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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
di Stefano Cagelli
Perché le fake news sono improvvisamente entrate nello scontro politico

27/11/2017 - 18:39

Perché le fake news sono improvvisamente entrate nello scontro politico


Cinque domande e cinque risposte per capire meglio di cosa stiamo parlando

Se un addetto ai lavori fa una breve ricerca sulla agenzie o se un cittadino comune fa lo stesso sulla sezione notizie di Google, vedrà che negli ultimi tre giorni, se si digitano le due parole “fake news”, i risultati saranno praticamente infiniti. Il tema è entrato nell’agenda politica in maniera dirompente, tanto che ormai si fatica a trovare un attacco all’avversario politico che non contenga l’accusa di divulgare fake news.
In realtà, dopo che il segretario del Pd Matteo Renzi ha posto con forza la questione al centro del dibattito, c’è stata una vera e propria escalation nel tentativo di distorcerne il reale significato a proprio uso e consumo.
= Che cos’è una fake news?
Per fake news si intende quel tipo di notizia, falsa, nata per essere condivisa e diffusa in rete, principalmente attraverso i social network. Sono notizie che fanno presa sulle paure e le inquietudini della gente (la famosa “pancia”) e hanno tutte le stesse caratteristiche: titoli sensazionalistici, socializzazione volta a stimolare l’attività di clickbait, l’obiettivo “editoriale” di alimentare la rabbia dei cittadini, in particolare verso la politica o alcune categorie di persone ritenute responsabili del disagio sociale ed economico presente in alcune aree del nostro Paese, in primis gli immigrati.
= Perché oggi parlano tutti di fake news?
Perché la situazione è oggettivamente fuori controllo e perché due inchieste di due noti network americani (BuzzFeed News e New York Times), uscite a pochi giorni di distanza l’una dall’altra, hanno fatto scattare l’allarme in vista delle elezioni politiche che si svolgeranno in Italia nella prossima primavera. E’ ormai un dato di fatto che la produzione e la diffusione di fake news abbia condizionato in maniera determinante alcuni degli ultimi appuntamenti elettorali a livello internazionale, a partire dal referendum sulla Brexit fino alle presidenziali Usa che hanno incoronato Donald Trump. Quale sia stata in questo senso l’influenza degli hacker russi e quali rapporti avessero con lo staff di Trump è oggetto di un’indagine federale che va avanti ormai da mesi e che ha già messo in luce situazioni compromettenti per l’amministrazione americana.
= Perché preoccupano tanto il Pd?
Perché le vittime delle fake news sono quasi sempre esponenti del Pd o del centrosinistra. L’ultimo, clamoroso, caso è la diffusione di una fotografia che ritraeva alcuni politici (tra cui Maria Elena Boschi e Laura Boldrini) che presenziavano alla cerimonia funebre del boss mafioso Totò Riina: peccato che fosse un’immagine totalmente falsa, utilizzata ad hoc da un account Facebook denominato Virus 5 Stelle.

Il funerale di Riina non c’è mai stato e comunque le persone ritratte nella foto non ci sarebbero mai andate. Di esempi se ne potrebbero citare a centinaia, ma la costante è sempre quella: al centro degli “attacchi” ci sono sempre esponenti del Pd (per reagire a questo, Matteo Renzi ha annunciato un “bollettino” periodico di denunce circostanziate). Le inchieste di BuzzFeed e Nyt, scoprendo una rete che va dall’estrema destra religiosa ad ambienti legati ai Cinque Stelle, hanno messo in luce come esista una vera e propria industria legata alla produzione delle fake news che, oltre che particolarmente invadente a livello politico, si rivela anche estremamente remunerativa a livello economico.
= Perché Di Maio e Salvini fanno finta di non capire?
Davanti a tutto questo come reagiscono i principali beneficiari politici di questa attività? Facendo finta di non capire e provando a mettere tutto dentro un calderone nel quale la gente si confonde e finisce per prendere delle posizioni di puro posizionamento politico. E dunque, in breve tempo, parte l’attacco incrociato ai media, veri diffusori di bufale e fake news secondo Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

Ciò che omettono di dire, però, è che per il lavoro giornalistico tradizionale esistono regole deontologiche e legali che garantiscono la corretta informazione e gli eventuali correttivi ove questa non ci fosse. Ma per le bufale fatte circolare ad arte in rete e sui social network, no. Tuttavia l’interesse politico di Lega e M5s, in questo momento, è far passare quella che sta diventando una vera minaccia per il regolare funzionamento della democrazia come un’ossessione di Renzi e del Pd.
= Come si combatte la produzione di fake news?
Difficile, se non impossibile, dare una risposta a questa domanda. La prima cosa da fare è provare a regolamentare questo far west, cosa che il Pd sta cercando di fare con un disegno di legge a cui il Parlamento sta provando a lavorare da due mesi.

L’obiettivo è quello di responsabilizzare i grandi social network (da Google a Facebook, da Instagram a Twitter), che dovranno raccogliere i reclami su fake news e contenuti illegali e decidere se rimuoverli e/o bloccare l’autore che li ha diffusi.

Come già succede in Germania, inoltre, sarebbero previste delle sanzioni per le aziende che falliranno nel loro compito. Infine si prevederebbe l’estensione alla rete dei reati di diffamazione, minacce, stalking, pedopornografia e trattamento illecito dei dati personali. Ma anche di terrorismo, eversione, apologia del fascismo, istigazione e delinquere e associazione mafiosa.
Chi si oppone strenuamente a questo disegno di legge? Salvini e Di Maio, ovviamente. Per i quali stiamo parlando di “perdite di tempo, i problemi reali sono altri”.

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27/11/2017 - 19:50

AUTORE:
Fabio Salamida

Davide Colono, responsabile marketing di nextmediaweb e fratello di Giancarlo – proprietario di Web365, la società editrice di direttanews.it e di altre decine di siti che secondo un’inchiesta condotta da Buzzfeed diffondono quotidianamente Fake News – ha rilasciato a Claudio Messora di byoblu.com un’intervista in cui lamenta una presunta ingiustizia subita da parte di Facebook, che nei giorni scorsi ha chiuso due pagine con milioni di like da loro gestite (direttanews.it e inews24.it) e da cui venivano diffusi i contenuti dei relativi siti accusati dal portale di informazione americano di diffondere il falso. Colono, che ha rifiutato di essere ripreso dalla telecamera (ricalcando una caratteristica dei profili fake, quella di non metterci mai la faccia) ha definito l’attività delle testate di famiglia “espressione della libertà di opinione”, una libertà che a suo dire sarebbe stata calpestata perché “non allineata” al potere. Quello gestito dalle società che fanno capo alla famiglia Colono è un network che – come spiega Jacopo Iacoboni su La Stampa – può raggiungere tra gli otto e i dieci milioni di like su Facebook, più della somma di due dei tre principali quotidiani italiani.
L’intervistato conferma, suo malgrado, ciò che in fondo si sapeva da tempo. Esiste un’economia basata sul click-baiting che non disdegna la disinformazione su temi molto sentiti come la medicina, la religione, l’economia, l’immigrazione, il nazionalismo e tutte le parole d’ordine dei populisti, per produrre milioni di click che si traducono in soldi facili. Chi ne gestisce i contenuti sa bene che un titolo ad effetto contro personaggi di primo piano come la Presidente della Camera, Laura Boldrini, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi (le donne in politica tendono a scatenare i bassi istinti di molti) e ovviamente il segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, possono attrarre un pubblico potenziale, così come tutte quelle notizie dove ci sono di mezzo fatti di cronaca che coinvolgono gli immigrati. La tecnica utilizzata è molto semplice: si prende una news pubblicata da un quotidiano, la si rende più violenta e volgare, (spesso e volentieri romanzandone il contenuto) e nel titolo si invoglia al click, magari aggiungendo espressioni come “ecco come è andata”. Il target principale è quello dei cosiddetti analfabeti funzionali, quella larga fetta di popolazione che non è minimamente in grado di distinguere un contenuto vero da uno artefatto. Nei casi più gravi la notizia è inventata di sana pianta o si basa su una bufala già esistente.
A beneficiare direttamente e indirettamente dell’industria del fake, come si legge in un articolo di Jason Horowitz sul New York Times, sono i due partiti che più sfruttano la rabbia anti-sistema per attrarre consenso: il Movimento 5 Stelle e la Lega di Matteo Salvini. Ormai da anni i fan più o meno organizzati e più o meno “istituzionali” dei due partiti populisti utilizzano i contenuti di siti senza alcuna credibilità per affermare le loro tesi, per denigrare gli avversari politici e in molti casi per scatenare pulsioni di rabbia contro i migranti. Lo stesso blog di Beppe Grillo e altri siti collegati alla Casaleggio Associati sono è più volte finiti al centro di polemiche per aver diffuso notizie false. Sulle pagine fan non ufficiali di Salvini o su quelle di esponenti del M5S come Di Maio, Raggi e Di Battista, le fake news sono spesso alternate a card in stile “meme” (di solito si tratta di foto con scritte bianche o gialle in carattere impact) come quella apparsa su tutti i giornali e le tv che ritrae la Presidente della Camera e altri esponenti delle istituzioni alla cerimonia funebre di Emmanuel Chidi Namdi (un ragazzo nigeriano fuggito dalla guerra e ucciso da un italianissimo razzista di Fermo) dove si spaccia quel funerale per quello di Totò Riina. A diversi giorni dall’accaduto, il candidato premier del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, ancora non ha spiegato il suo rapporto con il profilo Facebook che porta il nome di Adriano Valente – taggato dal vicepresidente della Camera in alcuni post – admin del gruppo Virus5Stelle (80mila seguaci), dove è stata diffusa quella card e dove vengono quotidianamente postati molti altri contenuti simili.
I meme, nati sui social come pezzi di satira, sono oggi diventati dei veri e propri strumenti di lotta politica.
E qui mi permetto di dissentire dall’ottimo Michele Fusco, che su queste pagine ha scritto – riferendosi al suddetto funerale “fake” – un articolo dove sostiene che non si può considerare quella card una fake news. Scrive Fusco: «Non mi è passato neppure per l’anticamera del cervello di considerare quell’improbabile accrocco fotografico come una fake che potesse spostare alcunchè (nè le convinzioni, nè tanto meno il consenso). Piuttosto un congegnino da terza elementare per decerebrati». Più avanti, per ribadire il concetto e minimizzare le preoccupazioni sollevate dal New York Times e dagli esponenti di punta del Partito Democratico, aggiunge: «Dunque, secondo queste autorevolissime fonti saremmo così sbandati come livello medio intellettuale che simili pirlate avrebbero la capacità di rimodellare il nostro consenso elettorale».
Quello che secondo il mio modesto parere Fusco non vede – essendo persona colta – è che i bassifondi della società italiana sono estremamente permeabili e impreparati a quest’era digitale, molto più di quanto si possa immaginare. Milioni di persone, specialmente in età avanzata, non sono minimamente in grado di districarsi nel bombardamento di informazioni che subiscono ad ogni ora del giorno e della notte da quando sono in possesso di uno smartphone o di un tablet che gli consente di navigare in rete, di condividere informazioni sui social network e di poter interagire virtualmente con altri. Non a caso molti si trasformano in veri e propri haters.
Prima che scoppiasse il caso, la card che accusava alcune alte cariche dello Stato di aver partecipato al funerale del capo dei capi di Cosa Nostra era già stata condivisa migliaia di volte. In molti hanno creduto che quella scena fosse reale.
Purtroppo, malgrado le smentite a reti unificate, gli articoli pubblicati dai giornali cartacei e da quelli online, in molti ancora credono a quella e altre card simili, nonché alle tante notizie false che quotidianamente vengono riversate sulla rete per far soldi e per tirare la volata a quei partiti che sulla rabbia e sull’ignoranza fondano il loro consenso. Le fake news sono oggi un reale pericolo per la democrazia, non solo in Italia. E per quanto la materia sia delicata e il confine tra la regola e la censura sia davvero stretto, sarebbe indispensabile che i governi e le società che gestiscono i social network (che fatturano tre volte il pil della Francia) si attrezzassero per bloccare sul nascere fenomeni pericolosi. La libertà di opinione è un diritto fondamentale di ogni individuo, la libertà di falso è il suo cancro e come tutti i cancri va estirpato.