Un esperienza di crescita di gruppo famiglia grazie a due meravigliosi cucciolotti.
RAFEE, figlia di una galga spagnola abbandonata incinta, salvata da un associazione .Tutti i cuccioli sono stati adottati.
UGO meticcio di una cucciolata abbandonata. Saputo successivamente che insieme ai fratellini è stato protagonista di un servizio TV sui cani abbandonati..
PERCHÉ LE DICHIARAZIONI DI TRUMP SU GAZA NON MI HANNO AFFATTO STUPITO...
Sempre alla ricerca di punti di vista più originali, questa settimana titolerei così:
A ONOR DEL VERO... SE NON BASTASSE...
(a dimostrazione che non sono un tifoso).
Penso che i palestinesi, per fare valere i loro diritti sul serio, dovrebbero disfarsi di Hamas, e anche di questa autorità palestinese, corrotta, vecchia e squalificata, che andrebbe sostituita.
Ho la sensazione che in molti non siano informati adeguatamente sulla questione palestinese, perché, al di là dell'enfasi che viene riservata in certi passaggi, direi che taluni dettagli vengono trascurati e omessi, mentre, al contrario, rappresentano ragioni ben più concrete alla base dei vari comportamenti. INSOMMA, NON È SOLO UNA QUESTIONE DI TERRA, ma anche di mare e di ciò che c'è sotto.
Anche per questo le recenti affermazioni di Trump, che appaiono a molti come "da sbruffone" e "campate in aria"... non mi sorprendono affatto, perché partono, al contrario, da obiettivi e interessi tutt'altro che fantasiosi.
Inutile ricordare che ormai, nel mondo, siamo "circondati" da tifosi... (la squadra di appartenenza è indifferente). È più semplice schierarsi per motivi ideologici o passionali, con quelli non c'è bisogno né di capire né di approfondire. Quindi, o ti imbatti in "deficienti" che sbraitano e ingigantiscono anche ciò che non ha bisogno di essere ingigantito, oppure cadi nelle mani di "delinquenti" in malafede (i peggiori) che strumentalizzano gli uni e gli altri, cosicché i veri "predatori", sulla scena internazionale, se ne stanno in disparte e non si vedono mai...
Sempre più difficile invece è trovare qualcuno che ragiona e si pone degli interrogativi, cosicché quando parli di cose concrete ti prendono per un marziano. Proviamo comunque a farlo (il marziano), iniziando con una frase che non tutti sul momento capiranno: "se il piano Mattei inizia così, meglio smettere o cambiargli nome".
Vado al sodo... Recentemente Trump, in una conferenza con Netanyahu ha dichiarato:
"Gli Stati Uniti prenderanno il controllo di Gaza, un controllo a lungo termine, che porterà stabilità al Medio Oriente, Gaza sarà la riviera del Medio Oriente. I palestinesi devono lasciare Gaza e vivere in altri Paesi in pace, Gaza è un simbolo di morte e distruzione per decenni, i palestinesi vogliono tornarci perché non hanno alternative", una affermazione non da poco.
Sottinteso: diamogliene una (di alternative) e mandiamoli da un'altra parte. Aggiungo io, un po' come a suo tempo avveniva per gli indiani d'America, spediti nelle riserve.
Naturalmente, se per i palestinesi, e gran parte del resto del mondo (me compreso), il piano di Trump è semplicemente "assurdo" e crea scandalo (potrebbe addirittura infiammare di nuovo la regione), c'è da tenere presente che non si tratta di una "boutade". Netanyahu, infatti, l'ha subito definita "un'idea straordinaria".
Possiamo ben immaginare, al contrario, la posizione (e lo sdegno) di Egitto e Giordania mentre per l'Europa la Striscia di Gaza "resta parte integrante di un futuro Stato palestinese", questa la dichiarazione ufficiale (#emmenomale).
Ma sono chiacchiere o intenzioni serie?
Posizionati così, i pezzi sulla scacchiera (tutto prevedibile), io non mi sono affatto stupito della affermazione di Trump, e del tempestivo plauso di Netanyau, anzi tutto torna e semmai trova un senso.
Proviamo ad andare più a fondo, per farlo occorre attingere alle informazioni del vero ministero degli esteri del nostro paese, dal dopoguerra in poi: l'ENI.
Una chiave di lettura fondamentale (di cui solo in pochi parlano, io lo avevo fatto qualche anno fa) sta appunto nelle dinamiche delle fonti ergetiche in quella zona, in questo caso dei giacimenti di gas (che sono enormi in quello specchio di mare) tra Cipro, Egitto, Israele, Libano, ed è giusto dire anche Gaza, di chi li gestisce e a chi spetterebbe la loro proprietà e i diritti di sfruttamento. Cose di cui i giornali parlano poco.
Cominciamo col dire che quello specchio di mare riguarda le acque territoriali egiziane, israeliane, libanesi, (Cipro è molto più al largo), ma anche le acque territoriali di Gaza, quindi dello "Stato palestinese", non ancora formato è vero, ma al momento riconosciuto dall'ONU, e ammesso alla Assemblea con Risoluzione dell'Aprile scorso come Stato osservatore, in attesa della sua piena adesione.
Sempre in pochi sanno che in base alle leggi internazionali anche quella zona del Mediterraneo orientale è suddivisa in zone di competenza.
Eh sì cari amici, anche Gaza, in quanto territorio dello "Stato Palestinese", ha le sue "acque territoriali" e zone di competenza, quindi se per alcune cose si usa dire "se non è zuppa è pan bagnato", in questo caso si può parafrasare che "se non è petrolio è gas", e si torna così alle risorse energetiche, al loro sfruttamento, quindi anche alla prevaricazione e alla prepotenza, che nella storia si ripete, e che noi italiani abbiamo anche conosciuto.
In quello specchio di mare la suddivisione delle acque territoriali e delle zone di competenza è ben chiara (vedi cartina).
Ora, ci sono in quell'area alcuni enormi giacimenti (alcuni sfruttati ed altri no, per altrettanto palesi motivi che andremo a vedere). Semplificando, il più grande in assoluto è "Zhor", nelle acque egiziane, ed è gestito da ENI (italia), attraverso una convenzione con l'Egitto.
Più a nord est, in acque israeliane ci sono altri giacimenti (Leviathan e Tamar), questi ultimi sono gestiti dal gigante americano Chevron e dalla Delek group (israeliana), e anche su questi, sulla loro proprietà e territorialità, c'è poco da dire. Naturalmente chi pensate che abbia sostenuto la Chevron nella campagna presidenziale americana? Trump o Biden? Dovrebbe essere più chiaro, ora, perché la affermazione di Trump non è una boutade?
Resta quindi bloccata la porzione di acque, di competenza della striscia di Gaza (vedi cartina), cioè, sulla carta, zona di riferimento dell'Autorità Palestinese, e ciò varrebbe anche per lo sfruttamento petrolifero e di gas.
Per la cronaca anche in Cisgiordania c'è un sacco di gas e petrolio, ma al momento sono gli israeliani che lo stanno sfruttando (potremmo dire anche "rubando") ma questo è un altro discorso ancora.
Più precisamente, il giacimento di gas denominato "Gaza Marine" (1 e 2), che è un campo/giacimento sottomarino situato a circa 36 chilometri dalla costa di Gaza (scoperto nel 1999), è considerato uno dei principali giacimenti di gas naturale NON SFRUTTATI nel Mediterraneo orientale.
Le sue riserve sono stimate in circa 1 trilione di piedi cubici (quasi 30 miliardi di metri cubi), una quantità significativa che potrebbe trasformare la vita di milioni di palestinesi, al punto di rendere questa terra martoriata un grande produttore di energia.
Inutile dire che la storia di questo giacimento è costellata di guai, controversie e rivendicazioni territoriali, e che è stata spesso associata alla lotta impari tra israeliani e palestinesi, ma che coinvolge anche i vari potenti sulla scena mondiale, multinazionali petrolifere comprese, e i loro "appetiti", e valutando le stime in metri cubi si deduce velocemente che si tratta di decine di miliardi.
Insomma le riserve stimate di Gaza Marine rappresentano un vero tesoro, e lo sviluppo del giacimento (attualmente bloccato) potrebbe garantire l'autonomia energetica dei Territori palestinesi, fornendo una fonte stabile e interna di energia, riducendo la dipendenza da costose (e spesso impraticabili, come si è visto in questi mesi) importazioni di carburante.
Lo sviluppo e lo sfruttamento di Gaza Marine consentirebbe anche di creare numerosi posti di lavoro, stimolando settori correlati all'industria del petrolio e gas, come la costruzione, la manutenzione e il trasporto, gettando quindi le basi per un vero "sistema economico".
Ma soprattutto la produzione di energia moltiplicherebbe le entrate (per lo Stato palestinese) che potrebbero essere utilizzate per migliorare infrastrutture e servizi pubblici, migliorando così le condizioni di vita di quel martoriato popolo, rendendo realmente concreta la formazione di una vera identità statale, uno Stato, o per dirla con la Meloni, una "Nazione".
Le "braccia" al terrorismo si tolgono, nel tempo, più con questi strumenti, che con quelli militari.
E VENIAMO AL GIACIMENTO....
Si dice infatti "potrebbe", ma è bloccato.
In verità una licenza era stata attribuita in passato (ma non l'ho verificato nel dettaglio) al "Fondo per gli Investimenti Palestinesi" (Palestine Investment Fund, Pif), un fondo di investimento sovrano, e alla società italiana Eni, che peraltro già gestisce il Giacimento "Zhor" lì vicino, come detto sopra.
Ma dove stanno allora i problemi? Su questo Fondo ci sono notizie contraddittorie, rivelatrici però della debolezza congenita della galassia palestinese, e soprattutto della Autorità palestinese stessa, che perde di credibilità ogni giorno.
Il Fondo sarebbe infatti stato gestito da soggetti poco affidabili e anche corrotti. Venne costituito nel 2003, tramite un trasferimento di asset precedentemente gestiti dall'Autorità Nazionale Palestinese. Oggi è presieduto da Mohammad Mustafa, che è anche ministro dell'autorità palestinese, ma in passato, nel 2012, il suo omonimo Mohammed Rashid (noto anche come Khaled Salam ed ex consigliere economico di Yasser Arafat), allora tesoriere dell'autorità palestinese, venne condannato a 15 anni di prigione dopo essere stato dichiarato colpevole di appropriazione indebita, da parte del PIF, dell'OLP e dell'Autorità Nazionale, gli è stata poi inflitta una multa di 15 milioni di dollari e gli è stato ordinato di rimborsare i 34 milioni di dollari sottratti, attualmente non si sa dove sia. Ma a chi fa comodo questa situazione? Non certo al popolo palestinese.
In sostanza l'Autorità palestinese riceve una gran massa di risorse, anche l'Unione europea ha contribuito con centinaia di milioni di euro, destinati a progetti umanitari e di sviluppo, così come altri paesi, dal Qatar all'Arabia Saudita hanno donato miliardi di dollari per la ricostruzione e l'assistenza umanitaria, ma di molte di queste risorse si perdono poi le tracce, dentro i rivoli di una più generale corruzione, e si giunge alla certezza che siano andate a finanziare i gruppi terroristici, le loro azioni, facendo diventare il terrorismo stesso non un fatto straordinario bensì un vero e proprio "sistema" radicato nei territori, innervato peraltro nella stessa popolazione, con ramificazioni, logistica, complicità e aiuti di vario genere.
Questo è un problema, ma è anche, e soprattutto UN ALIBI, per il fatto che tali risorse finiscono a finanziare l'acquisto di armi anziché al miglioramento delle condizioni sociali dei palestinesi. La presenza di Hamas, che nei fatti ha soppiantato nella striscia l'Autorità palestinese, ha rafforzato questa tendenza. Il popolo palestinese queste cose le subisce, e tutto questo porterà peraltro (è la mia opinione) alla graduale "estinzione" dei diritti dei palestinesi, che con il tempo faranno la medesima fine degli indiani d'America.
A proposito di Hamas, non si deve peraltro dimenticare (e mi assumo la responsabilità di quello che dico) che la formazione di Hamas è stata in un primo momento favorita dal Mossad come formazione anti-Al Fatah (gli estremi di solito si rendono sempre utili a vicenda tra loro).
Il governo di Netanyahu infatti, sostenuto dalla destra religiosa, ne ha di fatto favorito la nascita e la crescita. Perché? Per delegittimare l’Autorità palestinese e mettere una pietra tombale sopra la soluzione dei "due popoli due Stati", questa è la realtà... e ormai siamo al dunque.
Netanyahu, fattivamente, ha addirittura facilitato i finanziamenti del Qatar ad Hamas, ha moltiplicato i permessi di lavoro ai transfrontalieri che venivano da Gaza, mirando a dividere i palestinesi, sempre per poter affermare che la soluzione dei due Stati era impossibile in assenza di un vero interlocutore. Interlocutore (Autorità palestinese) che lui stesso ha contribuito a delegittimare.
È in questo modo che i governi israeliani (negli ultimi 15 anni) hanno "mirato alle gambe" della Autorità palestinese, è vero, già corrotta e squalificata di suo. In questo modo però, anche fra i palestinesi stessi, si è così radicata la convinzione che la lotta non violenta, e la via diplomatica, non portano da nessuna parte, perché conducono solo all’invasione dei coloni nella West Bank, allo stato di polizia permanente, a nuove confische dei terreni ed altri soprusi del genere.
In questo senso il governo israeliano ha nei fatti alimentato frustrazione e disperazione, non isolando il terrorismo, bensì ampliando a dismisura una "zona grigia", tra popolazione e terroristi, e portando i palestinesi a concludere che la violenza sia l’unica strada.
Ma torniamo a Gaza e al Giacimento, che rappresenterebbe un asso nella manica per i Territori palestinesi.
Si capisce così, perché il suo sviluppo sia bloccato dalla complessa situazione politica e di sicurezza della regione, e soprattutto dalle posizioni dure e inconciliabili da parte di Hamas e del governo israeliano, ora sfociate negli orrori di una sanguinosa guerra.
Valutando però, anche gli appetiti delle multinazionali petrolifere, che non svolgono certo un ruolo di secondo piano, si ottiene una visione più chiara, e si comprende che le affermazioni di Trump non sono affatto una boutade. Parliamoci chiaro, eliminare in qualche modo i palestinesi da Gaza, significa eliminare gli ostacoli e spianare la strada al giacimento, anche in barba al diritto internazionale. Così è più chiaro il perché i palestinesi dovrebbero disfarsi di Hamas e cambiare i loro rappresentanti nell'Autorità palestinese stessa. Non c'è la faranno mai da soli se nessuno li aiuta.
Il 29 ottobre 2023, a tre settimane dall’inizio della nuova operazione militare di Israele contro Gaza (a seguito degli attacchi di Hamas del 7 ottobre), il ministero dell’Energia di Tel Aviv ha concesso varie licenze (legittime?) per l’esplorazione di giacimenti di gas nelle acque antistanti la Striscia. Tra i beneficiari figurano l’inglese Dana petroleum (una filiale della South Korean national petroleum company), l’israeliana Ratio petroleum ed anche Eni, che evidentemente si è dimenticata dell'altro accordo.
Un provvedimento controverso, cui ha fatto seguito nei primi giorni di febbraio una diffida recapitata alle tre società da parte dello studio legale americano Foley Hoag, per conto di alcune organizzazioni umanitarie, in cui si chiede di "desistere dall’intraprendere qualsiasi attività nelle zone che ricadono nelle aree marittime dello Stato di Palestina". Sottolineando che tali attività costituirebbero una flagrante violazione del diritto internazionale (oltre che un vero e proprio furto, aggiungo io).
La notizia ha avuto una discreta eco anche nel nostro Paese, ma più tra gli addetti ai lavori, e, come ho detto in apertura, oltre il "tifo" non ci viene raccontato altro.
Ad alcune interrogazioni parlamentari il ministro degli Esteri Tajani ha risposto affermando che "il contratto è ancora in via di finalizzazione e il consorzio (con Eni) non ha titolarità sull’area, né sono in corso operazioni che avrebbero comunque natura esplorativa o di sfruttamento di risorse".
Se il cosiddetto "Piano Mattei" significa associarsi ai predatori forse è il caso di cambiargli almeno il nome, perché Mattei non stava dalla parte dei "predatori" ed è stato ammazzato per questo.
L'Italia, da parte sua, dovrebbe a mio avviso tenere di conto di quanto insieme all'Europa ha dichiarato originariamente (come riportato sopra), ovvero che "La Striscia di Gaza resta parte integrante di un futuro Stato palestinese", e dovrebbe altresì ricordare ad ENI che il suo fondatore avrebbe ragionato in coerenza con questa affermazione...
Spero di aver aggiunto notizie utili
BUON PROSEGUIMENTO...