Con questo articolo termina la seconda serie di interventi di Franco Gabbani, attraverso i quali sono state esaminate e rivitalizzate storie e vicende del nostro territorio lungo tutto il secolo del 1800, spaziando tra fine '700 e inizi del '900 su accadimenti storici e vite di personaggi, che hanno inciso fortemente oppure sono state semplici testimonianze del vivere civile di quei tempi.
Lo slittamento-Schlein deve archiviare la stagione populista, se vuole sperare di battere Meloni
La segretaria del Pd è arrivata quasi alla metà del suo mandato, ma il suo cerchio magico nazarenico non ha prodotto idee forti da proporre al Paese. È arrivata l’ora di ascoltare le menti migliori dell’area che si oppone all’Internazionale tecno-nera per scrivere un programma solido, nel solco di una sinistra di governo rinnovata e capace di fermare la deriva di Roma-a-Lago
Tra due mesi saranno trascorsi due anni dalla sua elezione a segretaria del Partito democratico: Elly Schlein è al giro di boa del mandato, più in termini politici che in quelli della tempistica congressuale. Da parte sua, dopo un po’ più di due anni, Giorgia Meloni è bene in sella mentre le opposizioni arrancano. La presidente del Consiglio oggi è a Washington con tutta l’Internazionale tecno-nera che domina il mondo, mentre la sinistra (e meno male che li ha fatti) ha tenuto due convegni a Orvieto e Milano: insomma, lo scarto d’immagine è abissale. Ma proprio per questo è adesso che la leader del Pd deve fare uno scatto e aprire la stagione del superamento di quel post-populismo che negli ultimi dieci anni ha infettato la cultura progressista del Pd.
Come ha spiegato Claudia Mancina nella relazione al convegno di Orvieto di Libertà Eguale, «lo slittamento della sinistra in una dimensione populista è una evidente espressione della sua debolezza, della sua rinuncia all’obiettivo di governare, e prima ancora di comprendere, la società». Questo slittamento va corretto, recuperando un programma e anche uno stile più pragmatico che ricollochino il Pd nel solco di una sinistra di governo rinnovata. È quello che chiede Romano Prodi: «Siamo stati muti per troppo tempo corrosi dal mito dell’uomo o della donna sola al comando».
Da parte sua Paolo Gentiloni ha fatto lo sforzo di entrare nel merito, esattamente ciò che la sinistra ha smesso di fare in questa stagione movimentista senza movimenti.
Un esempio? La sicurezza. È un problema che esiste. Solo che la destra una ricetta ce l’ha, cioè la privatizzazione della sicurezza modello Stati Uniti: chi è ricco paga gli agenti privati e chi è meno ricco si compra una pistola. Lo stesso dicasi per la sanità. O per le pensioni. Addio Stato. Non è una battaglia di sinistra assicurare i diritti con il sistema pubblico?
Come ha detto Giorgio Tonini nello stesso consesso orvietano si tratta di sfidare il governo «non limitandosi a giocare di rimessa, ma costruendo una proposta al paese, visionaria nei fini e realista nei mezzi». Sì può onestamente dire che da questo punto di vista il Pd stia messo bene? No. E siccome non si può prescindere dal Pd, come hanno osservato Prodi e Gentiloni («extra ecclesiam nulla salus»), ora che il populismo contiano appare senza più energia la cosa più sbagliata sarebbe che Schlein facesse orecchie da mercante alle sollecitazioni che vengono da Orvieto e a quelle, un po’ meno chiare dal punto di vista delle policies, di Milano.
Non sono dibattiti astratti, come forse il suo pragmatismo americano la porta a credere. E non è fuoco amico contro di lei. Elly ha l’opportunità di parlare con i milanesi e gli orvietani per fare quello che non ha fatto finora: uscire dal cerchio magico della sua squadra nazarenica e buttare giù, con chi ci capisce qualcosa, idee programmatiche forti.
Senza proposte serie è impossibile battere la sezione italiana del trumpismo che sta a palazzo Chigi. Dovrebbe parlare con i protagonisti dei due convegni, gente di prim’ordine, potrebbe incontrare Ernesto Maria Ruffini e Gentiloni, perché è difficile vincere contro la squadra di Roma-a-Lago con solo le amichette e gli amichetti del Nazareno.
Ora che il post-populismo non lo assedia più, davanti al Pd c’è una strada bella da percorrere. I riformisti hanno parlato, ora tocca a Elly Schlein dimostrare di saper accantonare il suo separatismo ideologico e il vizio assurdo di una sinistra minoritaria e perdente.