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Con questo articolo termina la seconda serie di interventi di Franco Gabbani, attraverso i quali sono state esaminate e rivitalizzate storie e vicende del nostro territorio lungo tutto il secolo del 1800, spaziando tra fine '700 e inizi del '900 su accadimenti storici e vite di personaggi, che hanno inciso fortemente oppure sono state semplici testimonianze del vivere civile di quei tempi.

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Resta da capire se con scappellamento a dx o sx. O .....
sono borborismi -ndr: borborigmi- mantrici, piu chiaro .....
Elena Schlein:
“Bisogna abbracciare prospetti dinamici .....
come se servisse a qualcosa. . . anzi peggio
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Non appena ci salutano le feste del Natale
lasciando una scia di pandori e dolciumi,
panettoni e e frutta secca a fiumi
Ecco affacciarsi ovunque
zeppole, .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
di Claudio Petruccioli
Dal Pd non si può prescindere, ma non è ancora il pilastro riformista che deve essere

23/1/2025 - 9:28

Dal Pd non si può prescindere, ma non è ancora il pilastro riformista che deve essere

 Chi si ritrova qui a Orvieto da venticinque anni – provenendo da itinerari politici diversi e con diverse culture politiche, lo ha fatto, fin dall’inizio, non alla ricerca di qualche centro o centralità; ma per contribuire alla costruzione della sinistra di governo, di cui c’è bisogno oggi: in Italia, in Europa e nel mondo.

Coloro che osservano le vicende politiche, che ne riferiscono e ne discutono sui media, non fanno mai uso di questa espressione “sinistra di governo”. I più – ne sono certo – non la capiscono; ma ad alcuni (non pochi) non piace; perché, come l’angelo di Benjamin procedono con la testa rivolta all’indietro, quando in Italia “sinistra” e “governo” erano considerati per i motivi più diversi concetti incompatibili.

Ci siamo costituiti in LibertàEguale, abbiamo pensato e agito come LibertàEguale sulla base di una esplicita e ripetuta convinzione, che non è mai cambiata: per una sinistra di governo capace di raccogliere tutte le risorse (programmi, competenze, consenso, leadership) necessarie per dar vita a una coalizione credibile ed efficiente, capace di vincere nella competizione con la destra, è assolutamente indispensabile un pilastro riformista.

E’, oggi, il PD il pilastro riformista?

NO. E’ possibile intravedere, in tempi politicamente utili, la nascita di un altro soggetto che assuma su di sé la funzione di “pilastro riformista”? NO. Dal PD, dunque non si può prescindere. Anche, anzi soprattutto perché, per l’impulso da cui è nato e per la sua storia, il PD è il luogo in cui si raccolgono in modo naturale, ovvio, quanti aspirano ad una alternativa vincente al governo delle destre. E per questo i cittadini lo votano…quelli che ancora vanno a votare. La considero una precisazione necessaria; perché se è vero che negli ultimi due anni la percentuale dei voti al PD è cresciuta, segno di indubbio irrobustimento, se guardiamo non alle percentuali ma alle teste le risultanze sono diverse.

Nell’unica consultazione generale svoltasi in questo periodo, le Europee del 2024 i votanti del PD sono diminuiti di 450.000 unità (su sei milioni circa) rispetto a cinque anni prima. Con l’eccezione della Liguria e dell’Umbria nel turno più recente, nelle elezioni regionali l’andamento è stato lo stesso. Comunque il PD è l’invaso nel quale confluiscono la maggior parte delle persone che si collocano nell’area che si conviene chiamare di “centrosinistra”. E’ un giacimento consistente che induce non pochi dirigenti di vario ordine e grado a pensare che ciò sia sufficiente non solo a garantire la presenza sul palcoscenico della politica ma anche a fornire la struttura portante della coalizione. Non è così; tanto è vero che altri pensano e dicono che “serve una grande forza liberale e democratica” (parole testuali di Pierluigi Bersani); intendendo con ciò non il PD ma un altro soggetto che lo affianchi, lo integri, lo completi. Si può fare l’elenco delle voci che si esercitano sullo stesso spartito; a cominciare da Goffredo Bettini. A me sembrano dichiarazioni di impotenza, atti di abdicazione; ma forse è solo preoccupazione burocratica, spirito di conservazione, difesa di rendite di posizione. Non si vuole che il “giacimento PD” sia messo alla prova e alla frusta affinché faccia e sia quello che deve essere e fare, quello per cui è stato pensato e varato. Vale a dire il pilastro riformista che assume su di sé non dirò una vocazione, perché è una parola che a molti non piace, ma una responsabilità maggioritaria; responsabilità che, se non la assume il PD non c’è altri che possa farlo.

Ecco il motivo per cui tutti i riformisti, ovunque siano, dentro o fuori il PD, devono coinvolgerlo, investirlo, non lasciarlo tranquillo. Non è facile farlo, me ne rendo conto; perché si incontra un ostacolo che ha a che fare con la democrazia. Si parla molto di democrazia, lo stiamo facendo e lo faremo anche noi oggi riflettendo sull’Italia, sull’Europa e sul mondo. Luigi Zanda in una bella intervista su Domani di mercoledì scorso, ha giustamente concentrato l’attenzione su problemi di democrazia direi “preliminari”, alla nostra portata, di cui abbiamo diretta responsabilità. Innanzitutto, basta con una legge elettorale che consente all’elettore solo la scelta di una sigla; l’umiliazione del Parlamento, il rischio che se ne vanifichi la funzione comincia da qui. Ma, poi, c’è anche il funzionamento del PD, le norme che lo regolano e il funzionamento materiale, come si dice. Non si sfugge a una domanda: oggi il PD è un partito il cui funzionamento è, sotto il profilo democratico, soddisfacente o almeno sufficiente? La risposta non può essere positiva, perché è rispettata una sola condizione della democraticità di una organizzazione: la contendibilità della leadership. Tutt’altro che soddisfacente è la partecipazione, e non lo sono i processi decisionali. Scelta la leadership, la democrazia è di fatto archiviata fino alla scelta successiva. Il pluralismo deve vivere sempre, soprattutto nel processo decisionale. Alla decisione si deve arrivare e deve essere chiaro chi ne ha il potere e la responsabilità. Ma altro sono le decisioni cui si giunge sulla base di un pluralismo effettivo ed operante, che ne garantisce anche la trasparenza; altro quelle proclamate in assenza di pluralismo perché vanificato nei fatti o perché restato silenzioso per scelta.

Il pluralismo deve vivere quotidianamente; la leadership deve misurarsi in continuità con il pluralismo. I modi per farlo sono vari; ma certo non c’è confronto pluralistico quando gli organismi ristretti sono monocromi e monotoni (la fortuna dell’espressione “cerchio magico” dirà pure qualcosa) e il pluralismo viene relegato in una assemblea di duecento persone che si riunisce, per poche ore, poche volte l’anno. Se non si cambiano queste cose, non si risolve nulla. E non si trovano risposte convincenti neppure al problema della scelta della leadership della coalizione; problema rilevante anche per la buona salute del sistema democratico nazionale perché coincide con la candidatura a premier.

Un attento e acuto osservatore della politica, Alessandro Campi, pochi giorni fa ha scritto: “Elly Schlein è riuscita nel compito più difficile: prendere il controllo di un partito che non era il suo. Il cambio culturale e generazionale verso una sinistra transnazionale, tutta ecologismo, diritti soggettivi, inclusione del diverso, elogio delle minoranze oppresse, lotta al patriarcato e globalismo umanitario sembra compiuto. Il problema del PD è se, su queste basi, possa costituirsi un’alternativa di governo credibile.

”Io penso che non sia possibile.

Riassumendo. Dal PD non si può prescindere.

Ma il PD attuale non è quello che dovrebbe essere per svolgere il ruolo che gli compete, quello per cui è nato e che nessun altro può svolgere. Compito dei riformisti, ovunque siano, è battersi fino a quando questa distonia non sarà corretta e superata.

Chi non lo fa, scivola nell’attendismo, che del riformismo è l’esatto contrario. I riformisti devono uscire dall’attendismo nel quale – diciamolo – da troppo tempo sono adagiati.

Claudio Petruccioli
Politico e giornalista, fa parte della presidenza di Libertàeguale. È stato parlamentare del Pci/Pds/Ds per cinque legislature. Presidente della Commissione di vigilanza Rai dal 2001 al 2005 e Presidente del consiglio d’amministrazione della Rai dal 2005 al 2009.







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