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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

. . . presto presto. Io ho capito che arrampicarsi .....
I democristiani veri e finti che si vorrebbero definire .....
. . . non é certo colpa mia e dello mondo difficilerrimo .....
. . . anche te racconta che c'entrano i voti del 1978, .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Di Gavia
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di Michelle Rose Reardon a cura di Giampiero Mazzini
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di Mollica's
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Di Siciliainprogress
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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
Le pinolaie.

11/7/2021 - 16:24


 Storia di una lavoratrice della Mandria di Migliarino (Pisa)


(Intervista di Paola Magli alla propria madre Liciana Corucci di 81 anni tenuta il 20 giugno 2021.)

 

 Il mio nome è Liciana, sono una donna nata nel ’40, in un paese vicino a Migliarino chiamato Nodica. La mia casa era lungo un fosso chiamato: la Bara, dove si pescavano i ranocchi. La guerra me la ricordo poco perché ero piccola e per mia fortuna non ho mai patito la fame della miseria. Ero una bambina molto vivace, quasi un maschiaccio… a scuola non ci volevo andare anche se sapevo bene fare i conti.

A nove anni avevo già un padrone, un capo squadra e delle compagne di lavoro: facevo la spinaciaia. Ero veloce come le donne grandi, però mi pagavano solo un terzo di loro, d’inverno avevo freddo alle mani e mi si ghiacciavano i polpastrelli che, benché li fasciassi con degli stracci o li coprissi con guanti di fortuna, mantenevano il colore bluastro delle mani fredde, e imparai dal primo inverno che cosa erano le setole alle dita. Avevo un asino, anzi un amico di nome Gabetto, simpatico e testardo come me! Crescevo veloce ed ero una brava lavoratrice, lesta e ubbidiente, così a quindici anni, venni assunta alla lavorazione dei pinoli di Pisa in San Marco.

Tutte le mattine partivo da Nodica in bicicletta passando da Pontasserchio, dove trovavo altre ragazze più grandi di me e pedalavamo fino alla Via di Gello, proseguendo per la città arrivando in orario al lavoro.

A fine giornata lavorativa tutte noi donne eravamo sudicie e nere, e prima di ritornare nelle nostre case, rimanevamo tutte nude in attesa di qualche secchiata d’acqua riscaldata dal sole che ci lavava via la polvere e la stanchezza. Mi ricordo che non c’era nessuna vergogna, tutti quei corpi floridi e diversi, di tutte le forme e di le età. L’anno successivo mi trovavo insieme ad altre novanta donne nella lavorazione dei pinoli di Migliarino dei Duchi Salviati.

Qui arrivavo sempre pedalando insieme ad altre donne che venivano da tutti i paesi vicini.Il lavoro in Mandria era solo da maggio a settembre, solo poche donne e uomini avevano il privilegio di lavorare tutto l’anno. Gli uomini con grande agilità salivano sui pini, calzando scarponi con i ramponi, e lì scotevano o agganciavano solo le pigne vecchie (dai tre ai 5 anni) mature e pronte per essere raccolte; questo lavoro era solo per gli uomini. Queste pine cadute a terra venivano raccattate in seguito da donne, anziani e bambini.

 I ”raccattini” mettevano le  pigne dentro dei contenitori, poi  il carico veniva trasportato in Mandria e scaricato negli spazi messi a disposizione formando dei gran bei mucchi. La prima selezione avveniva proprio su queste aie, venivano scartate le pine “gallerone”, le “pagliose” e le bacate.

Le pine buone sistemate in “porche” o “cordoni” aspettavano il turno per essere lavorate per la “spinolatura” fatta a mano o meccanicamente. Nella tramoggia scendevano i coni lentamente nella parte più larga, uno per uno,  spinti ad uscire nella parte più stretta già frantumati e i torsoli caduti dai guscetti cadevano continuando a scorrere sui nastri trasportatori.

Per azione dei ventilatori i pinoli venivano separati dalla pula, consegnati agli operai e alle operaie che facevano la selezione dei semi sopra delle mattonelle chiare affinché potessero riconoscere e scartare quelli scuri e quelli marci e suddividendo in sacchi diversi quelli più grandi e bianchi (prima scelta ) da quelli più piccoli e giallicci (seconda scelta). 

Mi torna in mente il caporale, che era un certo Augusto, un uomo arrogante e sgarbato dai modi severi, il suo modo di comunicare con le donne era quello del prepotente che sottolineava la ruvidezza delle parole. Ricordo sua moglie Clelia una donnina piccina infagottata nei cenci così vecchi rattoppati con arte e maestria. La signora sua moglie, aveva una voce così flebile che sembrava sussurrare anziché parlare, e al fianco del marito sembrava sparire e chiedergli scusa di ogni suo respiro. Un bel contrasto.

In Mandria a Migliarino le donne si conoscevano tutte e le più vecchie avevano l’arte di domandare le cose personali a quelle più giovani, a volte le prendevano un po’ in giro per sdrammatizzare situazioni difficili. Si formavano gruppetti di amicizie, non mancavano i pettegolezzi e le invidie, alcune donne erano proprio delle maligne che regalavano gratis frasi taglienti, e se potevano cucivano addosso a qualcuna maldicenze.Io ero contenta, lavoravo molto ed ero pagata. La comunità femminile lavoratrice offriva la possibilità di vedere che le donne che avevano già famiglia e figli sulle spalle avevano una forza di volontà che superava la fatica, quindi incoraggiavano le più giovani e ai miei occhi queste erano esempi.I mesi passavano e quando avevo finito il periodo della Mandria tornavo a lavorare nei campi a raccogliere gli spinaci. Anche gli anni passavano e ogni anno il ritorno a lavorare in Mandria si rinnovava di novità e vita delle donne, chi si era sposata chi aspettava un bambino, chi era diventata nonna e chi era entrata in menopausa.

Io avevo un’amica, di nome Flora, con la quale ci scambiavamo segreti e confidenze, ma presto il mio segreto… fu visibile a tutti e a tutte perché la creatura che avevo nella pancia cresceva, cresceva e non essendo sposata a quel tempo il matrimonio fu affrettato dai miei genitori e quelli del mi damo.

È così che segnò la fine della mia storia di lavoratrice in Mandria.

 

Note dell’autrice
 
Oggi in Italia le filiere dei pinoli sono pochissime, in Toscana ha chiuso quella di Grosseto e rimane aperta solo la fabbrica di San Rossore di Grassini, perché l’invasione del cimicione canadese (leptoglossus occidentalis) in pochi anni ha attaccato i pini del territorio e, infilandosi nella pigna ancora acerba, ne succhia la linfa che dovrebbe far crescere il pinolo.
A pensare che questo tipo di industria dava lavoro a tante famiglie e invece adesso in Italia se non danno il permesso di importare l’insetto l’antagonista alla cimice come hanno fatto altri paesi produttori di pinoli, tra pochi anni dovremmo solo importarli da altre nazioni questi piccoli e preziosissimi e gustosissimi semi.
 
 
·         Spinaciaia è un aggettivo per indicare una donna che raccoglie gli spinaci nel campo.
·         Le setole sono fessure della pelle, sulle mani queste lesioni sono molto dolorose.
·         Il periodo del racconto del lavoro in Mandria sopra citato va dal 1955 al 1959
·         La Mandria è il luogo dove a Migliarino si lavoravano i pinoli, fu attiva dai primi del novecento e i resti degli edifici si trovano dopo la Chiesa Parrocchiale dei Duchi Salviati lungo una via dal nostalgico nome “dei pini.
·         I Ramponi erano dei ferri fatti a mezza luna, ancorati agli scarponi che servivano per agganciarsi al Pino e fare presa per salire.
·         Per saperne di più l’Ente Parco Regionale Migliarino San Rossore Massaciuccoli ha pubblicato un libro sulla storia dei Pinoli


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14/7/2021 - 21:42

AUTORE:
Tiziana

anche io come tante migliarinesi ho avuto mamma e zia in mandria. nessuna diceva la vita che facevano e ti ringrazio per la tua. ho una sola foto sul mucchio dei trucioli e te invece ne fai vedere tante meravigliose. dove le hai trovate?

14/7/2021 - 16:58

AUTORE:
Daniela

A proposito di maldicenze mia madre se ne è sempre fregata e per un periodo ha frequentato la tua, forse avevamo 15 anni...fu un' estate a Bocca di Serchio , io te Margherita e Lorella.
Andavamo al gombo a fare le foto...che tempi..
Daniela

12/7/2021 - 17:07

AUTORE:
Moreno Dalle Piagge

Grazie Paola.
l'articolo,le foto bellissime ,che ci danno una visione di come si viveva in quei tempi.
Le donne e gli uomini che ancora ragazzi iniziavano un lavoro,duro e faticoso,per dare una mano in famiglia.Un esempio per le nuove generazioni che purtroppo non seguono.
Un tuffo nostalgico nel passato un forte abbraccio a mamma Liciana e a tutte le pinolaie

12/7/2021 - 10:39

AUTORE:
Daniela

Non sono originaria di Pisa ma Pisa mi ha accolto come studente prima e poi come sua cittadina e lavoratrice, ed è per me sempre molto piacevole scoprire e conoscere la storia passata dei luoghi dove vivo, scoprire la storia dei "nomignoli" dati a certi luoghi e riscoprire mestieri e tradizioni che ancora oggi sopravvivono e che tanto hanno ancora da raccontare al nostro presente! Leggere questo articolo mi ha fatto immaginare me bambina (alla toscana "bimba") che ascolta la nonna che racconta la sua giovinezza e con quelle storie tramanda non solo memoria del passato ma consapevolezza del presente. Grazie Paola e grazie Luciana per questa splendida condivisione.

11/7/2021 - 19:52

AUTORE:
matilde Baroni

Brava Paola, brava la sua mamma. Raccogliamo testimonianze come questa perché la memoria scritta è meno fragile di quella orale. Paola ha fatto bene a mettere le note di parole non comunemente usate. Alla prossima.