Nella prestigiosa Sala Gronchi del Parco Naturale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, il 20 ottobre alle ore 16, avrà luogo la cerimonia di premiazione della dodicesima edizione del concorso artistico-letterario "Area Protetta", organizzato da MdS Editore, Associazione La Voce del Serchio e Unicoop Firenze Sezione Soci Valdiserchio-Versilia.
Intervista a Matteo Renzi per «Il Messaggero Veneto» del 25-08-2024 di Carlo Bertini
«Io non tornerò nel Pd, ma mi alleerò con loro. E il referendum sull'Autonomia differenziata inietta nel centrodestra il virus dell'autodistruzione».
L'ex premier ed ex segretario del Pd Matteo Renzi esclude che la marcia di avvicinamento al centrosinistra porterà ad un suo ritorno nel Partito Democratico, «perché questo Pd non è più casa mia». Ma non esclude che dopo il referendum la maggioranza imploderà e che quindi si potrebbe votare già nel 2025, quindi bisogna prepararsi. Renzi non scommette a scatola chiusa che il quorum sul referendum ci sarà, – «non ne sono sicuro», ammette – ma parte dall'assunto che «Forza Italia e la Lega su questo tema sono agli antipodi. E siccome la legge Calderoli è sbagliata per il Nord prima ancora che per il Sud, perché aumenta la burocrazia e gli ostacoli per il mondo produttivo, credo che il referendum sarà una ferita per il governo».
E che succederà in quel caso?
«Se si raggiunge il quorum, salta il governo. Se non si raggiunge, comunque, la maggioranza uscirà dilaniata».
Insomma, una partita a perdere in ogni caso. Analoga a quella che hanno appena imbastito sullo Ius scholae. Come finirà secondo lei?
«Per me Antonio Tajani bluffa. Ma c'è un solo modo per scoprirlo: andare a vedere. Abbiamo presentato la stessa proposta di legge che Maurizio Lupi e gli ex di Forza Italia votarono nel 2016 alla Camera e poi venne bloccata l'anno successivo al Senato. Vediamo se Tajani ci crede davvero o sta solo tirando la corda per un po' di visibilità».
E bluffa anche la premier sulle sue riforme, o tirerà dritto sul premierato?
«Dopo due anni, Giorgia Meloni è stata una perfetta influencer, fotogenica, brava a comunicare, empatica. Ma non ha portato a casa una riforma che sia una. E ormai imbarazzante avere un Governo che ha cominciato con il decreto sui Rave Party e continua a sfornare decreti legge totalmente inutili».
Anche gli ultimi due sulle liste d'attesa della sanità e sul sovraffollamento carcerario sono inutili?
«Due problemi enormi, reali, trattati con sufficienza e affrontati con provvedimenti di legge evanescenti e del tutto inidonei a produrre risultati concreti. La nostra Premier non governa, posta. Non incide, comunica. Non cambia, vivacchia. L'unica cosa che è cambiata per adesso sono le sue idee, dall'euro alla Nato, dalle trivelle alle accise, Meloni ha cambiato idea su tutto, ma non ha cambiato nulla della vita degli italiani. E il problema sono i salari, gli stipendi, la spesa al supermercato».
Quale è il suo principale errore fin qui?
«C'è quella frase che dice: puoi ingannare uno tutta la vita o puoi ingannare tutti per una volta. Ma non puoi ingannare tutti per tutta la vita. Ecco, Giorgia pensa di poter ingannare gli italiani per sempre. Prima o poi i cittadini se ne accorgeranno. E vedendo come è andata questa estate le direi che sarà più prima che poi».
E per voi di Italia Viva, è finita la stagione del terzo Polo e del centro equidistante da destra e sinistra?
«Sì. Carlo Calenda è rimasto invischiato nelle proprie insicurezze personali e così ha distrutto un progetto che poteva funzionare. Ma è anche vero che il bipolarismo in Italia è più forte di quello che pensiamo. La gente è abituata a stare o di qua o di là. E dunque dovendo scegliere, chi come noi è cresciuto con il sogno di Blair e di Clinton, si sente più vicino al centrosinistra che al centrodestra».
Ha constatato che tutte le scissioni dal Pd finiscono male? Da Rutelli a Civati, da Bersani a Richetti, fino a Italia Viva.
«Mi sembrano storie molto diverse. Italia Viva è una scelta che rifarei e che ha prodotto straordinari risultati. Abbiamo mandato a casa il Salvini del Papeete, abbiamo portato Draghi, evitato di eleggere una Presidente della Repubblica proveniente dai Servizi Segreti. E ancora oggi abbiamo un ruolo. Che sia il 2, il 3, il 4% non conta: conta che quella percentuale lì sarà decisiva alle prossime elezioni. La Meloni ci attacca perché ha capito benissimo che se noi ci schieriamo con il centrosinistra, la partita alle prossime politiche è aperta. Se noi restiamo nel mezzo, la destra rivince. Ecco perché sono nervosi con noi».
Se le chiedessero di tornare nel Pd ci penserebbe?
«No. Questo Pd non è più casa mia. Possiamo essere alleati e vogliamo essere alleati. Ma saremo alleati con le nostre diverse identità. Io non la penso come Elly Schlein sul JobsAct o sui termovalorizzatori o su molti altri temi. Ma voglio trovare con lei dei punti di accordo programmatico perché ci sia un Governo che aiuti gli italiani, anziché questo esecutivo che non tocca palla in Europa e che non affronta la crisi della classe media. Dunque non tornerò nel Pd, ma lavoreremo con il Pd e con gli altri alleati per vincere le prossime elezioni».
Ci indica alcuni dei dieci punti che possono unire il centrosinistra?
«Ne indico uno: le condizioni delle famiglie e dei lavoratori che un tempo costituivano il ceto medio e che oggi stanno scivolando verso la soglia di povertà o comunque non riescono più a risparmiare.
Quando sono diventato premier, la prima cosa che ho fatto sono stati gli 80 euro. Oggi servirebbe una misura ancora più forte ma simile nell'impianto: qui la gente non arriva a fine mese e certe professioni che fino a vent'anni fa erano professioni che garantivano benessere oggi non permettono più di campare una famiglia. Affrontiamo questo tema e vinceremo le elezioni mentre Meloni regala soldi a Renato Brunetta restituendo stipendi e aumenti a un ente inutile quale il Cnel.
Noi siamo quelli dei salari, la Meloni è quella degli sprechi».
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