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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
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“Rosso di sera” di Ico Gattai, ne parlo con Paolo Fontanelli
di G.Santoni

11/7/2021 - 8:50



Incontro Paolo Fontanelli e ne traccio subito una piccola biografia senza rispettare la cronologia: Segretario del PCI negli anni della svolta; Sindaco di Pisa; Assessore regionale;  Capo del cantiere  della mitica festa nazionale del PCI nel 1982; Segretario della Federazione Giovanile Comunista  pisana  negli anni in cui il mondo esplodeva; Parlamentare; Segretario comunista in Valdera a gestire il conflitto contro la delocalizzazione della Piaggio.


Togliattiano di formazione per via berlingueriana, come lui tiene a sottolineare e teorico del primato della politica. Sposato giovanissimo, padre a vent’anni e da subito funzionario, quando i funzionari erano l’asse portante del Partito Comunista. Autodidatta, colto e studioso dei problemi, lavoratore indefesso. Appassionato di calcio giocato, tant’è che ancora dopo i sessant’anni si scapicolla dietro un pallone. Di poche parole. Tosto quanto basta in politica, amico nella vita privata. Uno che se gli telefoni e non ti risponde, entro la fine della giornata ti richiama. E non tutti lo fanno.


Conosco Fontanelli fin da ragazzo. Prima di fama e poi personalmente. Io giovanissimo studente militante di Lotta Continua e lui già dirigente provinciale. Poi nel tempo condividendo lo stesso partito, abbiamo fatto i Sindaci nello stesso periodo: lui a Pisa ed io a San Giuliano Terme. Questo ha permesso di conoscerci meglio condividendo scelte amministrative comuni.
In seguito ho rifiutato una sua proposta, sulla quale ancora oggi rimugino.


Pochi anni fa abbiamo fatto anche qualche cena romana, lui era parlamentare ed io membro della commissione parlamentare sui migranti, rievocando con piacere e una punta di tenerezza gli snodi cruciali della politica, soprattutto quella pisana.
Alberto Paolicchi, Sindaco di San Giuliano Terme negli anni d’oro, intervistato un paio di mesi fa e suo capo di gabinetto sia in Regione che in Comune ha detto di lui:- L’unico che fa ancora politica a Pisa.-
 
-Gli chiedo cosa ha fatto più volentieri nella sua carriera e lui precisa:
-Innanzitutto non ho mai scelto quello che ho fatto, ma sono sempre stato chiamato a ricoprire incarichi da chi è preposto politicamente a decidere. Anche quando mi chiesero di candidarmi a Sindaco di Pisa non l’avevo scelto io. Stavo bene dov’ero e precisamente facevo l’assessore alla Protezione Civile dove avevo gestito l’alluvione in Versilia con risultati positivi evidenti. Ma accettai rispettando la “regola politica” che mi aveva formato. Ora posso dire con certezza che nessun’altra esperienza è stata intensa e bella come quella del primo cittadino della tua città.


- E su questo ho anch’io esperienza per concordare.
Lo incontro per ragionare del libro “Rosso di sera” che  Ico Gattai  ha scritto per la casa MdS  di Avane, uscito nel marzo scorso in piena restrizione da virus. 
-Per me un libro poetico-gli dico al volo- Già il titolo e la copertina di Carmine Santangelo valgono l’acquisto. Una favola deliziosa, a me piace definirla in questo modo-.
E continuo facendo una premessa sullo scrittore, al quale non nascondo di volere molto bene.
-Ico è un talento puro- dico senza filtri.
 Lui ride e aggiunge
-Certo ! Sicuramente unico e fuori dalle regole-
Insisto
- La storia che lo inquadra nella figura del cantante “figlio” del mitico Freak Antoni mi pare un’ inutile forzatura. Ico è Ico: un Patafisico!-  E così ci siamo giocati la definizione per becchi fini.  E’ il vero ed unico rappresentante sulla piazza pisana della “scienza delle soluzioni immaginarie”. Poi  è anche altre cose,  per  esempio uno dei pochi della sua generazione che conosce ed ama la storia della Sinistra  politica pisana nei suoi mille rivoli. Insegue i fili rossi, conosce gli strappi e le toppe, i nodi, a volte anche quelli scorsoi. Parliamo del suo libro: Rosso di sera e capiremo meglio l’autore.

 

Chiacchieriamo seduti all’aperto in San Martino a Pisa, rispettando le norme. Non è facile cominciare.  La gente passa, riconosce Paolo e gli chiede della giunta. Lui ha una parola per tutti. Una parola sola, non è mai stato generoso di parole, ma una per tutti c’è. Non è cambiato.
 Ora è ormai tempo di rompere il ghiaccio sul serio. Si parte dai libri che stiamo leggendo, Paolo è un lettore professionista. Ci appassioniamo anche a ragionare dell’universo culturale pisano. Delle potenzialità dei gruppi che hanno poca visibilità, ma talento da vendere e vaffanculo le chiacchiere su questa giunta che non ci piace, come non ci piace il contorno.  Poi si finisce sul campionato. Io gobbo (della Juve) e lui intertrista  (interista), ma piano  si entra nel vivo.
Oggi è dura- mi dice secco, guardandomi dritto negli occhi- sarà una lunga risalita. Siamo davvero al Rosso di sera. Il titolo del libro è perfetto.-


-Ora che il riscaldamento è finito entriamo in partita allora, dammi subito un giudizio al volo su questa lettura.-
-Sul piano letterario mi astengo, non ho i numeri. Però mi sono sentito interessato e divertito, perché parla di un periodo centrale della mia vita, di luoghi e episodi che ho vissuto direttamente, con una buona dose di allegria e di ironia. E c’è pure la sorpresa.


-Si può definire agenda dell’anima? Per me lo è. Uno si mette il libro in tasca e gira la città con la testa all’ indietro.-
-Non saprei. Però è evidente che nel romanzo ci sono tanti elementi collegati all’esperienza personale di Ico  Gattai e ai rapporti con altri.  Ci sono impressioni che vengono dai racconti di un certo mondo della sinistra pisana che aveva una posizione preconcetta verso il PCI.  Ico li riprende con un duplice atteggiamento: da una parte l’ironia e dall’altra l’attrazione, per un partito che comunque rappresentava il mondo del lavoro.


Lo incalzo- Non ti scordare che Lotta Continua nel 1975 dette indicazione di votare Partito Comunista. Ma il tuo partito non colse l’opportunità di avvicinarsi.
-E’ vero la tensione con i partiti cosiddetti ì rivoluzionari” era fortissima. La politica di De Felice era quella di assorbire e non inseguire la domanda di cambiamento, per trasformarla in proposta politica. Chi non ci stava e faceva continue fughe in avanti era “contro”.  Ma era una fase segnata da rigidità e manicheismo  che vista oggi fa riflettere e dovrebbe essere studiata.


-I protagonisti. Gibbi, l’amico, la moglie. Quanta realtà c’è in questi personaggi? E secondo te oggi quei personaggi cosa sono diventati?
-Figure con le caratteristiche dell’amico e della moglie, nella politica e nel sistema mediatico, ci sono ancora oggi. Basta osservare. Personaggi come Gibbi, che tra l’altro ha un certo tasso di contraddittorietà, non ne vedo in giro. E poi l’epoca dei funzionari di partito è tramontata da un po’, purtroppo. Perché quella scelta stava in piedi con i partiti di massa che favorivano la partecipazione democratica.
-1972/1986, anni in cui è successo di tutto. Anni della tua formazione e crescita. Cosa sono stati per te ?


-Sono stati gli anni principali per la mia formazione politica. Sono diventato funzionario nel 1974 per lavorare nella FGCI a Pisa e ne diventai segretario provinciale nel 1975. Prima lavoravo in una piccola azienda elettromeccanica di Santa Croce sull’Arno. Poi nel 1978 nella segretaria provinciale del partito e dall’81 all’86 responsabile di zona del PCI della Valdera. Con la parentesi del 1982, quando fui “spedito” a Tirrenia per otto mesi a fare il capo cantiere della costruzione della Festa Nazionale de L’Unita’. Un’esperienza pesante ma bellissima. È vero, quella festa è mitica, non solo per noi pisani. E poi senza quella festa non ci sarebbe la parte centrale del romanzo di Ico Gattai.  Ma sono stati anche gli anni delle bombe, delle stragi, del terrorismo; di un periodo in cui la violenza ha condizionato pesantemente la politica.
-Il comunismo, lo stalinismo, la Cecoslovacchia, il PCI come comunità forte, una famiglia, una scuola di vita. Il rapporto con l’estremismo difficile a Pisa, già accennato.


-Domanda complicata. Mi limito a dire che nel PCI la mia generazione aveva come riferimento Berlinguer e non lo stalinismo o il socialismo sovietico, che talvolta rimanevano un mito per le generazioni che avevano attraversato il fascismo, la guerra e la lotta di liberazione. La condanna della repressione violenta della “primavera di Praga” era alla base della nostra discussione sul futuro del comunismo. Poi con l’estremismo ci si confrontava e ci si scontrava sull’interpretazione del marxismo e della prospettiva, molto evocata ma poco reale, della rivoluzione. Comunque il PCI era non una famiglia ma una comunità con un forte senso di appartenenza, in cui si discuteva molto, era presente una battaglia politica interna tra idee e talvolta visioni diverse sulle cose nazionali come su quelle locali.


-Personaggi  come De Felice, D’Alema , altri che potrebbero aver  contribuito alla tua formazione.  Dentro il libro ci sono queste figure. Le hai riconosciute?
-Certamente.  Sul piano della formazione politica la Federazione di Pisa era una scuola e De Felice il maestro. Le sue relazioni erano delle vere lezioni. L’apertura verso la spinta rinnovatrice del ‘68 fu opera sua e portò alla responsabilizzazione politica energie nuove e giovani come Mussi, D’Alema, Di Donato. Ma il mio primo riferimento fu Renzo Remorini, operaio licenziato della Piaggio, responsabile del partito nella zona del cuoio, con il quale avvertivo il senso di appartenenza di classe. Il libro tratteggia queste figure.


-Cosa ti manca del PCI e il PD può avere futuro?
Del Partito Comunista Italiano mi manca la pratica del collettivo. Gli ideali, i valori di fondo, la giustizia sociale, l’eguaglianza, il lavoro, i diritti, la democrazia ci sono sempre, ma siamo finiti in una era dominata dall’individualismo e dalla personalizzazione della politica che li rende quasi impraticabili. Sul PD non so, ne sono uscito quattro anni fa, nel pieno del consenso al renzismo che allora era considerato la via per far vincere la Sinistra. Invece l’ha distrutta. Ora il percorso di risalita mi pare molto arduo.


-Tra le tue esperienze fai una scala di priorità.
-Come ti ho già detto mi preme precisare che io non ho mai scelto niente di quello che ho fatto. La scuola era quella. Poi aggiungo che l’esperienza di Sindaco di Pisa per due mandati, che all’inizio ho sentito come un dovere politico ma senza entusiasmo, sapendo che mi infilavo in un mestiere difficile, è stata certamente la più sentita, bella e impegnativa. Ma forse non sarebbe andata così bene se prima non avessi fatto altre esperienze politiche. Comunque mi è rimasto nel cuore il compito svolto da commissario per la ricostruzione in alta Versilia e in Garfagnana.


-Un tempo la sinistra, PCI in testa, aveva un’egemonia culturale potente. Come spieghi questa débacle?
Beh, il mondo è cambiato e la società sul piano dell’assetto sociale e dei valori di riferimento è profondamente mutata. Ha vinto il capitalismo finanziario e la Sinistra non è stata capace di indicare una strada diversa ed è rimasta subalterna. Così si è spenta anche l’azione e la ricerca per l’egemonia culturale.


-Torniamo a noi - Ico racchiude in quattordici anni una serie di momenti importanti. Serantini in primis e quella drammatica giornata; l’avanzata elettorale del PCI, Cuba e i difficili rapporti con l’est; la Pace, la grande festa de l’Unità…


Mi interrompe
- Ma lo sai che nel ’72 quando successero i fatti del comizio di Niccolai mi trovavo in Russia con la FGCI, con in tasca un documento che non mi fecero leggere perché criticava l’invasione della Cecoslovacchia. Di quei fatti drammatici sentii l’eco. E saltai anche il festival mondiale della gioventù a Cuba perché fui “dirottato” ad un'altra iniziativa della FGCI,sempre nei paesi dell’est.


Insisto per concludere
-Avrai notato però che il libro non parla di terrorismo, che invece tu non hai potuto fare a meno di citare. Invece include il Punk, che personalmente ritengo un movimento musicale delle meraviglie.  Omette anche  la droga pesante e i disastri fatti nella sinistra extraparlamentare di allora.  Queste scelte mi confermano  che il libro possa essere annoverato fra le “fiabe moderne”. Un tenero raccontare, in parte grottesco se vogliamo, ma che esclude le cose brutte che hanno devastato una generazione. E che invece, esalta la comunità comunista, tutti nessuno escluso sia chiaro, che è l’asse portante del libro stesso.  Sei d’accordo? Concludi te.


-Sì, indubbiamente accende delle luci e pone delle domande su una realtà politica come quella dei comunisti italiani e non solo, che meritano interesse. Lo fa, se posso dire, con uno stile che ricorda i gabbiani ipotetici di Gaber in “Qualcuno era comunista”. Parla di ali atrofizzate, di sommersi dalla storia. Ma in fondo, e non parlo del finale che non si può svelare, mi pare un romanzo che rivela una certa nostalgia di un tempo, forse non vissuto ma in buona misura sentito e immaginato.
-Va presentato a Quattroventi-dico- un tempo luogo dell’anima.
Lì si ritrovavano spesso certi protagonisti dell’epoca. Ci sono ancora le foto attaccate ai muri.-
-Sarebbe una bella idea .- e ride.
Aspetta!- -Adesso sei nonno, cosa significa?
- Sono arrivato a questo con serenità.  Con un po’ di nostalgia per le cose fatte ma senza rimpianti.


Gabriele Santoni giugno-luglio
 
 
 
 
 
 

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11/7/2021 - 15:28

AUTORE:
Pisanese

.... perse da Renzi? par di no! perché sulla tua seggiola Appisa 'ora cecconti.
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...Sul PD non so, ne sono uscito quattro anni fa, nel pieno del consenso al renzismo che allora era considerato la via per far vincere la Sinistra. Invece l’ha distrutta. Ora il percorso di risalita mi pare molto arduo.....