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L'analisi del nuovo articolo di Franco Gabbani si sposta questa volta nel mondo di un associazionismo antesignano, le confraternite, necessarie per togliere dall'isolamento e dal mutismo le popolazioni delle campagne, anche se basate esclusivamente sui pricipi della religione.

E d'altra parte, le confraternite, sia pur "laiche", erano sottoposte alla guida del parroco.Sono state comunque i primi strumenti non solo di carità per i più bisognosi, ma soprattutto le prime esperienze di protezione sociale verso contadini ed operai.

Il fu presidente Biden lascia la carica e fa un bel .....
E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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di - Maestra Antonella
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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Circolo ARCI Migliarino
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Cooperativa Teatro del Popolo Migliarino
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Calcinaia, 13 dicembre
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Vicopisano, 15 dicembre
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Pisa, 11 dicembre
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
di Vittorio Ferla
Cari dem, il politicamente corretto non può bastare

8/11/2024 - 10:41

Cari dem, il politicamente corretto non può bastare
 
Kamala Harris è andata male anche negli stati dove doveva andare bene. Quindi è andata malissimo. Come mai?

Forse è troppo presto per capirlo, ma per provarci bisogna mettersi dal punto di vista degli americani e non delle élite intellettuali che, negli USA come in Europa e in Italia, hanno commentato l’evento limitandosi a denunciare la carica eversiva e illiberale del candidato repubblicano.

Con un paragone cinefilo, si potrebbe dire che l’America di Clint Eastwood, quella più dura, brusca e marginale, vince sull’America di George Clooney, quella più colta, educata e urbana. Entrambi sono ottimi attori, ma Eastwood è anche un ottimo regista (parecchio superiore a Clooney), capace di interpretare e rappresentare plasticamente le contraddizioni della parte più profonda del paese.
Un esercizio che, questa volta, il partito democratico non è stato capace di fare.

La candidata dem era troppo scialba. L’idea del sogno di riscatto americano della figlia di immigrati, capace di mescolare origini afroamericane e indiane, idea che era stata alla base della vittoria di Barack Obama, stavolta non è bastata. Nemmeno è bastata la rivendicazione delle conquiste di genere che, piuttosto, potrebbero aver addirittura allontanato l’elettorato maschile tradizionalmente democratico, che soffre una progressiva perdita di ruolo sia sul piano professionale e lavorativo, sia sul piano familiare e del rapporto tra i sessi.

L’errore del partito democratico è stato quello di confidare troppo nella forza del simbolo e degli ideali rispetto alla materialità della dimensione esistenziale e di averlo fatto con una candidata inconsistente, percepita come non all’altezza delle sfide presenti. Non è detto ovviamente che Trump lo sia, ma la sua brutale propaganda ha saputo meglio sollecitare i nervi scoperti del popolo americano. In questi anni, il mondo liberal ha insisto in maniera asfissiante su alcune tematiche classiche e sacrosante: tra le altre, i diritti civili, la parità di genere, la tutela delle minoranze etniche.

Ma lo ha fatto con alcuni eccessi. Primo fra tutti, l’esplosione dell’ideologia woke, arrivata ormai a livelli così elevati di radicalismo e intolleranza da disturbare perfino una ampia fetta della stessa popolazione che dovrebbe godere dei suoi effetti come i neri e i latinos. Negli ambienti accademici, editoriali, intellettuali e mediatici, chi in questi anni non si è allineato ha corso seri rischi di essere bandito dalla comunità professionale e sociale. Il politicamente corretto si è progressivamente esteso ai più diversi ambiti di intervento, dalle questioni di genere a quelle razziali, con il rischio di imporre una sorta di dittatura del linguaggio. La comunità dei bianchi è diventata tutta insieme responsabile di atti e ideologie schiaviste archiviati dalla storia. L’Occidente inteso come blocco storico unico di civiltà viene accusato di imperialismo e di ogni nefandezza del passato – dal colonialismo alle discriminazioni razziali ai genocidi – e del presente, arrivando all’estremo di giustificare dittatori e terroristi.

Israele viene accusata di genocidio e di oppressione da chi per le strade inneggia ad Hamas e nei campus attacca gli ebrei e chiede la cancellazione dello stato ebraico “dal fiume al mare” con la conseguenza di alimentare un nuovo antisemitismo nei confronti dell’unica democrazia del Medio Oriente, mentre si dimenticano le atrocità e le discriminazioni perpetrate dai regimi islamici contro i loro stessi popoli. I movimenti di protesta come Black Lives Matter, nati su emergenze sacrosante di tutela dei neri americani, si sono trasformati in un attacco a tutte le forze dell’ordine con la conseguenza in alcuni casi di peggiorare ulteriormente le condizioni di sicurezza delle città statunitensi. A un certo punto, la campagna elettorale di Kamala Harris ha subito un’ulteriore svolta nella lotta contro il patriarcato del maschio bianco e, perfino, di quello nero con i rimproveri paternalisti di Barack Obama: difficile immaginare che ciò abbia potuto giocare a vantaggio della candidata dem.

Colpisce anche lo scarso peso assegnato alle questioni economiche. Il costo della benzina e il costo dei generi alimentari hanno pesato sul voto dei cittadini statunitensi più di ogni altra cosa. Certamente di più delle battaglie culturali e ideali del wokismo. In altre campagne presidenziali del passato, i democratici americani sono stati molto più attenti alle esigenze materiali della popolazione. Nel 1991-92 Bill Clinton riuscì a scalzare dalla Casa Bianca George Bush padre dopo il primo mandato grazie a uno slogan vincente: “It’s the economy, stupid”. Bush fece un errore fatale: dimenticò l’economia. Approfittando della fase di stallo economico del paese, James Carville, stratega elettorale di Clinton, coniò quello slogan che denunciava la disattenzione dell’amministrazione uscente attirando i voti dei delusi verso Clinton. Questa volta l’economia è stata la carta vincente di Donald Trump che, in più, ha associato alle difficoltà economiche la paura per l’impatto degli immigrati sul tessuto sociale: un mix esplosivo che ha convinto molti elettori dell’attenzione dell’ex presidente verso le loro peggiorate (e minacciate) condizioni di vita.
Insomma, in questo ampio quadro di deriva moralista ed estremista della sinistra americana che ha fatto dimenticare la dimensione materiale della vita quotidiana delle persone, un’ampia parte della popolazione (comprese, ripetiamo, le stesse minoranze) ha subito un clima di sopraffazione culturale e ha colto un progressivo distacco dalla realtà con l’esito elettorale che adesso è sotto gli occhi di tutti. La gente delle periferie e delle campagne (e non solo) ha reagito contro i salotti buoni della political correctness.


Vittorio Ferla
Giornalista, direttore di Libertà Eguale e della Fondazione PER. Collaboratore de ‘Linkiesta’ e de ‘Il Riformista’, si è occupato di comunicazione e media relations presso l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del Lazio. Direttore responsabile di Labsus, è stato componente della Direzione nazionale di Cittadinanzattiva dal 2000 al 2016 e, precedentemente, vicepresidente nazionale della Fuci. Ha collaborato con Cristiano sociali news, L’Unità, Il Sole 24 Ore, Europa, Critica Liberale e Democratica. Ha curato il volume “Riformisti. L’Italia che cambia e la nuova sovranità dell’Europa” (Rubbettino 2018).






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Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
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Minimo 5 - Massimo 10000 caratteri

8/11/2024 - 13:37

AUTORE:
BdB

....la tutela delle minoranze etniche.
Ma poi contano i pippoli.
Eppure "leilì" lo sapeva da tempo visto che in America alcune sindache di colore votate la prima volta a furor di popolo e alla seconda prova son state bocciate tutte per il sol fatto che il mese non finisce al quindicesimo giorno.
Va bene il politicamente corretto o il dire, come sostenevano i miei vecchi compagni comunisti che un povero ha sempre ragione al confronto di un ricco e che se uno è ricco vuol dire che ha rubato.
E' dura la fetta sosteneva Oreste Testi.
Oreste diceva: Io mi alzo alle quattro della mattina per tutta l'estate, vado da Lucca a Pistoia nei vivai a prelevare le marze per gli innesti, le sfoglio, le seleziono e le preparo per voi innestini specializzati (come me) per poi arrivare dalle ore 8 a buio (come voi) nel solco.
Poi siamo tutti sulla stessa barca, mi ripeteva Vittorio Barni a me capo sindacale CGIL; se io fallisco, voi rimarrete a casa perchè è notorio che tutti i beni di lusso non possono essere ideati/guidati dalle cooperative e se non li produciamo noi, altri lo faranno di sicuro e son milioni di posti di lavoro che vanno e vengono.
Ergo: bene tutti i diritti, di sciopero, accoglienza di tutti gli immigrati del mondo, ma a tutto c'è un limite e quando il limite trabocca "la gente" vota Berlusconi Silvio, Salvini Matteo, Margaret Thatcher, Trump e trullallero, anche per autoconservazione dei diritti acqusiti nella e della storia umana ed altro ancora.