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Giovedì 28 alle 18.00 si terrà, presso la Villa Roncioni di Pugnano, uno straordinario evento: con la mostra Romeo e Giulietta - 1968 la Fondazione Cerratelli riapre le sue attività a San Giuliano, permettendo di nuovo l'esposizione dei fantastici costumi che rappresentano, come sottolineano il sindaco Sergio Di Maio e la vicesindaca Lucia Scatena sul Tirreno, un patrimonio culturale di inestimabile valore. 

La Città della Luce, Spazio Cuore da inizio al corso di Biodanza
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Al via il programma coordinato dalla Prefettura di Pisa
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#suonosolo #vecchiano #debrafastviolinist #debrafast #violino#violinista
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penso di sapere chi tu sia. . .

Certo sei ganzo .....
io non so sindaco e presidente come e se hai votato .....
NEL PD GUERRA TUTTI CONTRO TUTTI
BARSOTTI COMUNE DI .....
00:24 - 21/ 9/ 2023 498 utenti online?😒?

22. .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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di Andrea Mobiglia
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Occhi, occhiali e lenti a contatto
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Occhi, occhiali e lenti a contatto
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Occhi, occhiali e lenti a contatto
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Quando il dolore mi sovrasta
perche' è fuori controllo
mi sento persa
dispersa nella vastità del mondo
Un tormento prfondo
m'induce all'esistenza .....
Dopo questa estate finalmente si consolida il passaggio del giovane atleta Vecchianese Kevin Cirrone per ka stagione 2023/ 2024 nella massima serie di .....
Di Umberto Mosso
A che serve l'Europa?

16/9/2023 - 14:54


A CHE SERVE L’EUROPA?

Non bisogna essere analisti esperti di geopolitica per capire che l’idea di globalizzazione come porta per un mondo multipolare è finita con l’accendersi della competizione Usa – Cina.

A ventiquattro anni dalla fine del bipolarismo Usa – Urss oggi la prospettiva più credibile non è un multipolarismo che le due grandi potenze non vogliono, ma il nuovo bipolarismo che avanza nel mondo a passo spedito. Tutto è questione di visione politica e di velocità. 

L’Europa arranca, in ritardo sui fronti strategici dell’economia e vecchia e lenta su quello politico. L’Italia annaspa, staccata in fondo alla fila. Appesantita da un enorme debito che ci opprime di tasse e non lascia spazio agli investimenti indispensabili alla crescita.

Siamo ad un bivio, dobbiamo scegliere e mai come ora le nostre scelte interne condizioneranno quelle mondiali e ne saranno a loro volta condizionate. La politica estera è il campo di gioco della nostra politica interna. 

Non ci sono mille partiti che fanno confusione, ci sono solo due scelte a confronto.

Da una parte c’è chi vuole una Europa nuova, più unita per essere più forte nella competizione inevitabile coi due giganti. L’Europa è minoritaria nel mondo, la democrazia è minoritaria nel mondo, se non ci uniamo di più e davvero spariremo, non per la sostituzione etnica, ma per quella delle nostre intelligenze naturali. 

Dall’altra c’è, come la destra al governo, chi cerca di rispolverare risposte nazionali, al più affannandosi per mettere insieme i cocci, piccoli e sparsi, di mille sovranismi , al dunque anche in conflitto tra loro come nelle politiche migratorie. Più che nel vuoto un salto all’indietro nella storia. Come tentare di cantare in Sanscrito l’ultimo Rap, immaginando che basti il suono di parole incomprensibili per incantare i serpenti.

L’Europa, paralizzata dalle regole dell’unanimismo, è in ritardo in tutte le tecnologie d’avanguardia per affrontare ogni transizione. Usa e Cina ne sono padrone.

Chi, se non posseduto dal demone delle vecchie ideologie nazionaliste, può pensare di salvare il proprio Paese da solo mentre Usa e Cina investono migliaia di miliardi per aumentare il gap competitivo e noi facciamo fatica a spendere poche centinaia di milioni faticosamente racimolati dal primo esperimento di fiscalità comune europea?

Non basta dire, come la destra, che l’Europa va cambiata. Bisogna dire come e in quale direzione.

Serve aumentare le entrate comuni nel bilancio europeo, serve condividere, d’ora in avanti, il debito comune garantito da bond europei, accettando più controlli dell’UE, serve una politica economica comune, una fiscalità comune, una ricerca scientifica e tecnologica comune, una difesa comune.

E nuove regole che non si limitino, come chiede la destra, alla presunta più conveniente ripartizione delle risorse e poi ognun per sé.  Le transizioni costano e se vogliamo realizzarle senza bagni di sangue dobbiamo investire nell’innovazione come stanno facendo da anni Usa e Cina. Quindi sottrarre al conto del debito pubblico le spese per investimenti condivisi e controllati. Nessuna nazione europea può farcela da sola.

Meno che meno un’Europa collage di stati sovrani potrà resistere all’urto. Quindi serve più democrazia e più poteri alle Istituzioni europee. Un Parlamento con maggiori attribuzioni, un vero Governo europeo che risponda a quel Parlamento e non sia camera di compensazione tra i singoli governi nazionali, come l’attuale Commissione subordinata alle decisioni, spesso paralizzanti, della riunione dei capi di governo.

La sinistra italiana è ripiegata su se stessa e non ha che vecchie idee e mancanza di coraggio. Inconsistente.

La destra meloniana, frustrato il tentativo di unire la destra europea, ripiega  sui temi del vecchio sovranismo per conservare il suo elettorato più retrogrado. Il PPE, “scoperta” la vera natura politica di Meloni, torna in dietro sul suo sogno di centro – destra europeo. E  lei e Salvini ripartono da Orban e Marine Le Pen.

Chi aveva creduto che bastasse a Meloni schierarsi al fianco di Kijv per guadagnare credibilità internazionale è servito. Alla destra italiana è bastata la prima pioggia autunnale per far dilavare il trucco. 

Le fanfare della signora, la sua aria da mosca cocchiera, i suoi ricatti sul MES, insensati anche nel merito, ci hanno guadagnato solo una nuova diffidenza dell’Europa, proprio ora che si profilano tempi difficili e proprio nel momento di chiedere intelligentemente un suo cambiamento.

Dunque non c’è la confusione di tanti partiti, c’è solo da scegliere il partito dell’Europa. Non è difficile individuarlo al Centro.

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