In questo nuovo articolo di Franco Gabbani le vicende storiche, incentrate tra la fine del '700 e l'inizio dell'800, travalicano i confini della Valdiserchio, come già accaduto in diverse occasioni, e d'Italia, espandendosi in Europa.E' la storia di un giovane costretto a seguire la carriera militare per problemi e ripicche amorose, con l'inevitabile nefasta conclusione, raccontata utilizzando le stesse parole dell'ussero, che ci danno uno spaccato di un'esistenza iniziata negli agi della famiglia gentilizia e terminata sui campi di battaglia
I colleghi deridono un medico perché scrive il proprio nome sulla cuffia.
Dopo l’operazione capiscono il perché
Ricordare tanti nomi è difficile, farlo in situazioni che non aiutano il riconoscimento, lo è ancora di più.Immaginate un gruppo di medici, assistenti, infermieri , in sala operatoria.
Rob Hackett, medico australiano, anestesista in diverse strutture di Sydney, ha avuto un’idea brillante, derisa inizialmente da diversi colleghi.
Come egli stesso racconta, lavorando con tante e diverse persone, tutte con mascherine sul viso, era evidente la difficoltà dei pazienti e del team medico, nel ricordarsi nomi o non confonderli.
Così ha scritto il proprio sulla cuffia, invitando i colleghi a fare altrettanto. All’inizio le critiche e qualche sorriso hanno avuto spazio, ma Rob ha insistito motivando la cosa come un aiuto al lavoro d’equipe, e all’efficienza.
“In sala operatoria – ci dice questo dottore – spesso i secondi sono vitali. In una circostanza un paziente andò in arresto cardiaco e in sala operatoria c’erano circa 20 tra medici e personale. Sbagliare un nome, creare confusione, può significare perdere una vita umana.
Così mi sono detto: se ognuno scrivesse in evidenza il proprio nome, aiuterebbe la comunicazione, la velocità, l’efficienza del lavoro. Non dovremmo più dire forbici, ma Bill, forbici. Si creerebbe anche maggior spirito di squadra.”
Cosi il medico ha lanciato, sul suo profilo twitter, una campagna per sensibilizzare colleghi e direzioni sanitarie verso la sua idea.
L’obiettivo dichiarato è quello di dare valore al proprio nome, di facilitare la comunicazione, di essere riconoscibili dai pazienti.
E rompere alcuni tabù all’interno del sistema ospedaliero.
L’iniziativa di Rob, all’inizio osteggiata ed anche un poco derisa, ha cominciato a riscuotere molto successo, non solo in Australia, ma in giro per il mondo.
Ha contribuito a far riflettere sull’importanza del tempo e della comunicazione in situazioni delicate come quelle nella sala operatoria.
Condividiamo, pensando che sia una gran bella iniziativa!