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Nei giorni 26-27-28 aprile verranno presentati manufatti in seta dipinta: Kimoni, stole e opere pittoriche tutte legate a temi pucciniani , alcune già esposte alla Fondazione Puccini Festival.Lo storico Caffè di Simo, un luogo  iconico nel cuore  di Lucca  in via Fillungo riapre, per tre mesi, dopo una decennale  chiusura, nel fine settimana per ospitare eventi, conferenze, incontri per il Centenario  di Puccini. 

. . . per questo neanche alle 5. 50 prima di colazione. .....
. . . alle nove dopocena non ciai (c'hai) da far altro? .....
. . . il plenipotenziario di Fi, Tajani, ha presentato .....
Ieri 19 Marzo ci ha lasciato un Vs. concittadino Renato .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Il sole nutre
col suo splendore
il croco il bucaneve
la margherita. . .
Il cuore
cancella il dolore
se alimentato dall'amore
essenza della vita
Quando .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
Piero Sansonetti
Caro Di Battista, ti spiego chi è Giorgio Napolitano

13/2/2019 - 12:38

Questo articolo di Piero Sansonetti su “Il dubbio” credo sia da segnalare:
Caro Di Battista, ti spiego chi è Giorgio Napolitano e perché dargli del vile è una follia

PIERO SANSONETTI

Io ti auguro non solo di arrivare all’età di Giorgio Napolitano, ma di arrivarci avendo alle spalle una biografia solida e apprezzabile come la sua.
Io sono stato iscritto al Pci tanti anni. Quando ero giovane, anch’io, come fai ora tu, combattevo per rompere la “cappa” che ci veniva imposta dalla generazione precedente, che era chiusa, era abbastanza stalinista. Sai: era la generazione della Resistenza, ed era molto robusta, non era facile da scalfire. Non ho mai avuto una particolare simpatia per Giorgio Napolitano. Allora esistevano le correnti nei partiti. Anche nel Pci, sebbene il Pci le nascondesse. Erano luoghi di lotta politica e anche di pensiero. Napolitano era uno dei leader della corrente riformista, moderata, governista. Era il numero due di quella corrente. Il numero 1 era Giorgio Amendola, vecchio leader della Resistenza, figlio di Giovanni, capo liberale che morì negli anni trenta sotto le bastonate dei fascisti. Io negli anni settanta ero un ragazzo che faceva parte dell’altra corrente, qualle di Ingrao, ribelle, sessantottina. Che si opponeva aspramente a Napolitano e ad Amendola.
Però, vedi, una cosa è la lotta politica, o il dissenso, o la critica. Altra cosa è l’insolenza verso le persone che si conoscono poco.
Vorrei dirti chi è Giorgio Napolitano. Un ragazzo napoletano, della borghesia, che a 19 anni si unì ad altri ragazzi nella cospirazione antifascista. Li guidava Maurizio Valenzi, di una quindicina decina d’anni, credo, più grande di loro, e che poi fu sindaco, molto amato, di Napoli negli anni settanta.
A vent’anni Napolitano si iscrisse al Pci e da quel momento, per oltre 70 anni, la politica è stata la sua vita.
Tu forse sei convinto che la politica sia potere, potere, potere. Non è così, caro Alessandro. Napolitano, ad esempio, ha fatto politica senza mai sfiorare il potere per mezzo secolo filato. Capisci che vuol dire mezzo secolo? Non è stato ministro, né Presidente, né sindaco, né capo di qualche ente pubblico. Zero: militante e dirigente del Pci. Faceva i comizi, andava davanti alle fabbriche, nelle campagne, nelle sezioni del partito. A discutere, a parlare, a convincere. Fino a notte fonda. Allora la politica era un'attività di massa. Il partito comunista aveva 1 milione e mezzo di iscritti, e quasi tutti partecipavano all’attività del partito, si riunivano, la sera, dopo il lavoro, in sezione ( il Pci aveva migliaia e migliaia di sezioni), stampavano i volantini, facevano le assemblee, andavano nelle scuole, vendevano l’Unità. Pensa che l’Unità, la domenica, vendeva anche un milione e mezzo di copie.
Si chiamava democrazia politica quella roba lì. Era un impasto di democrazia diretta e di democrazia delegata. I dirigenti del partito prendevano stipendi modesti, anche quelli che erano deputati lasciavano i quattro quinti della paga al partito. Anche Napolitano lo faceva.
Guidò il Pci in anni molto difficili. Le lotte dei braccianti, soprattutto al Sud, e Napolitano era un dirigente del Sud, e poi degli edili a Roma, e degli operai nelle fabbriche del nord, dove i comunisti erano discriminati, pagavano un prezzo durissimo, tutti i giorni, alla loro scelta di essere comunisti. Napolitano non stava dalla parte delle banche, o della grande aziende, stava dalla parte dei poveri, degli operai. Lottava e anche pensava. La politica era strategia, pensiero, tattica.
A metà degli anni settanta il Pci si divise. Pietro Ingrao voleva che il partito restasse coi movimenti in una posizione di opposizione intransigente. Amendola e Napolitano volevano una apertura ai socialisti. Questa divisione durò molti anni, fino ai tempi di Craxi, ma non comportò mai una rottura.
Napolitano era in prima linea nelle lotte contro la legge truffa ( era una legge elettorale che favoriva la maggioranza, cioè la Dc), e poi per lo statuto dei lavoratori, e poi per il divorzio e l’aborto, e poi per la riforma sanitaria, per l’equo canone, per la riforma Basaglia. Qualche anno dopo, anche se non era pienamente d’accordo con il suo partito ( cioè con Berlinguer), si batté fino allo stremo, accanto a Berlinguer, per impedire che fosse colpita la scala mobile. Perse.
Napolitano ha vinto e ha perso molte battaglie. Ha dissentito con il suo partito, talvolta, e talvolta no. Si è scontrato con Berlinguer, ad esempio, quando Berlinguer voleva fare della questione morale la ragion d’essere del Pci, e Napolitano non era d’accordo. Si è battuto contro Ingrao quando Ingrao voleva mantenere il nome del Pci e Napolitano non voleva. Si è battuto contro le dittature in America latina ( che ora anche tu conosci bene, dopo il tuo viaggio), contro gli agrari e contro l’arroganza padronale in Italia. Ha spinto per la trasformazione del Pci e per l’avvicinamento alle grandi socialdemocrazie europee.
Poi negli anni novanta ha iniziato la sua nuova vita, da statista. Prima presiedendo la Camera, poi facendo il ministro dell’Interno, poi il Presidente della Repubblica. Ha avuto un ruolo importante di statista, ha raggiunto il potere, ma tutta la sua vita ci racconta che non era quello l'essenziale del suo impegno. Napolitano ha considerato il potere una variabile della politica, ma lui ama la politica, non la sua variabile.
Ha fatto degli errori, in questi settant'anni? Beh, vorrei vedere che uno riesce a non sbagliare niente in settant’anni. Io, personalmente, spesso sono stato critico nei suoi confronti. Anche quando era ministro dell’Interno, e anche quando non si è opposto all'attacco alla Libia. Ma questo, caro Alessandro, non ti autorizza a dargli del vile. Io spero che tu capisci che questa cosa che hai detto su di lui è orrenda, e non ti fa onore.
Napolitano è stato uno degli uomini più coraggiosi nella politica italiana. Ha sfidato il fascismo, l’arroganza padronale, la polizia, la magistratura. Insieme a tanti suoi amici, dirigenti come lui del Pci. Penso proprio ad Amendola, e a Chiaromonte e a Macaluso e a Luciano Lama.
Vedi, tu fai parte di un movimento giovanissimo, privo di radici, di storia. Non avete maestri, non avete teorie. Benissimo, può essere un vantaggio. Però dovete avere l’umiltà di capire che oggi l’Italia è uno dei paesi più civili del mondo perché dal 1945 in avanti c’è stata una classe politica che ha dato l’anima. E di questa classe, Alessandro, Giorgio Napolitano è stato uno dei migliori.


Fonte: Bruno Ugolini
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15/2/2019 - 20:20

AUTORE:
sergio malgeri

1) Giorgio Napolitano ha materialmente scritto (sia pure con il consenso del segretario del PCI dell'epoca, Luigi Longo) la dichiarazione di "dissenso grave" dall'URSS per la invasione della Cecoslovacchia;
2) Giorgio Napolitano (da Presidente della Repubblica) ha saputo resistere
alle pressioni fortissime di Silvio Berlusconi (Presidente del Consiglio dei Ministri) che in una drammatica notte pretendeva la sua firma su un decreto che avrebbe impedito il trasbordo della povera Eluana Englaro ad Udine.

ALTRO CHE VILTA'

13/2/2019 - 22:59

AUTORE:
Francesco T.

L' iscrizione al GUF,( gruppo universitario fascista ) nel "42 vale ? E l' elogio dell' intervento sovietico in Ungheria nel "56 ? Casomai se li fosse dimenticati nella spiegazione a Di Battista.