Con questo articolo termina la seconda serie di interventi di Franco Gabbani, attraverso i quali sono state esaminate e rivitalizzate storie e vicende del nostro territorio lungo tutto il secolo del 1800, spaziando tra fine '700 e inizi del '900 su accadimenti storici e vite di personaggi, che hanno inciso fortemente oppure sono state semplici testimonianze del vivere civile di quei tempi.
Con questo articolo termina la seconda serie di interventi di Franco Gabbani, attraverso i quali sono state esaminate e rivitalizzate storie e vicende del nostro territorio lungo tutto il secolo del 1800, spaziando tra fine '700 e inizi del '900 su accadimenti storici e vite di personaggi, che hanno inciso fortemente oppure sono state semplici testimonianze del vivere civile di quei tempi.
Il ricercare informazioni e documenti ha richiesto un grandissimo impegno per Franco, ricompensato dall'interesse dimostrato dai lettori, decisamente significativo, sulla base delle letture ottenute tramite il giornale e la pagina Facebook, oltre ad altri canali social.
Mi auguro di poter riprendere il discorso più avanti. Per il momento una grande ringraziamento a Franco Gabbani!
Sandro Petri
INQUIETUDINI DI FINE SECOLO
LA GRANDE STORIA IN UNA PICCOLA PROVINCIA, TRA ‘800 E ‘900
di Franco Gabbani
Con i precedenti articoli pubblicati su “La Voce del Serchio” abbiamo ripercorso i principali avvenimenti che nell’800 interessarono il nostro territorio nel quadro del Granducato di Toscana e, successivamente, del Regno Sabaudo, soffermandoci sui difficili rapporti che si erano creati fra il nuovo Regno e lo Stato della Chiesa dopo il 17 Marzo 1861 (proclamazione dell’Unità d’Italia).
Termineremo quel viaggio analizzando le vicende storiche degli ultimi decenni del XIX secolo.
Dopo la proclamazione del Regno d’Italia i compiti che i parroci svolgevano fin dal Concilio di Trento, come pure quelli che venivano loro richiesti con le ordinanze e circolari governative, vennero pian piano assunti dagli organi amministrativi dello Stato.
Il riferimento è in particolare alla tenuta dei registri delle nascite, matrimoni, morti e stato delle anime.
La consegna di questi registri, o la trasmissione dei dati in essi contenuti, incontrò la resistenza dei parroci: il passaggio comprometteva fortemente il loro essere punto di riferimento della comunità, per tutto ciò che aveva riguardo anche ai suoi bisogni temporali.
E’ a questo proposito che, nel 1868, il Prefetto di Pisa scrisse all’Arcivescovo:
Pisa, 1 Aprile 1868
REGIA PREFETTURA
DELLA PROVINCIA DI PISA
Non poche lagnanze per parte dei Sindaci della Provincia sono pervenute a questo uffizio, accennanti al diniego assoluto da parte di alcuni Parroci ad apprestare le necessarie notizie che riguardano lo Stato Civile negli anni anteriori al 1866 e segnatamente le fedi di nascita, di morte e degli Iscritti alla Leva. Il Ministero di Grazia e Giustizia al quale molti uffizi direttamente reclamano per un tal fatto, ha recentemente stabilito la massima che i Parroci delle Province Toscane essendo ritenuti come depositari dei Registri dello Stato Civile anteriori al
Giugno 1866, sono per conseguenza in questa parte considerati quali pubblici uffiziali, e giusta l’art. 165 del Codice Penale Toscano, non possono rifiutarsi di aderire alle domande delle Autorità Comunale, quando richiedono tali documenti per un interesse pubblico, come
sarebbe quello della Leva, o dell’impianto del Registro di popolazione.
Che ove poi i medesimi si rifiutassero, incorrerebbero nella pena stabilita
nell’art. 6 del Codice stesso.
Il sottoscritto pertanto onde evitare dispiacevoli conseguenze che potrebbero derivare ai suddetti ecclesiastici ove persistessero nel diniego sopra descritto, prega l’E. V. affinché valendosi dell’influenza che presso i medesimi esercita, voglia esortarli a non essere riottosi ed apprestare le notizie che loro vengono domandate dagli Uffizi Comunali.
Nella piena fiducia che l’E. V. vorrà secondare le istanze del sottoscritto, gliene anticipa i più sentiti ringraziamenti, e le sarebbe molto grato, se volesse favorirlo di un cenno di riscontro. (1)
Altro motivo di scontro, nei rapporti fra Stato e Chiesa, fu la contrapposizione fra il matrimonio religioso e quello civile. Il Matrimonio religioso era per la popolazione quello vero, quello civile veniva dopo (dopo qualche mese, ma in alcuni casi anche dopo anni).
Con il primo Codice Civile dello Stato postunitario (1865) venne disciplinato anche il matrimonio che stabiliva: “ il matrimonio deve essere celebrato nella casa comunale e pubblicamente innanzi all’ufficiale dello stato civile del comune”.
Il matrimonio civile divenne così l’unica forma di unione coniugale riconosciuta dallo Stato, anche se ovviamente non era vietato ai cittadini cattolici contrarre, successivamente, anche il matrimonio religioso.
Numerosi matrimoni vennero celebrati con il solo rito religioso, di conseguenza emersero situazioni di illegittimità e il Parlamento dovette intervenire per sottolineare la precedenza del
matrimonio civile, vietando alle autorità ecclesiastiche di celebrare le nozze se prima non fosse stato adempiuto il rito civile.
Altro fenomeno di fine ‘800 fu il crescente accesso all’istruzione: i governi avevano acquisito la consapevolezza che la grandezza di un paese dipendeva strettamente dal livello culturale del suo popolo.
Tutto questo, però, non impedì la crescita del flusso migratorio verso le Americhe che, tra la metà ‘800 e i primi anni del ‘900, riguardò alcuni milioni di italiani.
Causa del flusso migratorio fu la crescita demografica unita alle cattive condizioni economiche che avevano creato un diffuso malcontento nel paese: la tensione politica e sociale sarà l’elemento caratterizzante degli ultimi due decenni dell’800.
Negli anni ottanta l’esercito italiano era stato inviato in Africa con la motivazione di permettere l’affermazione dell’Italia come potenza e per tenere alto l’onore della nazione: in realtà molti videro in quest’impresa un rinnegamento del Risorgimento e del principio che “ vuol libero e uno ogni popolo e rispettata l’indipendenza delle nazioni”.
Le sconfitte di Dogali e Adua arresteranno, provvisoriamente, le mire coloniali italiane e daranno avvio ad una rivolta morale e politica della popolazione per dire “no all’Africa”.
Ancora più grave, però, sarà il malcontento per la mancanza di una politica per il miglioramento sociale che era stato promesso fin dal 1861.
Il malcontento aveva generato tumulti in molte parti d’Italia: in Emilia Romagna, in Lunigiana, in Sicilia. Spesso la polizia per riportare l’ordine aveva avuto bisogno dell’aiuto dell’esercito e le Prefetture avevano inviato ai gonfalonieri lettere di questo tenore:
PREFETTURA DI PISA
Pisa 20 Dicembre 1893
RISERVATA URGENTISSIMA
Sono informato che da qualche giorno studenti socialisti appartenenti a questo ateneo vadano tenendo in alcune frazioni del circondario pubbliche conferenze a scopo di fare propaganda dei loro principi, ed inculcare negli animi la necessità di costituirsi in fasci a guisa di quanto
viene praticato in Sicilia.
Anche facendo astrazione dal fatto che la classe operaia ha bisogno di essere aiutata col procurarle il lavoro di cui difetta, non trovasi certo nelle condizioni che travagliano i braccianti della Sicilia; è sempre savio provvedimento impedire la diffusione di idee che possono condurre
all’odio fra le classi sociali e prevenire una situazione nociva al ben’inteso interesse dei lavoratori e per la quale l’ordine pubblico sarebbe compromesso.
In presenza delle mene suindicate e in considerazione dei pericoli per l’ordine sociale che possono derivarne, è necessario esercitare una rigorosa sorveglianza sulle mene stesse.
A questo scopo vorrà V. S. trovare modo di dissuadere i promotori di tenere conferenze in codesto Comune, e, se le pratiche preventive abortissero, Ella vorrà esigere dal promotore la stratta osservanza delle formalità di cui all’art. 1 della Legge di P. S. (...)(2)
A Milano, nel Maggio 1898, si verificarono i fatti più gravi.
Era stato proclamato uno sciopero generale in seguito all’uccisione, da parte della polizia, di uno studente e l’arresto di tre operai della Pirelli che stavano distribuendo manifestini socialisti.
Il presidente del consiglio, il marchese di Rudinì, aveva fatto intervenire l’esercito al comando del generale Bava Beccaris.
Nella città si erano verificati, per alcuni giorni, scontri fra l’esercito e i dimostranti, che, Bava Beccaris, aveva sedato cannoneggiando la folla e causando un centinaio di morti e più di cinquecento feriti.
Mentre il popolo battezzava il generale “Macellaio di Milano”, il Re Umberto gli concedeva la croce di grande ufficiale dell’ordine militare di Savoia “per il grande servizio reso alle istituzioni e alla civiltà”.
Negli ultimi due anni dell’800 peserà enormemente la di queste sanguinose repressioni, mettendo in evidenza l’inefficienza dei governi e la crisi di un regime che culminerà nel nuovo secolo, il 21 Luglio 1900, quando a Monza, le rivoltellate dell’anarchico Bresci uccideranno Re Umberto.
"Nessuna epoca muore senza preannunciare in sé quella successiva. Nessuna epoca nuova nasce senza affondare le radici in quella precedente”
Così avvenne anche per il nuovo secolo, il 1900.
RIFERIMENTI ARCHIVISTICI E BIBLIOGRAFICI:
Archivio Storico Diocesano-Pisa, Carteggi e atti delle Autorità Civili.
Archivio Storico Comune di Vecchiano. Documenti da catalogare.
(1) A.M. Banti, L’età contemporanea. Dalle rivoluzioni settecentesche all’imperialismo,
Laterza e figli, Roma-Bari, 2009.
(2) P. Chicca, ALMADOC – Centosessant’anni di cronaca Vecchianese, Felici Editore, Pisa, 2000..
P. S. Con questo articolo si conclude il “viaggio” attraverso l’800, ma si conclude (mi auguro solo momentaneamente) anche la mia collaborazione con la Voce del Serchio.
E’ stato un percorso piuttosto lungo, un lavoro appassionante che ha richiesto la frequentazione di diversi archivi e la consultazione di un numero assai grande di documenti, con l’intento di far
conoscere ai lettori un po’ della storia dei nostri antenati e delle situazioni di quei tempi, nella convinzione che la conoscenza del nostro passato aiuti a conoscere, a capire e, soprattutto, ad apprezzare di più il nostro presente.
Sono molte le persone che, in modi diversi, mi hanno aiutato in questo lavoro di ricerca..
Vorrei quindi ringraziare: Sandro Petri, Presidente della “Associazione culturale la Voce dl Serchio” per aver favorito e accompagnato la pubblicazione degli articoli, la Dr.sa Maddalena Taglioli dell’Archivio Salviati presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, la Dr.sa Elisa Carrara dell’Archivio Storico Diocesano di Pisa, gli impiegati dell’Ufficio Anagrafe del Comune di Vecchiano, per la loro cordiale accoglienza, la Dr.sa Monica Matteucci per le interessanti informazioni sugli argomenti della mia ricerca.
Infine il ringraziamento più grande va ai lettori della VdS che hanno accompagnato i miei articoli con le loro numerose visualizzazioni.