Il nuovo articolo di Franco Gabbani non riguarda un personaggio o un evento in particolare, ma esamina un aspetto sociale e lavorativo che, presente da molti secoli, ebbe grande sviluppo nell'800 ( fino all'inizio del '900), ma che fortunatamente terminò relativamente presto, grazie agli sviluppi economici e scientifici.
Si tratta del baliatico, un'attività spesso vista benevolmente, ma che è stata definita "calamità occupazionale"
Come è nato tutto questo odio verso Renzi, il Malaussène italiano?
Come si è costruito, al netto degli errori, lo stigma contro Matteo Renzi? Come e perché è stato possibile che quel ragazzo di 39 anni che aveva fatto sognare il centrosinistra con la straordinaria vittoria alle europee è precipitato bruscamente nel consenso e viene dipinto da tutti come il male assoluto? Ecco come è stata pazientemente fabbricata, pezzo dopo pezzo, l’immagine negativa del giovane fiorentino.
E vi spiego anche perché questo è avvenuto.
8 Giugno 2018 Scritto da Enzo Puro Pubblicato in Politica
I problemi del nostro paese si sono accumulati in decenni di malgoverno (clientelismo, statalismo nepotistico, mancata costruzione di una pubblica amministrazione efficiente, consenso conquistato e mantenuto, soprattutto negli anni 80, con l’aumento del debito pubblico etc.etc. corruzione endemica, evasione fiscale altissima).
Eppure oggi il bersaglio principale per gli italiani si chiama Matteo Renzi, omettendo di dire che il giovane fiorentino è stato protagonista solo degli ultimi 4 anni, un periodo troppo breve per aver combinato i disastri che gli si addebitano. Gli rimproverano di tutto, manca solo l’accusa (ma prima o poi arriverà) di essere un complice del mostro di Firenze. Da sinistra a destra, dal nord al sud l’80% degli italiani non lo sopportano, lo giudicano antipatico, indirizzano contro di lui ogni loro malessere incolpandolo di ogni cosa, perfino del fatto che la sera prima hanno litigato furibondamente con la moglie mettendo in crisi il proprio matrimonio.Matteo Renzi, suo malgrado, è diventato una specie di signor Maulaussene,* una specie di capro espiatorio che serve ad assolvere tutti gli altri, e la storia di questo paese, per le difficoltà in cui ci troviamo.
Ma come e perché è stato possibile che quel ragazzo di 39 anni che aveva fatto sognare il centrosinistra con la straordinaria vittoria alle europee quando è arrivato alla soglia dei 43 anni è precipitato bruscamente nel consenso e dipinto da tutti, dal professore universitario al barista sotto casa, come il male assoluto? C’è qualcosa di più profondo e di più strutturale della sua semplice antipatia e di un carattere non certamente facile oscillante tra la battuta salace immediata e l’egocentrismo esasperato.Non si diventa così impopolari e così odiati in così poco tempo per questi motivi, le storie delle leadership sono piene di leader vincenti egocentrici e presuntuosi.
La distruzione dell’immagine positiva di Matteo Renzi, che sembrava vincente dopo la vittoria delle primarie e soprattutto dopo il 40% delle Europee, è stata pazientemente fabbricata da una macchina potente al servizio di chi si è sentito minacciato in vari modi dall’affermazione di una leadership che rompeva il politicamente corretto e gli schemi attraverso i quali la politica italiana ma anche l’economia e i media hanno letto e soprattutto interpretato la realtà.
Non può essere altro che questo.
Non può giustificarsi l’eclisse di popolarità di Matteo Renzi con questo o quello errore commesso in questa o quella riforma soprattutto quando i più autorevoli commentatori internazionali (lontani dalle passioni della lotta politica quotidiana italiana) descrivono gli ultimi anni come anni di buon governo e di tante buone leggi.
Cosa è allora? E, perché, soprattutto?
Non basta neanche incolpare il populismo grillino che ha portato l’insulto e la tecnica della distruzione dell’avversario in politica, non basta perché della ossessione contro Matteo Renzi si sono fatti interpreti pezzi importanti delle elites riflessive italiche che semmai hanno usato l’amplificazione delle campagne vaffamediatiche dei grillini per colpire il nuovo leader del PD e la classe dirigente giovane che tentava di farsi strada.
Si è mosso contro Matteo Renzi un mondo molto variegato dai membri privilegiati dell’ancien regime al vaffanculismo grillofascio, da quel mondo omofobo e razzista perfettamente rappresentato dal nuovo ministro della Famiglia Lorenzo Fontana e dal pistolero di Macerata a tutti coloro che si sono sentiti colpiti dalle riforme portate avanti dal governo del PD
(dai magistrati a cui si sono ridotte le ferie ai professori che non vogliono essere oggettivamente valutati, dai dirigenti dello Stato cui è stato messo un tetto agli stipendi ai caporali colpiti da una legge efficacissima, dai furbetti del cartellino a quelli che non pagavano il canone Rai, etc. etc. etc., la lista sarebbe lunghissima).
E non ho dubbi che oltre alla ribellione dei poteri deboli e diffusi anche quelli che hanno davvero il potere di comando della economia e della finanza si sono preoccupati che il giovane fiorentino ridesse il ruolo che gli spetta alla Politica, quella che Aristotele chiamava, se non ricordo male, la regina delle arti, potenziando lo Stato democratico unico modo per tenere a bada gli spiriti selvaggi di un capitalismo che negli ultimi 30 anni grazie alla globalizzazione solo economica e finanziaria ma non politica, ha mandato a monte (senza costruire una più avanzata alternativa al passo con le mutate situazioni sociale) quel compromesso welfaristico che aveva garantito il benessere del secondo dopo guerra.
Ed una mano importante a questa azione di demolizione mediatica l’hanno data i perdenti della “ditta” che non hanno mai accettato l’esito delle primarie ed hanno sempre trattato il ragazzo fiorentino come un estraneo barbaro.
Quella sinistra che veniva ospitata ogni giorno, in maniera ossessiva e sovradimensionata rispetto al loro peso elettorale effettivo, in tutti i talk show per parlare male di Renzi e del PD, utili idioti che hanno lavorato per il re di Prussia.
Una sinistra che apparentemente parlava di merito e di valori (jobs act, buona scuola, disuguaglianza, povertà) ma che era animata solo da uno spirito di rivalsa nei confronti di chi l’aveva estromessa dai centri di potere dopo decenni in cui in quei centri di potere (stesse al governo o stesse all’opposizione) aveva fatto il bello e cattivo tempo.Questo fronte ampio della restaurazione si è trovato compatto per la prima volta ai tempi del referendum costituzionale quando per il NO si è schierato un arco di forze politiche e sociali amplissimo dalla CGIL a Casa Pound passando per tutto lo spettro delle forze politiche italiche vecchie e nuove.
La campagna sulla deriva autoritaria è stata un capolavoro mediatico che ha dimostrato una inesauribile capacità di ribaltamento della verità.
Una Riforma che non toccava la forma dello Stato, che manteneva integro il Parlamentarismo costituzionale efficientando nello stesso tempo i percorsi decisionali e rafforzando così il ruolo della democrazia (quella democrazia che come dicono in tanti è in pericolo quando non riesce a decidere) è stata fatta passare per un attentato alle libertà costituzionali.È stata una campagna condotta per evitare quello che per loro era il pericolo maggiore.
Il pericolo mortale cioè che una nuova classe dirigente si rafforzasse grazie alla vittoria del SI, con Matteo Renzi che consolidava la sua leadership potendo così continuare senza più nessun ostacolo quell’azione di profondo rinnovamento appena iniziato.
Provate ad immaginare come sarebbe cambiata la storia del nostro paese se il SI avesse vinto (ma il popolo, come spesso gli accade, ha scelto Barabba)!!!
Ma il capolavoro mediatico costruito per combattere la Riforma costituzionale è solo un aspetto (e non certo il più incisivo) di una azione a largo raggio avviata per distruggere la credibilità di Renzi ed era necessario dopo il referendum completare l’opera ed impedire che quel 40% di SI diventasse un fronte politico compatto.
Mentre la sinistra interna ed esterna al PD continuava nel suo bombardamento del quartier generale (con l’effetto di far perdere di credibilità agli occhi di tanti elettori che assistevano esterrefatti a liti da pollaio) veniva costruito un altro capolavoro mediatico che ha portato la grande maggioranza degli elettori ad identificare in Matteo Renzi e nella sua giovane classe dirigente i complici di un sistema bancario che aveva provocato la crisi delle 8 banche.
Cioè il contrario, radicalmente il contrario, di quello che era effettivamente accaduto.
Ed in un periodo in cui il sistema bancario nel suo complesso non gode del massimo di popolarità essere stigmatizzato come l’amico dei banchieri è stato un colpo mortale alla immagine di Matteo Renzi.
La “character assassination” di Maria Elena Boschi, una delle più importanti collaboratrici di Renzi, la giovane donna che era riuscita a far votare al Parlamento una Riforma costituzionale che ridimensionava privilegi e costi, è un esempio di scuola di come questo capolavoro mediatico è stato costruito.
Il frame “Renzi amico dei banchieri che hanno speculato sulla vita delle persone” e quello di “Boschi Madonna Etruria” è penetrato ovunque ed inutilmente il PD provava a spiegare che la crisi delle 8 banche era maturata quando Renzi era ancora sindaco a Firenze e la Boschi una giovanissima avvocatessa del foro fiorentino, inutilmente provava a spiegare che l’azione di governo ha salvato non i banchieri (che invece sono stati estromessi da tutti i consigli di amministrazione compreso l’incolpevole, come ha stabilito la magistratura, Pierluigi Boschi) ma correntisti e risparmiatori compresi gli obbligazionisti ingannati da troppo solerti funzionari bancari, inutilmente provava a spiegare che con la riforma delle popolari sono state eliminate all’origine le cause per cui quelle crisi sono potute scoppiare e che forse c’è stato un intreccio malmostoso tra chi doveva vigilare e le banche sottoposte a vigilanza (nel caso delle banche venete tutto questo è evidentissimo).
Ed il capolavoro mediatico è stato completato trasformando la Commissione di indagine sul sistema bancario in un palcoscenico dove rafforzare, contro ogni evidenza, questi frame (surclassando il PD che per ingenuità dello stesso Renzi credeva invece di trasformare quel palcoscenico in uno strumento di accusa verso chi effettivamente aveva lucrato).
Questa sulle banche è stata la campagna mediatica più invasiva e più penetrante ma contemporaneamente sono stati costruiti e fatti girare ampiamenti tra gli oltre 30 milioni di cittadini che usano i social straordinarie fake news molto efficaci.
Pensiamo alla notizia diffusa ovunque (con foto) della Lamborghini che aveva regalato una sua automobile a Renzi che ci era andato in vacanza ad Ibiza.
Pensiamo al battage sul famoso aereo di Stato di Renzi che Renzi non ha mai usato e che invece in questi giorni il neopremier anticasta Conte ha usato per andare in Canada.
Ma pensiamo soprattutto a quella campagna, molto più insidiosa e molto ben costruita, fatta sulla applicazione della Direttiva europea riguardante l’uso dei sacchetti biodegradabili nei supermercati.
Per settimane e settimane i social sono stati invasi da centinaia di migliaia di post in cui si dava per certo che una amica di Renzi aveva il monopolio nella produzione di questi sacchetti e che la norma era stata approvata per favorire questa signora che era appunto una amica del premier.
Tutto falso.
Ma tutto virale e quindi reso verosimile per milioni di persone.
Per parecchio tempo prima delle elezioni politiche è stato uno stillicidio di fake aventi come oggetto la demolizione della moralità di Matteo Renzi, direttamente o attraverso persone a lui legate.E lo hanno fatto utilizzando tutta l’odierna potentissima strumentazione social molto più invasiva ed individualizzante della già invasiva potenza televisiva.
Qualcuno adombra addirittura che, allo scopo ultimo di far vincere in tutta Europa i populisti per indebolirne la forza politica ed economica, i russi abbiano concentrato in grandi capannoni migliaia di persone con il compito di pattugliare il web ed introdursi sotto mentite spoglie nella vita di tutti noi raccontando frottole che diventavano verità per la maggioranza della popolazione che non ha né strumenti né il tempo per difendersi. Uno scenario spaventoso se fosse vero e che rende veritiera la frase di Mark Twain il quale parlando delle menzogne diceva che “una bugia fa in tempo a viaggiare per mezzo mondo mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe”.
Io non so, non ne ho le prove che tutto questo sia vero. So però che è molto verosimile. E so che se una potenza straniera o una potenza economica oggi vuole inondare la mediasfera con notizie tendenziose o fasulle, le tecnologie informatiche e la rete dei social gli facilitano enormemente il compito.
In passato la controinformazione a fini destabilizzanti contro un Partito, un movimento, uno Stato era già stata usata ma ci volevano risorse sul posto, bisognava scalare giornali (come fu per il Corriere all’epoca della P2) o televisioni (come è stato a cavallo tra prima e seconda repubblica per Berlusconi).
Oggi quella azione destabilizzante si può fare a distanza da Mosca, Washington o da qualsiasi periferia dell’impero, senza rischio alcuno.
La macchina del fango di cui abbiamo parlato finora era poi anche alimentata da quello che Piero Sansonetti, direttore del Dubbio, chiama il circo mediatico giudiziario, una specie di corto circuito tra alcuni uffici giudiziari e media.In questi anni sono decine e decine le inchieste giudiziarie che dalla scrivania della procura passano nelle prime pagine dei giornali. Una regia sapiente che centellina le informazioni dando risalto alle aperture delle inchieste ma nascondendoquando quasi sempre si risolvono con l’archiviazione o per l’assoluzione per inesistenza di ogni presupposto.
È stato così per il parlamentare lucano Salvatore Margiotta, per la clamorosa inchiesta Tempa rossa finita in un nulla di fatto, per il Presidente del PD campano Stefano Graziano, per il governatore De Luca, per il Sindaco di Ischia Giosi Ferrandino, per il Sindaco di Mantova Palazzi e tantissimi altri casi.
La notizia delle indagini su di loro ha fatto più volte il giro del mondo, la verità della loro assoluzione si sta ancora allacciando le scarpe.
Forcaioli e giustizialisti di ogni risma scrivono centinaia di migliaia di post sui social, il PD viene descritto come una associazione a delinquere, il Fatto quotidiano (e non solo) batte la grancassa (e i padri nobili del PD tacciono).
Il frame dei renziani corrotti entra in tutte le case, nei piccoli paesi, nei bar e nei mercati non si parla d’altro ed il prestigio di Renzi viene pian piano buttato a terra.
Ogni giorno, ogni ora, incessantemente.E che questo sia l’obiettivo viene fuori clamorosamente quando i bravi magistrati della Procura di Roma scoprono che sul caso Consip c’è un capitano dei carabinieri che taroccava le intercettazioni per mettere in mezzo il padre di Renzi.
Una roba che in altre epoche avrebbe provocato uno sciopero generale e la scesa in piazza di grandi masse a difesa della democrazia.In questo caso scende solo il silenzio. I grandi organi di informazioni relegano la notizia tra le non rilevanti.
E tacciono, lo ripeto, i padri nobili del PD, quelli sempre con il ditino alzato ad indicare gli errori di Matteo Renzi ed a piangere retoricamente sul presunto abbandono dei valori della sinistra.Nessuna solidarietà viene al giovanotto fiorentino dai suoi stessi compagni di Partito che sono in minoranza, ed è evidente che le finte prove contro la famiglia di Renzi facevano comodo pure a loro.Ma la campagna di delegittimazione quotidiana di Matteo Renzi e quindi del PD è fatta anche di un altro tassello oltre che della furibonda campagna condotta attraverso ingegnose ed efficaci fake news e dell’attivazione del circo mediatico giudiziario.
Parliamo della azione falsificante compiuta sugli atti di governo tendente a dimostrare non solo l’inefficacia di una politica ma addirittura la complicità di questa politica con coloro che detengono effettivamente il potere economico e finanziario.
Così è accaduto con il Jobs act di cui non viene messo in risalto quello che è la vera novità della riforma del mercato del lavoro e cioè la nuova e moderna rete di protezione sociale che ingloba figure fin ad ora mai interessate a nessuna protezione ma si amplifica la battaglia ideologica di un piccolo nucleo di sinistra e si taroccano o si nascondono i dati sull’aumento della occupazione parlando di un aumento dei rapporti di lavoro precario quando invece, come spiego in maniera più dettagliata è vero il contrario.
Si alimenta la fake news della diminuzione delle ore lavorate per spiegare, e quindi sminuire, l’inversione di tendenza del tasso di disoccupazione, fake news smentita dai dati ufficiali che non solo segnalano l’aumento delle ore lavorate complessive ma anche l’aumento delle ore lavorate per dipendente.
O come è accaduto con la riforma della scuola dove vengono messi in risalto solo i problemi (fisiologici quando si mette mano ad un sistema di nomina dei professori incancrenito da decenni) e si tace sul fatto che il governo Renzi ha fatto uno sforzo enorme in termini finanziari sul comparto scuola dopo i tagli selvaggi degli anni precedenti ad opera di Gelmini e Monti.
Per non parlare della lotta alla povertà che è stato un chiodo fisso in questi anni e che ha visto oltre al Reddito di inclusione l’approvazione di tante misure indirizzate ad incidere sugli indici di povertà presenti nel nostro paese (cito soltanto, l’elenco potrebbe essere lungo, l’eliminazione delle tasse universitarie per i più poveri e l’abbattimento progressivo per gli altri oppure la cosiddetta quattordicesima per i pensionati al minimo).
Uno sforzo che ha visto aumentare gli investimenti sul sociale sia rispetto ai governi Berlusconi ma anche ai governi Prodi e che nessuno però raccontava.
Si poteva e doveva fare di più? Non c’è alcun dubbio. Ma dal dovere e potere fare di più al descrivere Renzi come colui che ha ampliato la precarietà del lavoro, ha distrutto la scuola pubblica e fatto aumentare la povertà, ce ne corre.E ritorniamo da dove eravamo partiti.
Dalla domanda su come e perché è stato possibile che quel ragazzo di 39 anni che aveva fatto sognare il centrosinistra con la straordinaria vittoria alle europee quando è arrivato alla soglia dei 43 anni è precipitato bruscamente nel consenso e dipinto da tutti, dal professore universitario al barista sotto casa, come il male assoluto.
Renzi ha fatto sicuramente degli errori dei quali sicuramente il più grave per un politico è quello di non aver capito la disposizione delle forze in campo contro di lui (errore evidentissimo al referendum ma che è continuato) e molte riforme sicuramente andavano fatte meglio.
Ma non per questo di solito si cade così vertiginosamente nella considerazione popolare. Si possono perdere le elezioni ma non è questa la spiegazione del crollo di considerazione e della vera e propria aurea negativa che circonda Matteo Renzi.
La spiegazione sta in tutto quello che ho provato a raccontare in questo articolo, sta nella paura che, all’establishment debole e forte, ha fatto questo giovanotto di Rignano sull'Arno, paura che non fanno neanche i 5 stelle la cui impreparazione fa dormire sonni tranquilli ai vecchi volponi della economia e della politica e della burocrazia, volponi che nelle situazioni di caos si ingrassano mentre soffrono se qualcuno, come hanno avuto l’ambizione di fare i governi del PD, quel caos lo vuole governare fissando dei limiti
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Funzione del personaggio
«Pianga, Malaussène*, pianga in modo convincente. Sia un buon capro», o qualcosa di simile, si sente ripetere dai suoi datori di lavoro prima di ogni nuovo incarico. Un uomo buono che finisce sempre per sembrare responsabile di qualche misfatto. E per ironia la sua vocazione lavorativa è proprio accollarsi colpe non sue, portando il cliente insoddisfatto all'esasperazione della pietà fino a fargli dimenticare il motivo della sua protesta.