Un esperienza di crescita di gruppo famiglia grazie a due meravigliosi cucciolotti.
RAFEE, figlia di una galga spagnola abbandonata incinta, salvata da un associazione .Tutti i cuccioli sono stati adottati.
UGO meticcio di una cucciolata abbandonata. Saputo successivamente che insieme ai fratellini è stato protagonista di un servizio TV sui cani abbandonati..
Gianna Manzini (Pistoia, 1896 – Roma, 1974) e’ stata narratrice, cronista, saggista, fine lettrice e divulgatrice dell'opera di Virginia Woolf, ha esplorato temi come l'identità, la memoria e l'emancipazione femminile.
Nonostante il favore dei critici e i premi ottenuti, come molte altre scrittrici, e’ stata presto dimenticata.
Gianna Manzini nasce a Pistoia nel 1896. I genitori si separano presto a causa del contrasto tra le idee anarchiche del padre e le aspettative della ricca famiglia d’origine della madre; Gianna cresce con lei in un’atmosfera agiata, ma già da adolescente sviluppa una malattia cronica ai polmoni che la accompagnerà per sempre.
Terminati gli studi nel 1914 si trasferisce con la madre a Firenze, città culturalmente molto vivace negli anni del primo dopoguerra; qui frequenta la facoltà di Lettere e si laurea nel 1920; inizia a pubblicare racconti e incontra Bruno Fallaci, critico letterario, che sposa poco tempo dopo.
Il suo esordio avviene con il romanzo Tempo Innamorato, nel 1929 pubblica la raccolta di racconti Incontro col falco; l’anno seguente è l’unica donna all’interno dell’antologia Scrittori nuovi, curata da Enrico Falqui ed Elio Vittorini.
Dopo la morte della madre e la separazione dal marito, Gianna si trasferisce a Roma per raggiungere Falchi di cui nel frattempo si è innamorata: sarà una relazione tempestosa che comunque durerà fino alla morte. Con il suo compagno fonda la rivista Prosa, che ospita scritti di Thomas Mann, Jean Paul Sartre, Virginia Woolf e Paul Valéry.
Contemporaneamente Gianna firma con lo pseudonimo di Vanessa articoli di moda femminile su varie riviste del tempo. Nel 1945 pubblica il romanzo sperimentale Lettera all’editore e nel 1953 la raccolta di testi Animali sacri e profani, molto apprezzato da Pier Paolo Pasolini. Nel 1956 vince il Premio Viareggio con La Sparviera, ispirato in parte dalla sua malattia polmonare: secondo Giuseppe Ungaretti questo romanzo sarebbe stato «una delle pochissime opere di cui parlerà la gente di domani», ma la sua profezia non si è avverata.
Con il romanzo Un’altra cosa nel 1961 si aggiudica il premio Marzotto; nel 1971 vince il Premio Campiello con Ritratto in piedi e nel 1973, poco prima della sua morte pubblica il volume di racconti Sulla soglia. È in queste due ultime opere che Gianna ritorna al periodo doloroso dell’infanzia e dell’adolescenza per sviscerare tutto il suo vissuto a partire dallo scontro tra una madre ricca, borghese, conservatrice e un padre che lascia agi e famiglia per seguire un ideale.
Dopo il trasferimento a Firenze nell’autunno del 1914 Gianna mantiene con il padre, pur molto amato, un rapporto saltuario e distante. Giuseppe Manzini viene ripetutamente arrestato e incarcerato per le proprie idee politiche e nel 1921 condannato al domicilio coatto a Cutigliano, nel pieno dell’ondata di violenza fascista e degli scontri con gli antifascisti che insanguinano la Toscana e Pistoia. Nel 1925 viene aggredito da fascisti locali che lo feriscono: muore di infarto due giorni dopo. Il senso di colpa irreparabile, per non essergli stata vicina, perseguita Gianna fino a quando anziana ripercorre il difficile legame con lui in Ritratto in piedi. La narrazione, che rappresenta il bisogno di una pacificazione interiore tramite uno scavo in se stessi profondo e doloroso, procede attraverso i ricordi di bambina, fatti di strade e personaggi, dialoghi, impressioni, che restituiscono la figura del padre amato, ma anche rinnegato, dell’uomo e dell’anarchico.
Insieme al ritratto del padre il romanzo offre anche quello di una città. Che città, a quei tempi, Pistoia: viatici, funerali, campane a morto, campane a festa, fanfare, bisbigli, bisbigli, bisbigli; e monti bellissimi, turchini, a cingerla da est a ovest, alitando, quella pungevolezza d'aria odorosa, un frizzo incitante; e venditori ambulanti: "Bollenti che fumano...: chi ne mangia uno, ne mangia due..." e mendicanti sullo zoccolo di monumenti equestri, o sui gradini delle chiese. Uno, Cianino, passava il lunedì; era piccolo come un vecchio bimbo ridente. Ripeteva, il mio babbo: "Finché esisterà un solo mendicante...." Vecchia frase? Frase fatta? Ma il suo ardore era nuovo; e intatta la sua fede: "... nessuno avrà il diritto d'essere felice"
Tra i temi cari alla scrittrice sicuramente c’è quello degli animali: presenti in quasi tutti i suoi lavori, diventano protagonisti assoluti di una serie di racconti dando vita a un bestiario di eccezionale valore letterario. Ma ogni animale è una forma e un significato splendidamente raggiunto. E io penso che i loro visi siano così ben modellati dal di dentro, a causa della parole cui hanno inutilmente anelato: tanti segreti mantenuti, tanti ragionamenti mai articolari. È nell’intensità della loro espressione che ognuno di noi trova uno speciale silenzio, uno speciale spazio. Una scrittrice complessa e raffinata da leggere o rileggere per conoscerne il percorso originale e innovativo; per l’attualità dei temi trattati - i legami affettivi, le scelte ideologiche, la ricerca di autonomia da parte delle donne, il rapporto tra genitori e figli… - ; per la capacità di analisi e autoanalisi, per la esplorazione attenta e profonda dell’animo umano.
• Ritratto in piedi, Ortica Editrice, 2011 - Mondadori, 2024;
• Lettera all’editore, Sellerio, 1993;
• La moda di Vanessa, Sellerio, 2003;
• Autoritratto involontario e altri racconti, La Tartaruga, 1996;
• Favola dell’ulivo e altre prose liriche, Via del vento, 1994;
• Il merlo e altre prose, Via del vento, 2005;
• Cielo di Pistoia e altri racconti, Via del vento, 2007;
• Scacciata dal paradiso, Hacca, 2012;
• «La voce non mi basta». Lettere a Giuseppe De Robertis e a Emilio e Leonetta Cecchi, Società editrice Fiorentina, 2019.