Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA sono la figlia della "Cocca".
Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.
Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è ancora comunità.
... e le bicirette e livornesi!”
Non me ne vogliano gli amici labronici (ho fatto l’ITI a Livorno) ma da pisano devo far un dolce campanilismo, quello che fa ridere o almeno sorridere.
Nel lontano 1948 al nostro grande (ancora non lo era ma lo diventò) Vittorio DeSica venne in mente di fare un film imperniato sul nascente neorealismo che fu considerato poi un capolavoro universale, un classico della storia del cinema mondiale e uno dei massimi capolavori cinematografi italiani: “Ladri di biciclette”.
La storia è triste: ad un uomo viene rubata la bicicletta, che era il suo solo mezzo per andare al lavoro, e la lotta inutile poi per riaverla dal ladro, tanto da spingerlo a rubarne una con la sfortuna di essere poi arrestato.
Tutto questo: associazioni di idee, fatalità, un briciolo di fortuna, magia(?), lo ricordavo, non so perché, mentre vagavo nella pineta, forse perché in quel posto Cristian De Sica (figlio di Vittorio) aveva girato alcune scene di un altro film semiserio, 3, film che lo si direbbe più francese che italiano per il deliberato gusto del racconto erotico-filosofico tipico del secolo dei lumi (film ambientato negli ultimi anni del 1700).
Torniamo alle biciclette, guardate che meraviglia di scultura ci offre il Bosco e (forse) un livornese pentito che però non si fida dei lucchesi e mette un catenaccio alla sua amata (fuori luogo chiamarla 2 ruote) rugginosa altera compagna di pedale!