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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
di David Allegranti
Un reportage tra le macerie elettorali della sinistra, per capire dove sta andando l’Italia

18/2/2019 - 23:35


Un reportage tra le macerie elettorali della sinistra, per capire dove sta andando l’Italia

C’era una volta una terra in cui il centrodestra era condannato all’opposizione e il tempo era scandito al ritmo placido delle feste dell’Unità. Nessuno scandalo nazionale o burrasca elettorale sembrava importante, nessuna alternanza era prevista: che il partito si chiamasse Pci o Pds, Ds o Pd, poteva andare sul sicuro perché lì, si sa, “votano tutti a sinistra”.

Poi un bel giorno tutto è cambiato. Alle elezioni del 2018 la cosiddetta “Toscana Rossa” ha perso nel giro di qualche mese i sindaci di Massa, Siena e Pisa, dove la Lega è cresciuta di quasi 25 punti percentuali in soli cinque anni. Nel 2019 si voterà a Livorno, finora amministrata dai Cinque stelle, e Firenze, banco di prova degli ultimi scampoli di renzismo. Intanto Susanna Ceccardi, giovane e agguerrita sindaca salviniana di Cascina, punta alle regionali del 2020, e c’è chi dice che rischia di vincerle.

Partendo da Pisa e allargando lo sguardo alle macerie rosse di tutta la regione, David Allegranti costruisce una rigorosa e documentata analisi di questa sconfitta che è anche un reportage di viaggio nel paese reale, qui dove gli edicolanti vendono più “La Verità” del “Manifesto” e dove le vecchie sedi del Pd vengono dismesse e cedute alla rampante sezione locale della Lega, qui dove gli anziani si rifiutano di affittare agli immigrati, i vecchi sindacalisti Cgil si candidano con la Lega e i parroci si sentono gli ultimi a resistere all’assalto, asserragliati nelle mense della Caritas sotto continuo attacco degli assessori leghisti. Perché il cambiamento non si ferma allo stile comunicativo di Salvini e non è nato dal nulla: è figlio della stanchezza e del senso di abbandono della gente, dei circoli Arci deserti che negli anni hanno perso la comunità che li animava.

Solo attraversando questa terra risvegliata da un torpore lungo cinquant’anni si può capire che cosa sta succedendo davvero a questo Paese.

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19/2/2019 - 0:34

AUTORE:
Allegranti&"Gipi"

https://www.ilfoglio.it/politica/2019/02/18/news/appunti-sull-italia-leghista-238416/?

18/2/2019 - 23:57

AUTORE:
Allegranti&Gipi Pacinotti

.... “Come si diventa leghisti” (Utet). Il nuovo libro di David Allegranti in libreria da domani, martedì 19 febbraio.

Il volume verrà presentato a Roma il 26 febbraio alla Feltrinelli di Largo di Torre Argentina, alle ore 18.30. Con l'autore interverranno Giuliano Ferrara e il fumettista e regista Gianni “Gipi” Pacinotti] (foto sotto)

Gipi ha cinquantaquattro anni ma sembra un ragazzo. Gipi abita a Roma, fuori dal raccordo, perché ha sposato una romana, ma odia Roma come me. Gipi dice che Roma ti fa diventare un mostro, arrivi qui e sei ligio alle regole e dopo un po’ non ti riconosci più. Gipi è di Pisa ed è sempre incazzato, ma non solo perché sta a Roma.

Abbiamo appuntamento per pranzo all’Osteria Cinti, dove lui è di casa. Sono appena in anticipo ma dopo poco eccolo che arriva, magro e dinoccolato come al solito. Camicia a righine, barba appena incolta, scende dalla Cinquecento e mi saluta sorridente, sorta di Dylan Dog in salsa pisana. Tutti lo salutano, “Ciao Gianni”, “Buongiorno Gianni”, “Oh, Gianni!”.

Oggi hanno pesce, quindi spaghetti alle vongole per due. L’energia famelica di Gipi mi contagia, per cui ordiniamo pure una frittura da dividere. Mi mette in guardia: “Oh, qui fanno un tiramisù che è la fine del mondo, tieniti uno spazietto”.

Gipi ha gli occhi che sorridono e s’accendono, non si distrae mai quando parli e si divora ciò che dici. Gli spiego il libro che sto scrivendo, parliamo dei leghisti che vincono a Pisa, la sua città. E come da copione si incazza. Perché Gipi è sempre incazzato, sì, ma ci sono alcune cose che lo fanno incazzare ancora di più. Tipo il deputato-assessore Edoardo Ziello che a maggio dell’anno scorso se l’era presa, in un post su Facebook, con la scuola Collodi di Pisa per “un ripugnante episodio di indottrinamento a danno dei giovani alunni”.

“Sì, ha scritto un post indignatissimo su Facebook perché alla Collodi di Pisa, la mia vecchia scuola, c’è stato un progetto di integrazione e una maestra aveva fatto una lezione dove aveva mostrato il rito della preparazione del tè che viene svolto nei paesi non occidentali. Questa cosa l’ha mandato fuori di testa. Ho visto questo post e mi ha fatto incazzare, soprattutto ci sono rimasto male per le centinaia di commenti di pisani a supporto di questa roba. Nella mia testa Pisa è un luogo di gioventù che non ho mai amato, non posso dire che fossi uno attaccato alla su’ città, però l’idea che fosse diventata quella roba lì mi andava ar culo”. Gipi ha mantenuto intatta la sua cadenza pisana. Non sono solo quei de’ che cadono ritmici alla fine delle frasi, è proprio tutto il suo modo di parlare a sembrare impermeabile per ora all’insidioso romanesco che tutti contagia, dentro e fuori dal raccordo.

Ma quindi i pisani sono diventati leghisti? “Non c’ho una risposta, però penso questo. Quando ero ragazzo e stavo lì erano tutti di sinistra. Non credo però che ci fosse una gran convinzione nell’esserlo a parte qualcuno. Era come se ci fosse un vento, le persone venivano mosse da quel vento. Io ero di sinistra di default”.

Eri? gli chiedo mentre il cameriere viene a portare il vassoio, le pinze di metallo appoggiate su una vera montagna di spaghetti e vongole.

“Penso di esserlo ancora sul piano dei diritti civili, dell’umanità, però son cambiato, sono invecchiato. Non lo so, la mia idea del mondo non è più quella che c’avevo un tempo. Quando ero ragazzo, tutti i miei amici erano di sinistra. Tutta la mia famiglia lo era… Va be’ la mia famiglia lo è ancora, penso. Ma essere di sinistra era la posizione di default e a meno che tu non andassi a cliccare su ‘cambia posizione politica’ c’avevi quella. Nascevi con quella e stavi con quella. Oggi io penso che ci sia un vento opposto. Da dove viene quel vento lì? Sicuramente dalla crisi economica, non c’è neanche bisogno di ridirlo, ma secondo me viene tantissimo anche dai media”, dice Gipi mentre risucchia una vongola, vorace.

“Io, guarda, ce l’ho a morte con i Santoro e compagnia bella per la narrazione
che hanno fatto per anni, che è quella che ha portato all’antipolitica totale.
Il racconto del ‘sono tutti ladri, sono tutti delinquenti’ non è che l’hanno fatto i Cinque stelle,
è stato fatto prima. E’ stato costruito prima. Da Tangentopoli in poi”

Beve un sorso d’acqua, poi continua: “Io, guarda, ce l’ho a morte con i Santoro e compagnia bella per la narrazione che hanno fatto per anni, che è quella che ha portato all’antipolitica totale. Il racconto del ‘sono tutti ladri, sono tutti delinquenti’ non è che l’hanno fatto i Cinque stelle, è stato fatto prima. E’ stato costruito prima. Da Tangentopoli in poi”.

E’ per questo che i pisani sono diventati leghisti? “E’ una reazione, non è che sono diventati leghisti. Non credo che le persone siano così stupide da avere una fiducia reale in qualcuno che prima diceva “prima la Padania”, “separiamoci dall’Italia”, “beviamo l’acqua del Po”, “a morte i terroni”, e ora dice “prima gli italiani”. Cioè è chiaro che ti sta pigliando per il culo, no? Di fondo è una presa per il culo. E quindi è evidente che abbracciano quell’idea lì come reazione. Ma che la politica è merda e tutti i politici sono ladri viene da lontano”.

Gipi dice che fa tanta fatica a distinguere i Cinque stelle dalla Lega. Diresti che sono di destra? “No, io direi che sono degli estremisti e che sono estremisti sia di destra che di sinistra. Prendono il peggio della destra e il peggio della sinistra. Non me la cavo facilmente come fanno tanti dicendo che sono dei fascisti. Mi suona come una semplificazione. Che poi ci siano degli atteggiamenti fascisti non c’è dubbio”.

Dare dei fascisti indistintamente è dunque comodo? “Comodo e dà scarsissimi risultati secondo me”. L’antifascismo secondo Gipi dovrebbe essere una base comune per tutti, data per scontata. Ma non può essere un programma politico, “anche perché soprattutto ai giovani dice poco, purtroppo per l’amor del cielo. Ora non voglio fare quello che dice “belli i mi’ tempi”, anche perché credo che i bei tempi non siano mai esistiti. Da anziano mi viene solo da parlare in termini di efficacia”.

Anziano? “Ho cinquantaquattro anni, de’. Solo in un mondo distorto posso passare per un quasi giovane”.

Gli chiedo se alcuni pisani in fondo non si siano già pentiti, come quelli che a sinistra votavano per Di Pietro. “Oh, ’osa vòi? Anche io una volta ho votato Di Pietro”.

Ah sì? “Ti giuro, una cosa di cui ora mi vergogno tantissimo”.

Ma quando? “Mille anni fa”.

E lì cosa ti aveva affascinato? “La mia ignoranza” mi dice, e ridacchia arrotolando gli spaghetti intorno alla forchetta. “Ero stupido. Guarda, io non mi sono mai occupato di politica, infatti mi sento anche in imbarazzo a parlarne. Sono sempre stato fuori dalla società, dalla società degli uomini. Nel senso che sono stato un tossicomane da ragazzo – un tossicomane all’acqua di rose, eh –, un mezzo delinquente, a ventun’anni ero in galera, ho sempre visto nella società che avevo intorno come un nemico da evitare; non da combattere, da starne più lontano possibile. Non avevo nessuna cultura politica. Nonostante le mie sorelle in realtà ne avessero, perché hanno dieci anni più di me, Lotta Continua e tutta questa roba qua. Quindi è arrivata Tangentopoli, io ero tra quelli che dicevano ‘tutti al muro’, ‘tutti al muro’. Perché per me era lo Stato che dimostrava quanto faceva schifo. Era una posizione chiaramente da deficiente. E quando Di Pietro si candidò la prima volta io dissi: andate tutti affanculo, io voto lui. Se c’era il Movimento 5 stelle in quegli anni io avrei potuto votare – mi sento male a dirlo – uno di quelli. Perché c’avevo questo atteggiamento qui. Non sapevo un cazzo di nulla, reagivo di pancia alle robe. Fine”.

Rido. Ride anche lui, allarga le braccia: “Non posso mica dire che ero furbo, eh”.

Quindi possono averlo fatto altri questo errore? “Secondo me sì”.

Per ignoranza? “Sì però senza dare un valore negativo a quell’ignoranza. In un paese migliore di questo, i mezzi di informazione avrebbero quasi in automatico colmato quelle lacune. Ora, non dico che le persone devono andare in biblioteca – io non ci vado in biblioteca, penso di non esserci mai andato in vita mia. Dico però che se sei circondato da parole logiche e razionali forse il tuo modo di pensare si muove in una direzione di ricerca di logica e razionalità. Se sei circondato da voci di irrazionalità e furore non mi stupisco che poi uno vada alla ricerca di irrazionalità e furore. Ma non credo che i cittadini che vengono definiti ignoranti siano delle merde. E’ che le persone fanno la loro vita, c’hanno i loro cazzi, i figlioli, le malattie. C’hanno altro a cui pensare. Per cui in uno stato migliore, questo tipo di formazione sarebbe una formazione soft, che arriva perché quando accendi un telegiornale non c’hai dei talk show in cui la gente sbava e urla e invitano il più coglione solo perché gli fa ascolto”.

Va molto di moda il filosofo sovranista Diego Fusaro. “Bellissimo ragazzo”, dice con un guizzo Gipi. “Ma anche tutti gli anni di governo Berlusconi e di mentalità berlusconiana hanno fatto il loro porco lavoro, eh”.

C’è un bel sole all’Osteria Cinti, entra dai vetri e scalda, fa rimpiangere di non essere seduti fuori all’aperto. L’estate Roma non sembra volerla lasciare proprio mai.%