea, sostenuta dal "compagno" Bonciolini nei campi di Edilio e Beppe del Franceschi.
Si chiamava "Sviluppo & Futuro" il giornale online di Tradizione&Futuro che...anni dopo per curiosità cliccai su web Sviluppo & Futuro ed uscì fuori: Sviluppo e futuro della pianta del carciofo (senza scherzi fu così).

Non è detto che "l'accusato" D'Alema non legga un giornale fatto soprattutto dai migliarinesi.
Per la cronaca; Fabio Mussi e Massimo D'Alema conoscevano bene Migliarino al tempo delle nostre rassegne cinematografiche d'essai fatte in collaborazione con l'ARCI di Pisa, Ferruccio di Prato, Guccinelli Fausto ed altri portatori d'acqua che facevano le recensioni ed organizzavano conferenze con l'ex Ministro dell'Università e l'ex Primo Ministro della Repubblica Italiana, li alla Casa del Popolo di Migliarino.

Attendiamo e non mettiamo limiti alla provvidenza disse Giancarlo Pajetta in suo comizio in piazza San Paolo all'Orto in Pisa.
Può darsi che a breve arrivi la smentita del cacciatore di teste del PCI-PDS-DS-PD alla VdS e così in Valdiserchio non sapremo mai chi ha fatto cadere Occhetto, Prodi, Veltroni e Enrico Letta e questa volta anche Speranza e Cuperlo eran della partita per togliere Letta e mettere il loro segretario alla guida del governo. e...chi voleva mettere il dott Sottile in corsa per poi fargli facile trinchetta? sempre Lui, per voler essere Lui "appicciato" dietro le scrivanie degli uffici e scuole statali; Fanfani docet, non ce la fe' mai a salire sul colle più alto di Roma e ben gli sta agli Arcangeli Gabriele/Luciferi.

12/7/2017 - 18:23

AUTORE:
Leonardo bertelli Migliarino

Poveretto , ma non il prof. Corbino , lui non sa nemmeno che esiste la Voce del Serchio , poveretto è chi ha pubblicato , senza sentire , magari , anche la versione D ' Alema . Perché ci sarà anche una versione D ' Alema , qui per ora ha parlato Renzi ,ha parlato Berlusconi , ha espresso il suo " pacato " giudizio Corbino , attraverso il suo alter ego , ma ancora non ha parlato l ' accusato principale .
E , a proposito di conflitto di interessi , in 3 anni di governo QUALCUNO poteva farla una legge , invece di dire " se perdo il referendum mi ritiro dalla politica " , infatti è ancora lì..
E già che ci siamo grazie al governo Gentiloni ( chi ? ) che ha tolto l ' emendamento grazie al quale i dirigenti delle banche salvate non avrebbero più potuto lavorare per le stesse . Come si chiama quel tipo che lavorava in Banca Etruria ?
Quando si dice fare politica seria , vero prof. Corbino...

12/7/2017 - 13:18

AUTORE:
Mario Corbino‎

L’incredibile infamia di una orrenda classe politica.

C’è una dichiarazione di ieri di Massimo D’Alema che meriterebbe l’ergastolo. Eccola riportata in versione mafiosa, assolutamente originale: ."La mia esistenza è, e sarà sempre per Renzi un problema. Finchè mi sarà dato di esistere non potrà stare tranquillo." firmato Massimo D'Alema.

E’ questo uno dei rari casi in cui le parole vengono usate come arma impropria, per offendere non solo il fisico di una persona, ma l’anima. Sono felice che quello spregevole individuo le abbia pronunciate e sottoscritte. Perchè finalmente, con una pubblica dichiarazione, conferma che l'opposizione a Renzi è conseguenza di un astio personale, e non di una valutazione delle sue iniziative di governo e di Segretario del PD. E perché nel farlo ha dipinto il quadro con l’accuratezza di un pittore impressionista, quando perfino le più piccole ombre acquistano un grande significato. Si parlava del libro di Matteo Renzi, che oggi sarà protagonista di un lancio spettacolare. Lo troveremo dovunque, dal postino che lo sta consegnando a quanti lo avevano acquistato per tempo, alle librerie delle stazioni ferroviarie, praticate da quelli che arrivano troppo presto all’appuntamento con il proprio treno. Non posso parlarne, per il semplice motivo che non l’ho ancora letto. E non lo aspetto con affannosa curiosità, perché sono certo che si tratta di un lavoro serio, compiuto da un leader che ci mette molto di suo in ogni cosa. A differenza dei libri firmati da quel losco individuo di cui sopra, ma scritti da altri, a cominciare da Cuperlo. Quel politico d’accatto, che con una esplicita dichiarazione di guerra, ha infiammato gli animi, dando prova della sua smisurata infamia, dimenticando che la politica è cosa bella e coinvolgente, se praticata con onestà di intenti. Di quelle sette parole ne porterò memoria per quanto esisto, anche se sembrerebbero uscite dalla bocca di Riina o di Provenzano, pronunciate come estrema espressione dell’odio. Ma in fondo fra i grandi capimafia, del passato e del presente, e i comportamenti di Massimo D’Alema, non vedo grandi differenze. Perciò, su fossi un supremo magistrato, dotato di poteri soprannaturali, condannerei quel miserabile politico all’ergastolo.
Oggi i giornali, grazie alla anticipazioni del libro, svelano l’arcano del fallimento del “Patto del Nazareno”. In tanti sapevamo già che il motivo era quello: la scelta del Capo dello Stato. I due uomini politici, che insieme si organizzavano, erano invece quelli, che di accordi, molti dei quali non ancora conosciuti, ne avevano già fatti. Soprattutto quando si trattava di interessi aziendali o addirittura personali. Perciò ci spieghiamo perchè la barca del “conflitto di interessi” si è sempre arenata sulla sabbia del bagnasciuga politico. I due, che regolarmente si sentivano, apparentemente odiandosi, ma sotto sotto collegati dalle più losche manovre, sono oggi riapparsi, uniti come prima, grazie al libro di Renzi. Berlusconi e D’Alema, entrambi arricchiti ricorrendo a ignote formule di finanziamento, più o meno esentasse, che hanno fatto anche del piccolo capo comunista un danaroso rappresentante della finanza privata. Ma il libro non dice tutto, a quanto sembra. Qualche giornale, volendo svelare il nome del candidato bocciato da Renzi, parla di Giuliano Amato, gradito a Berlusconi. Ma forse anche questa anticipazione non svela la verità.
Che a mio modesto avviso, nel disegno di D’Alema, è la seguente: avanti Amato, piuttosto facile da far cadere prima del traguardo, e poi avanti lui, proprio il D’Alema, che con un piano quasi perfetto, grazie a Silvio Berlusconi sarebbe diventato Capo dello Stato. Di quella nomina ci saremmo vergognati in tanti, perché siamo convinti che i cittadini italiani possono aspirare a qualcosa di meglio.
Ma Matteo Renzi è giovane ma non è stupido. Ha mangiato la foglia, e in un baleno ha portato alla nomina Mattarella, quel Presidente che oggi apprezziamo per la sua statura. E così, grazie a Matteo, abbiamo scansato la orribile presenza di un presidente perfino capace di lanciare un anatema infame, come quello pronunciato ieri dal personaggio che, per quelle parole meriterebbe, l’ergastolo.