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TOSCANA-Pistoia
Pistoia e i Rospigliosi: una famiglia nel nome dell'arte e della musica

27/8/2020 - 20:53

Pistoia e i Rospigliosi: una famiglia nel nome dell'arte e della musica

CULTURA E SPETTACOLO
17:06, 27/08/20
di Giulia Baglini

Il racconto della storica pistoiese Francesca Rafanelli Maffucci, dai due rami "cugini" a Papa Giulio Rospigliosi

Originari di Milano, con radici a Lamporecchio e Pistoia, infine trapiantati a Roma. Con i Rospigliosi si parla di una nobiltà operosa che ha dato molto prestigio alla nostra città e che ha tracciato un lungo cammino di imprese nelle attività più disparate: dall’agricoltura al commercio, dall'industria alla magistratura, fino a generare quel Papa Clemente IX, nato Giulio Rospigliosi, che è passato alla storia per essere stato un Pontefice animato da un’autentica carità cristiana (tanto da ospitare ogni giorno alla sua tavola 12 poveri) e da una vocazione altrettanto forte per l’arte, l’architettura, la poesia e la musica.
La famiglia Rospigliosi è uno dei principali ambiti di studio e di interesse per Francesca Rafanelli Maffucci, storica dell’arte nata a Pistoia nel 1977 e specializzata in biblioteconomia ed archivistica presso la Scuola Vaticana. Dopo aver svolto attività di catalogazione nei beni artistici della Diocesi di Pistoia, attualmente lavora nella Rete documentaria della provincia di Pistoia, come bibliotecaria in alcune biblioteche della Montagna Pistoiese e come catalogatrice di manoscritti, libri antichi e moderni presso la Biblioteca Leoniana. Un altro ambito in cui ha investito molte risorse, con numerose pubblicazioni, è la storia della famiglia Tronci, il cui fondo è conservato nell’Archivio di Stato di Pistoia. Inoltre collabora, come archivista, con la ditta del marito Samuele Maffucci, che si dedica da anni al prezioso lavoro di conservazione e restauro degli organi storici.
Il racconto di Francesca appare subito intriso di umanità e di empatia verso gli illustri personaggi di questa importante famiglia. Una percezione che viene confermata dal modo in cui lei interpreta e svolge il suo lavoro: “Mi è capitato di vedere che, talvolta, nei restauri di opere antiche si tende a dimenticare le persone, a non dare la dovuta importanza al fatto che dietro ad ogni opera materiale c’è la mano e la mente di una persona. E’ fondamentale indagare sulle vite dei personaggi storici, solo così si riesce anche a capire compiutamente la natura delle loro attività e il motivo per cui certe scelte sono state preferite rispetto ad altre”. E’ per questo che i Rospigliosi, così come vengono raccontati da Francesca, riusciamo a sentirli vicini a noi, soprattutto quando ci parlerà degli ultimi anni di vita di Giulio Rospigliosi.
Le origini della nobile casata pistoiese, il cui motto è Omnia a Deo ('Tutto viene da Dio'), sono da ricercare nel XII secolo, quando Ridolfo Rospigliosi, forse per sfuggire all’Imperatore Federico Barbarossa, da Milano si stabilì a Lamporecchio. Qui, la famiglia acquisì delle proprietà terriere e costruì una casa di campagna: era il primo nucleo della Villa Rospigliosi, a Spicchio, vicino a Lamporecchio.
Accolse la famiglia in fuga dalla Lombardia, quando ancora non aveva la possibilità di acquisire un palazzo in città. Lo stesso accadde con i Poggi Banchieri, che in principio risiedevano a Santonuovo. Una volta acquisito pienamente il titolo nobiliare si andava a risiedere in città e quella che era la dimora di campagna veniva ampliata e migliorata e diventava una villa. In particolare, i Rospigliosi ottennero i primi titoli nobiliari agli inizi del XIII secolo, trasferendosi poi a Pistoia nel 1315.  Più tardi cominciarono ad imparentarsi con altre famiglie nobili, come i Poggi Banchieri e i Panciatichi. Secondo la prassi dell’epoca, stipulare matrimoni era funzionale al mantenimento dei patrimoni ed all’aumento del prestigio di ogni casata.
Della famiglia si contano tre rami: il ramo di Via del Duca, di cui faceva parte Giulio Rospigliosi, il ramo di Ripa del Sale e il ramo di San Bartolomeo, che si è estinto nella seconda metà dell’800. Il ramo di via del Duca è confluito nei Pallavicini e il ramo di via del Sale è ancora presente in parte a Prato.
Al ramo di Ripa del Sale si deve la costruzione del Palazzo Rospigliosi, nato alla metà del XVI secolo per volontà di Giovan Battista Rospigliosi, che condivideva con il cugino Giulio il gusto per l’arredo barocco. Oggi il palazzo è composto da due distinti musei: il Museo Clemente Rospigliosi e il Museo Diocesano. E’ questo il lascito dell’ultimo discendente del ramo di Ripa del Sale, Clemente Rospigliosi, morto nel 1981, il quale scrisse nel suo testamento che il palazzo doveva essere lasciato alla Cattedrale di Pistoia e che l’appartamento denominato di Papa Clemente IX doveva diventare un museo. Il sontuoso arredo seicentesco che oggi abbiamo la fortuna di ammirare era stato infatti allestito per ospitare degnamente il papa pistoiese, di passaggio in città, ma tale soggiorno non è documentato. A Pistoia tornò pochissime volte, ad esempio nel 1653, di rientro dalla Nunziatura in Spagna, quando ancora non era stato nominato al soglio pontificio. Tra mobili elaborati, pareti tappezzate di damasco, soffitti a cassettoni e affreschi, emerge la quadreria del pittore pistoiese Giacinto Gimignani, artista coevo a Papa Clemente IX e che i Rospigliosi hanno sempre tenuto in grande considerazione, permettendo che le sue opere arrivassero fino a noi.
Giulio Rospigliosi, come detto, fu anche un mecenate che espresse una vocazione molto forte per la musica, tanto che, prima di essere eletto Papa, scrisse diversi libretti di opere melodrammatiche per i compositori dell’epoca e diventò uno degli autori più in vista del teatro musicale romano. Come accaduto per il Palazzo Rospigliosi e il suo patrimonio architettonico, si è deciso di non disperdere l’enorme produzione musicale del Papa pistoiese ed anche di ricercare manoscritti, spartiti musicali e libretti d'opera di secoli più vicini a noi, come il XIX e il XX secolo.
La ricerca e la raccolta di tutte queste opere si deve a Giovancarlo Rospigliosi, altro rappresentante del ramo di Ripa del Sale, vissuto tra la seconda metà dell’800 e i primi anni del ‘900. E’ stato proprio il ramo di Ripa del Sale, che pur non essendo formato da diretti discendenti del Papa, si è sentito in dovere di portare avanti la memoria della famiglia. Gli inventari redatti da Giovancarlo hanno dato vita a una collezione di 4668 elementi, che nel 1982, sempre grazie a una donazione di Clemente Rospigliosi, sono confluiti nel Fondo Musicale Rospigliosi, conservato in parte alla Biblioteca Forteguerriana e in parte all’Archivio Capitolare.
L’amore per la musica della famiglia Rospigliosi e del suo esponente più illustre, ha reso possibile lo sviluppo di una delle eccellenze pistoiesi: l’arte organaria. Francesca Rafanelli ci tiene a ricordarlo: la presenza in città del preziosissimo organo Hermans, si deve alla famiglia Rospigliosi. Willem Hermans, organaro e gesuita olandese, era una persona molto riservata che non amava viaggiare e spostarsi, ma non potè dire di no alla famiglia Rospigliosi e al cardinale che di lì a poco sarebbe diventato Papa: venne a Pistoia e in soli otto mesi costruì l’organo che porta il suo nome. L’organo si trova nella Chiesa dedicata a Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù: fu edificata nel 1647 per volere del ramo del Papa, quello di via del Duca, che si trova a pochi passi da Piazza dello Spirito Santo, il nome popolare con cui la chiesa è conosciuta. Lo testimonia un’iscrizione in latino sulla controfacciata.
Da quel momento in poi, sottolinea Francesca, cambierà il modo di costruire gli organi a Pistoia: partirà l’impresa dei Tronci, di cui gli Agati furono apprendisti, andando a creare un’attività parallela ma distinta e fondando la Ditta Agati-Tronci nel 1883, di cui i Tronci furono da subito i proprietari. Entrambi si erano formati grazie alla famiglia lucchese dei Caciolli, che avevano scelto Pistoia come sede della loro attività.
I magnifici interni barocchi della Chiesa dello Spirito Santo sono opera di Gian Lorenzo Bernini, chiamato da Roma nel 1668 da Papa Giulio Rospigliosi: ad un anno dalla sua elezione a Pontefice gli commissionò la progettazione dell'altare maggiore. Il Papa pistoiese aumentò anche il prestigio della chiesa e del convento di San Domenico, dove riposano i suoi genitori, Girolamo e Maria Caterina: i loro monumenti funebri, insieme a quelli di altri membri della famiglia Rospigliosi, portano ancora la firma del Bernini e della sua bottega.
I due angeli che questo grande scultore e architetto napoletano, maestro del barocco romano, fece realizzare per la Chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, le cui copie adornano oggi il ponte di Castel Sant’Angelo, avrebbero dovuto prendere la via di Pistoia. La morte improvvisa del Papa, avvenuta nel 1669, mise per sempre la parola fine a questo progetto artistico, ma soprattutto lasciò nella memoria dei pistoiesi il ricordo di un uomo che era arrivato ai vertici della Chiesa ma che era sempre rimasto profondamente legato alla sua città natale e in particolare alla Villa di Lamporecchio, che lo stesso Giulio aveva fatto ristrutturare, sempre affidando i lavori al Bernini. Nelle sue ultime lettere al fratello Camillo, Giulio chiede infatti di essere tenuto informato sullo stato della tenuta e sulla salute degli animali e manifesta il desiderio di tornare a morire a Lamporecchio. Un desiderio che non riuscì a realizzare, suscitando molta commozione nel popolo pistoiese e anche in chi ascolta la sua storia ai giorni d’oggi.


Si ringrazia Simone Magli per le foto, tratte dal Museo Rospigliosi e dalla Chiesa dello Spirito Santo


Fonte: Giulia Baglini
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