Con questo articolo termina la seconda serie di interventi di Franco Gabbani, attraverso i quali sono state esaminate e rivitalizzate storie e vicende del nostro territorio lungo tutto il secolo del 1800, spaziando tra fine '700 e inizi del '900 su accadimenti storici e vite di personaggi, che hanno inciso fortemente oppure sono state semplici testimonianze del vivere civile di quei tempi.
“perché i pisani veder Lucca non ponno”
Lui era gracilino e il compagno di viaggio ultracentenario, ma se ne andavano in giro per la Toscana come due turisti. Erano stati in Maremma a cercar di capire perché la Pia si fosse uccisa oppure era stata assassinata, a Pisa a parlar con Ugolino anche se era un nemico di Firenze e lo trovarono che “la bocca sollevò dal fiero pasto” urlando:
“Ahi Pisa, vituperio de le genti
del bel paese là dove 'l sì suona,
poi che i vicini a te punir son lenti,
muovasi la Capraia e la Gorgona,
e faccian siepe ad Arno in su la foce,
sì ch’elli annieghi in te ogne persona!"
Sì, anche lui con Pisa ce l’aveva, ma doveva stare neutrale, doveva raccontare e non giudicare. Decisero di andare in quella città che secoli dopo un altro poeta descrisse come “la città dall’arborato cerchio”.
Decisero di visitare allora un nuovo girone andando oltre i monti.
Arrivati ai Bagni di San Giuliano rimasero perplessi perché la salita del monte era dura e decisero allora di seguire la strada pedemontana alla sinistra anche se gli abitanti del posto, novelli operatori turistici, spingevano affinché il poeta passasse dal passo in alto che avrebbe dato loro notorietà futura.
Arrivarono ad un fiume che avevano già sentito nominare alle Malebolgie:
“…qui si nuota altrimenti che nel Serchio!
Però, se tu non vuo’ di nostri graffi,
non far sopra la pegola soverchio”.
Appena passato Avane il Serchio si mostrò e la vallata si aprì allo sguardo, ma Lucca dov’era?, chiese Dante al vecchio compagno che lo sopportava e supportava e che gli ricordò le parole del conte Ugolino: “perché i pisani veder Lucca non ponno!”
aggiungendo da grande filosofo storico umanista meteorologico:
”perché c’è la nebbia!”
“Meditate gente, meditate”
Questo lo disse Renzo Arbore.