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Nei giorni 26-27-28 aprile verranno presentati manufatti in seta dipinta: Kimoni, stole e opere pittoriche tutte legate a temi pucciniani , alcune già esposte alla Fondazione Puccini Festival.Lo storico Caffè di Simo, un luogo  iconico nel cuore  di Lucca  in via Fillungo riapre, per tre mesi, dopo una decennale  chiusura, nel fine settimana per ospitare eventi, conferenze, incontri per il Centenario  di Puccini. 

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Pisa, 17 marzo
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Comune di Vecchiano
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. . . quello che si crede sempre il migliore, ora .....
. . . la merxa più la giri, più puzza e te lo stai .....
. . . camminerebbe meglio se prima di fare il tetto .....
Ad un grosso trattore acquistato magari con l'aiuto .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
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La situazione sanitaria a San Giuliano un secolo fa.

10/3/2020 - 19:21


[…] Abbiamo già visto nei capitoli precedenti come la costruzione di un acquedotto venisse considerata fondamentale — fin dalla fine dell’800 - per prevenire le epidemie di tifo. Ma il tifo non era l’unico nemico con cui dovevano combattere le popolazioni. Nel Regolamento comunale del 1901 sono elencate le malattie che avrebbero obbligato la disinfestazione dei locali in cui fosse avvenuto un decesso a seguito di malattia contagiosa: “Scarlattina, Vaiolo e Vaioloide, Difterite e Croup, Tifo esantematico, Febbre tifoide, Colera asiatico, Febbre puerperale, Tubercolosi polmonare, Polmonite, Erisipela”.
Il controllo medico era affidato a medici condotti scelti e pagati dall’amministrazione comunale. Madonna dell’Acqua con ogni probabilità faceva parte della condotta medica di Arena, la quarta tra quelle comprese nel territorio di Bagni di San Giuliano. […]
[…] Fatto è che i medici condotti continuarono ad essere scelti dal consiglio comunale, anche il medico che in quegli anni prese servizio a Arena, e quindi a Madonna dell’Acqua. Dopo che Pietro Luigi Sbragia aveva dato le dimissioni, nel gennaio 1886, la condotta fu affidata, ad interim, a Pirro Forti, cui viene anche data la “facoltà di risiedere al Pontasserchio, non essendovi in Arena presentemente località adatta per risiedervi". (La difficoltà di trovare medici “residenti” deve essere frequente, se nel 1891 il consigliere comunale cav. avv. Francesco Grassini rilevava  “che dalla morte del compianto Dottor Francesco Castelli non si è più trovato un medico che alligni a San Giuliano”)
Intanto il consiglio comunale aveva indetto il concorso per rimpiazzare il vecchio medico. Si candidano Forti e Annibale Tazioli. La scelta, nell’ottobre 1886, cade su Forti, considerato anche  “che non sono stati avanzati reclami di sorta dalle popolazioni”. Il suo stipendio annuo sarà di 1.200 lire; sensibilmente più basso del medico condotto di Molina di Quosa che, dal 1872, oltre allo stipendio riceveva 300 lire come indennità per “la cavalcatura in monte, essendo la popolazione di quella condotta situata in parte in piano e in parte in monte”.

Anche il dottor Pirro Forti, però, ebbe la sua indennità. Sicuramente non ne furono felici le popolazioni che assisteva. Chiese infatti il rimborso  “per le numerose spese che ebbe ad incontrare in occasione della grave epidemia tifica”. L’on. Ulisse Dini, nel consiglio comunale del 4 settembre 1891, trovò la richiesta giustificata considerando “che effettivamente l’infezione tifica nella Frazione di Arena per la sua vicinanza con Pisa prese proporzioni eccezionali e che se il Sig. Forti non avesse aumentato in modo straordinario il suo lavoro, incontrando per questo anche certe spese straordinarie, sarebbe stata indispensabile l’opera di un Medico supplente”. La proposta di Dini venne votata due volte: la prima nel merito, con un solo voto contrario sui sedici presenti; la seconda per la forma in cui era presentata, con quattro voti contrari (e ci rimane la curiosità di sapere perché, in entrambi i casi, il consigliere Antonio Crudeli si astenne). Altro tipo di indennità era quella destinata ai medici che prestavano servizio in condotte dove particolarmente alto era il numero di poveri, ceto poco solvibile. E il problema di Bagni San Giuliano (o meglio: dei medici di Bagni San Giuliano) era che nessuna delle condotte comunali aveva un numero tale di poveri da consentire al medico condotto di ricevere l’indennità, sebbene una ricerca mostri come il numero dei poveri fosse abbastanza significativo, in termini sia assoluti che percentuali.
Ma per accontentare i medici, che lavoravano “in condotte mediche di vastissimo territorio, non intersecate da comode vie di comunicazione, tenuto conto del costo altissimo che hanno i generi indispensabili pel mantenimento di un cavallo e del personale di custodia” il commissario prefettizio decise di concedere a tutti l’indennità-poveri.
 Come è ormai chiaro, da un punto di vista igienico e sanitario un secolo fa Madonna dell’Acqua, ma ovviamente anche Bagni San Giuliano (e buona parte d’Italia) aveva gli stessi problemi che ora hanno paesi africani o asiatici. Quello che colpisce è come la scienza medica fosse già a conoscenza degli strumenti igienici e profilatrici che permettevano di arginare, se non impedire, lo sviluppo delle epidemie. Ma come nei cosiddetti paesi in via di sviluppo, mancavano, a quanto pare, le risorse economiche per prevenire le epidemie. Si sapeva che la disponibilità di acqua potabile sarebbe stata un valido antidoto contro il tifo, ma ci vollero decenni per portare una condotta d’acqua in ogni frazione del comune. E gli amministratori si dimostrarono riluttanti anche quando le spese da affrontare sarebbero state di gran lunga inferiori. È il caso della richiesta fatta dall’ufficiale sanitario comunale in un rapporto del 24 febbraio 1899, quando osservava che: “sarebbe massima necessità che il Comune si provvedesse di due carretti con coperta di lamiera e zinco per il trasporto delle biancherie infette e disinfettate e provvedere a detto trasporto onde non incorrere nel fatto lamentato che le persone interessate non portino gli oggetti da disinfettare alla stufa”. Si trattava cioè di dotare il comune di uno strumento che permettesse di disinfettare la biancheria a chi avesse avuto un congiunto morto di malattia contagiosa. E nel rapporto dell’ufficiale sanitario si intuisce che probabilmente nessuno (per ignoranza, per povertà) si preoccupava della disinfestazione. Il presidente del consiglio comunale, il cav. avv. Luigi Camici-Roncioni, si dichiara favorevole alla richiesta del medico, in quanto “l’acquisto di questi due carretti importa una lieve spesa”. Sembrerebbe cosa fatta, ma a questo punto interviene il cav. avv. Giuseppe Gambini che, pur concordando sul fatto che la spesa sarebbe cosa da poco, si dice timoroso “che poi volendo impiantare sul serio questo servizio, sia pure necessario, si vada incontro ad una spesa grossa che il Comune non può sopportare”.  E in questa frase è facile individuare più d’un vizio italiano. Si dice che il servizio è “necessario” (e si intende che è necessario per tutti), ma, nello stesso tempo, si teme “la spesa grossa” nel caso  si voglia  “impiantare sul serio questo servizio”, lasciando intendere che i  servizi si possono deliberare, promettere, inaugurare, ma che farli funzionare sul serio è un altro paio di maniche.  Considerato che non si poteva bollare come inaccettabile la richiesta dell’ufficiale sanitario, ma non la si voleva accettare, si decide di rimandare la decisione. Il consigliere cav. dott. Oscar Tobler “propone di rinviare quest’affare alla discussione del bilancio pel 1900”, ma Gambini riprende la parola per posticipare ulteriormente la decisione al momento in cui sarà compilato “il regolamento relativo per il servizio delle disinfezioni”. Il regolamento comunale fu approvato dal Consiglio provinciale sanitario il 26 luglio 1901, circa un anno e mezzo dopo il rapporto dell’ufficiale sanitario di Bagni di San Giuliano. Non si fa menzione dei carretti per portare la biancheria alla stufa ed è previsto che ogni servizio sia effettuato a pagamento. Si prevedeva un costo di dieci lire “per la disinfezione di una stanza con carta alle pareti, tappeti, tende alle finestre alle porte e contenente oggetti che non si possono disinfettare né per mezzo delle comuni soluzioni antisettiche né con stufa Abba Rastelli”. Per “una stanza apriva di carta alle pareti, senza tappeti ed oggetti di valore” il costo della disinfestazione era di 2,5 lire, mentre per “un gabinetto da cesso, compreso il relativo serbatoio” si spendevano 2 lire. Erano esentati “dal fare eseguire la disinfezione a cura del Municipio coloro che giustificheranno di avervi soddisfatto mediante dichiarazione  per parte del Medico curante della persona defunta salva la piena facoltà per parte dell’ufficiale Sanitario Comunale di assicurarsi che tutto sia stato effettivamente adempiuto secondo le prescrizioni comunali”[…]


Tratto da “Madonna dell’acqua, la sua storia” a cura di Andrea Zanotto, Franco Paliaga, Mario Noferi, settembre 2008 Montelupo Digital
 
 
 

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