Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA sono la figlia della "Cocca".
Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.
Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è ancora comunità.
È più forte di lui-L’imbarazzante La Russa, e l’uso fazioso dei ruoli istituzionali
Il presidente del Senato non ha mai smesso di comportarsi da capetto di Fratelli d’Italia, solo che adesso è anche la seconda carica dello Stato. E l’ultimo caso, legato a Dafne Musolino di Italia Viva, è solo un esempio
È più forte di lui. La seconda carica dello Stato comizia ogni volta che può. Come ieri: «Più Giorgia va all’estero, più la nostra credibilità sale e la sinistra deve accontentarsi di Report e di La7 per cercare di fare politica». Anche se è un dirigente di partito che ne fa di ogni da cinquant’anni, ora è il presidente del Senato ma non esita a fare il dirigente di partito: non potrebbe evitare, Ignazio La Russa? Mica per altro, ma perché se è così partigiano (non si offenda) poi è naturale che lo sia anche quando presiede le sedute di palazzo Madama. O quando si aggira per il Senato a caccia di contatti politici.
Il caso La Russa ormai non può essere minimizzato o giustificato con il caratterino militante dell’uomo. È un problema istituzionale. Non avendo alcuna conferma, si può solo ipotizzare che al Quirinale come minimo si alzi qualche sopracciglio in attesa di vedere, come diceva Totò in un celebre sketch, «questo dove vuole arrivare».
Anche il Partito democratico è molto irritato. Dice il senatore dem Walter Verini: «Fin dall’inizio La Russa si è comportato più da capo di Fratelli d’Italia seduto al vertice di palazzo Madama che da seconda carica dello Stato. Non solo per il busto di Mussolini o i deliri su Via Rasella. Lo ha fatto rivendicando il suo diritto a partecipare alle polemiche politiche (altro che arbitro!), alle trattative partitiche della maggioranza non solo in Sicilia e a via della Scrofa ma ovunque. L’episodio dell’avance politica alla Musolino lo conferma. Come il “soccorso” al ministro Giuli, non dovuto e del tutto fuori luogo. Anche qui è stato recidivo; qualche mese fa in aula attaccai il ministro Musumeci, che era presente, e La Russa che presiedeva prese le sue difese». È un comportamento – rileva Verini ed è oggettivamente così – ben diverso da quello del presidente della Camera Lorenzo Fontana.
E adesso si va in tribunale per iniziativa di Matteo Renzi che, come vedremo, ha chiamato a rispondere in sede civile il suo portavoce, Emilio Arrigo. Tutto nasce da un durissimo scambio in aula, giovedì, tra il leader di Italia Viva e il presidente del Senato che, unico nella storia degli ultimi tre decenni a memoria di chi scrive, ha un modo di dirigere i lavori punteggiato da battutine, richiami inusuali, giudizi e rilievi di parte: lo fa continuamente, nessuno ormai ci fa più caso.
Il più delle volte si comporta come fosse in un talk show, in altre innervosisce il clima, come appunto due giorni fa. Interrotto perché giudicato da La Russa troppo ironico, Renzi era sbottato: «Signor presidente, faccia l’arbitro, non faccia il supporter, si limiti a tifare l’Inter. Fratelli d’Italia la tifa in un’altra sede. Anche lei stia al suo posto, la ringrazio». La replica da parte di “fonti della presidenza del Senato”: «Il presidente del Senato non solo è arbitro come dice il senatore Renzi ma in Aula chiede e difende un linguaggio moderato e di buon gusto». Che La Russa difenda il buon gusto e il linguaggio moderato è una notizia.
La verità dei fatti (ci sono le immagini) è che il presidente è sceso in soccorso del ministro Alessandro Giuli che stava battibeccando sempre con Renzi. Una specie di due contro uno. Solo che erano al Senato, non nel cortile del liceo. Ma la bomba politica vera doveva ancora scoppiare. Ha per protagonista la senatrice di Italia Viva Dafne Musolino che, come lei stessa ha ribadito a Repubblica («Sono ancora sotto shock, non mi aspettavo una proposta irricevibile dal presidente del Senato»), sarebbe stata contattata da La Russa al ristorante del Senato per chiederle di passare in maggioranza, iniziando con un bel voto a favore di Francesco Marini che la destra avrebbe voluto eleggere alla Corte Costituzionale. Renzi ha stigmatizzato la vicenda con durezza, a dire il vero un po’ isolato.
Il portavoce di La Russa, Arrigo, ha replicato con toni assai poco istituzionali: «Il presidente non ha mai parlato con Musolino, e con altri, di voti di alcun genere. Renzi mente sapendo di mentire, ma non è mentendo spudoratamente che recupererà quel consenso che ha perso negli anni e che continua a perdere anche ora». Un modo di replicare mai visto: facendo polemica politica. Pure offendendo. E il leader di Italia Viva lo ha chiamato a rispondere in sede civile per diffamazione. Il caso La Russa continua.