Oggi è deceduto Oliviero Toscani.
Era ricoverato presso l'ospedale di Cecina per l'aggravarsi della sua malattia, l'amiloidosi, malattia rara e incurabile.Rimane la sua opera rivoluzionaria nel mondo della fotografia.
Lo ricordiamo con le parole di Paola Gavia, che ha avuto il privilegio di conoscerlo e di essere fotografata da lui per una campagna mondiale
Il merito e il bisogno, di nuovo La nuova sinistra e l’illusione dell’uguaglianza
A oltre quarant’anni dal suo celebre discorso alla conferenza di Rimini del Psi, Claudio Martelli pubblica un libro in cui torna a parlare di lavoro, povertà, mercato, aneddoti e storie: una summa del suo pensiero politico. Pubblichiamo un brano tratto dall’introduzione de “Il merito, il bisogno e il grande tumulto” (La Nave di Teseo)
Da tempo diseguaglianze naturali e diseguaglianze sociali, di capacità, di risultati e quindi di meriti riconosciuti convivono, si intrecciano e ci condizionano. Per riprendere un celebre passo di Hegel, la storia umana è una lunga, inesausta lotta dettata dal bisogno/desiderio di riconoscimento: dei singoli dentro la famiglia, dell’uno dall’altro sesso, delle famiglie nei raggruppamenti sociali, dei raggruppamenti nello stato, degli stati tra di loro.
Questa lotta non può avere per scopo l’annientamento dell’altro e nemmeno la sua resa e la sua sottomissione. Una lotta così ispirata sarebbe pura barbarie e ci riprecipiterebbe all’età della pietra. L’unico riconoscimento che vale tra esseri umani è quello che viene da chi è libero come noi, dai nostri pari in diritti e in dignità. Ciò vale per i singoli, vale per gli insiemi sociali, per gli stati e fonda tanto l’eguaglianza morale quanto la libertà individuale.
L’eguaglianza nei diritti naturali – non solo quelli relativi alla vita e alla soddisfazione dei bisogni elementari ma anche quelli necessari ad assicurare quelle condizioni che nelle diverse fasi di evoluzione sono considerati beni indispensabili per poter partecipare alla vita civile (istruzione, salute, lavoro, reddito, corredo di diritti) – non deve assurgere a un’eguaglianza totale e coatta tale da trasformarci in una massa di automi tutti uguali. La storia ci ha insegnato che l’eguaglianza totale, assoluta produce sempre “qualcuno più eguale degli altri”. Esattamente come avviene ne La fattoria degli animali, l’eguaglianza coatta è l’anticamera della schiavitù.
Ispirato da La bureaucratisation du monde (un saggio profetico dell’italiano Bruno Rizzi uscito a Parigi nel 1939) e da Buio a mezzogiorno, il romanzo della delusione totalitaria di Arthur Koestler, il grande scrittore inglese George Orwell con l’allegoria de La fattoria degli animali è stato l’intellettuale europeo che meglio di tutti ha colto e descritto le conseguenze di un regime basato sull’eguaglianza coatta e totale cui oppose una più modesta aspirazione alla “quasi eguaglianza”.
Socialista democratico, libertario, antifascista e volontario nella guerra di Spagna, Orwell nell’altro suo grande romanzo distopico, 1984, riflette sull’esperienza del comunismo sovietico che in quegli anni quaranta ipnotizzava una vasta schiera di intellettuali europei – chierici traditori della libertà di coscienza. La sua denuncia dell’orrore e dell’assurdo del dispotismo staliniano coglie un aspetto cruciale: ossessionato dalla volontà di controllare tutto il partito/stato estende la sorveglianza ben oltre i comportamenti ed entra nella mente e nel cervello degli uomini per condizionarli con quelle tecniche che la verace prosa popolare chiama “lavaggio del cervello”.
Se ho insistito sulle conseguenze sgradevoli delle illusioni sull’eguaglianza è perché quella che genericamente si chiama “sinistra” continua, ancora oggi, a abusarne come fosse un valore incondizionato, qualcosa da sostenere sempre e a prescindere. Da tempo, piuttosto che di eguaglianza, parlo e scrivo di giustizia o di equità. La differenza consiste in questo: l’eguaglianza è come una falce che taglia tutti gli steli alla stessa altezza; la giustizia è come una bilancia che pesa e pondera le cose cercando un equilibrio.
D’altro canto, nemmeno la libertà economica e la proprietà privata devono essere incondizionate. Senza argini e regole, possono tracimare e tradursi – come di fatto, più volte nella storia, si sono tradotte – nella legge del più forte o del più ricco. Una sproporzione esagerata, eccessiva, estrema nel godimento delle libertà che veda da un canto pochi onnipotenti capitalisti e, dall’altro, moltitudini prive dei beni necessari a condurre una vita dignitosa, non è solo ingiusta e incivile, è dannatamente pericolosa.
L’avidità e l’egoismo senza limiti sono tarli che erodono il pavimento su cui tutti camminiamo, alla lunga distruggono la solidarietà e minano la coesione di qualunque società. Merito e bisogno hanno fondamento nella natura umana. Diversi e alleati si equilibrano tracciando le coordinate e indicando la rotta di un progetto umano che non ha radici solo nell’Occidente e non deve essere buono solo per noi. Promuovere la libertà e la prosperità, non staccarsi dalle sofferenze, non sottomettersi al potere. Questa era la mia filosofia e questo il mio socialismo.
Non ho cambiato idea.