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Nei giorni 26-27-28 aprile verranno presentati manufatti in seta dipinta: Kimoni, stole e opere pittoriche tutte legate a temi pucciniani , alcune già esposte alla Fondazione Puccini Festival.Lo storico Caffè di Simo, un luogo  iconico nel cuore  di Lucca  in via Fillungo riapre, per tre mesi, dopo una decennale  chiusura, nel fine settimana per ospitare eventi, conferenze, incontri per il Centenario  di Puccini. 

. . . per questo neanche alle 5. 50 prima di colazione. .....
. . . alle nove dopocena non ciai (c'hai) da far altro? .....
. . . il plenipotenziario di Fi, Tajani, ha presentato .....
Ieri 19 Marzo ci ha lasciato un Vs. concittadino Renato .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Il sole nutre
col suo splendore
il croco il bucaneve
la margherita. . .
Il cuore
cancella il dolore
se alimentato dall'amore
essenza della vita
Quando .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
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Le case di piacere nel ‘700 in piazza delle Vettovaglie

18/5/2019 - 16:37


Quando Lorenzo il Magnifico, intorno al 1460, decise di costruire lo Studio pisano - l’odierna Sapienza — occupò per questo scopo l’area chiamata piazza del Grano (Emilio Tolaini ci ricorda che era pavimentata e aveva ventidue botteghe) trasferendone le funzioni commerciali nella piazza dei Porci (l’attuale piazza delle Vettovaglie). L’usufrutto della nuova piazza del Grano, come molti altri terreni ed edifici della curia, andava all’Opera della Primaziale, un ente benemerito per molte opere ma che non si faceva certo scrupolo che nelle sue proprietà, in quella piazza, vi fosse anche il nucleo principale dei bordelli cittadini.

Fu soltanto nel 1771 che le case vennero liberate da quelle signore compiacenti e dai loro frequentatori e la piazza acquistò una più precisa connotazione commerciale prendendo la definizione ufficiale, e attuale di Piazza delle Vettovaglie.

Il  Granduca Pietro Leopoldo di Lorena colse l’occasione di questi cambiamenti per estromettere con atto d’imperio l’Opera dalla proprietà dell’area e dall’imbarazzante usufrutto.
ln tempi moderni la piazza ha avuto personaggi memorabili.

Prima di sfociare in Borgo Stretto, c’era Berta, la donna delle sigarette di contrabbando, per decenni un altare al costume di un’epoca. Si sta parlando della piazza del secondo dopoguerra, quando Berta teneva la stecca delle Lucky Strike e delle Chesterfield sotto un grande grembiule nero e da lì, con mossa rapidissima preceduta da occhiate acute e circospette (la Finanza è sempre esistita), la mollava al cliente. Uno dei tragitti canonici sulla piazza del cliente-tipo di Berta era il seguente: la frutta dalla baronessa (della quale fra breve parleremo), il pane da Bufalini, una fetta di gorgonzola con la goccia al chiosco di Renato, un etto di soppressata tagliata a mano da Marinelli.

È una breve antologia di nomi che furono grandi perché rimasti nel costume della città per chi sappia o voglia ricordare.
ll banco della baronessa — uno dei personaggi-principe della piazza — era una sorta di lstat sulle condizioni economiche del pisano medio. Era lei che faceva i prezzi. E quando nel ’47 strillava "Oggi le ciliege le possono comprare anche gli statali" significava che la produzione da Lari era stata copiosa e che il costo era un po’ calato.
Sull’angolo c’era un chiosco che vendeva salumi e formaggi. Lo gestiva Renato — mai conosciuto il cognome perché Renato era Renato e basta —, un omino di bassa statura, rotondo, forse di origine emiliana. Il suo gazebo aveva una bella clientela, i prodotti erano di buon livello, non inferiori a quelli dei Falciani, la grande pizzicheria di via Palestro. Renato doveva essere un uomo ambizioso. infatti fece studiare il figlio da medico, e quando questi fu nominato chirurgo a Reggio Emilia chiuse il chiosco e di lui non si seppe più niente. Ma era stato su quell’angolo della piazza a vendere gorgonzola e mortadella per quarant’anni.

Troppi nomi rischiano di passare in seconda fila in questa veloce carrellata. I Cesqui pizzicagnoli, i "Boccalino" pesciaioli, il Bufalini panettiere, il "Frate" verduraio, Tripoli pasticcere, Giusti mesticheria: tutti, con il massimo onore, parte della storia della piazza di quegli anni. Ma se devo soffermarmi su un altro nome non posso trascurare Marinelli, sotto la volta verso piazza Garibaldi. Nessun bottegaio è mai stato, e mai sarà più, come il "professor" Marinelli. Indossava   un camice bianco candido come si trattasse di un chirurgo del Santa Chiara, aveva capelli argentati, portava occhiali d’oro, aveva una distinzione innata, inusuale per un norcino. Possiamo dire che per decenni Marinelli abbia reso sublime la sua professione. Fermarsi ad acquistare la soppressata tagliata a mano da Marinelli non era acquistare la soppressata ma essere parte di un rito di squisita eleganza, un’operazione di alta chirurgia eseguita da un luminare del bisturi. Marinelli, personaggio inimitabile nella storia della piazza ma anche della salumeria universale dove l’animale porco era sublimato in divinità.
E poi, a nord e a sud della piazza c’erano due miti del costume pisano:
Il Montino verso i Cavalieri e Nilo verso l’Arno.

Ma queste sono altre storie, altre emozioni.

Che racconteremo un’altra volta.

 
Tratto da “Storie, personaggi e immagini di casa nostra”, a cura di Mario Mannucci con  i contributi di Renzo Castelli (questo capitolo) e di Giuseppe Meucci e Paolo Vestri.

 
Ediz. Tagete Bandecchi  &Vivaldi , Pontedera, anno 2012

 
 

 
 

 
 

 
 

 
 

     
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