Un esperienza di crescita di gruppo famiglia grazie a due meravigliosi cucciolotti.
RAFEE, figlia di una galga spagnola abbandonata incinta, salvata da un associazione .Tutti i cuccioli sono stati adottati.
UGO meticcio di una cucciolata abbandonata. Saputo successivamente che insieme ai fratellini è stato protagonista di un servizio TV sui cani abbandonati..
I rossobruni-L’ignobile attacco della Russia a Mattarella, e il letargo intermittente della sinistra
Soltanto le parole oscene del Cremlino contro il Presidente della Repubblica hanno convinto i partiti del campo largo a prendersela con la Russia, e a criticare i piani di Trump di appeasement con Putin
Quelli che difendevano più o meno furbescamente le ragioni di Vladimir Putin, oggi festeggiano la presunta “pax” di Donald Trump, che oltre a essere oscena, nemmeno è una cosa concreta semmai un castello di bubbole. C’è una coerenza nei putinian-trumpiani d’Italia: d’altronde Trump è il principale amico dello zar nel mondo. Escono in queste ore col sorriso sulle labbra populisti travestiti da pacifisti, utili idioti di Mosca e pupazzi prezzolati col pugno chiuso in segno di vittoria con l’aria di dire «ve l’avevamo detto», nuovi fascisti e vecchi brezneviani uniti nel farsi beffe della Resistenza degli ucraini e dei suoi alleati democratici, di Volodymyr Zelensky e di Joe Biden. I giornali di estrema destra, dalla Verità al Fatto, esultano.
A parte che forse è un po’ presto per far festa – la Russia non ha vinto la guerra perché non si è pappata l’Ucraina come voleva e l’Europa democratica non è morta – fa impressione la cinica arroganza di quelli che avevano capito tutto prima di tutti («Era chiaro che non poteva vincere nessuno», Massimo D’Alema) con la solita boria di quella buona parte della sinistra incatenata a una filosofia della storia da bar sotto casa. Filosofia misera, parafrasando Marx, che antepone le ragioni della forza a quelle ideali dentro il realismo falso e bugiardo del non voler ammettere che senza la Resistenza guidata da Zelensky le truppe del Cremlino sarebbero già in Moldavia o chissà dove: pericolo peraltro non scongiurato se il mondo civile dovesse cedere al presidente americano nel suo proposito di svendere alla Russia pezzi di Ucraina.
Se non ci fosse stato l’inaudito quanto delirante attacco di Mosca a Sergio Mattarella molto probabilmente né la sinistra italiana e neppure i riformisti ex terzopolisti che sul tema mai si spesero troppo, con rare eccezioni, avrebbero aperto bocca sui propositi trumpiani di regalare Donbas e Crimea al dittatore del Cremlino, arraffando per sé cinquecento miliardi sotto forma di terre rare. Senonché appunto ieri questi del campo largo si sono tutti palesati, da Elly Schlein a Italia Viva passando per l’eurodeputato Giuseppe Antoci, ché figuriamoci se Giuseppe Conte criticava di persona il Cremlino, per difendere il nostro Presidente della Repubblica che in splendido isolamento, o quasi, aveva detto a Marsiglia ciò che andava detto: Mosca reinterpreta oggi il ruolo di Berlino nel ’38. Sergio Mattarella, in quel discorso del 5 febbraio, aveva osservato giustamente che «furono guerre di conquista» quelle del Terzo Reich in Europa come lo è «l’odierna aggressione russa all’Ucraina». Lo stesso progetto.
Ci voleva il proditorio attacco di Maria Zakharova a Mattarella per svegliare il Partito democratico dal sonno in cui è piombato, per un’inspiegabile coincidenza da quando Mar-a-Lago detta legge, per far dire a Schlein che «la comunità democratica si riconosce pienamente nelle parole e nell’azione del Capo dello Stato», una comunanza di vedute (Putin come Hitler nel ’38) che non avevamo sentito dopo il discorso di Marsiglia. Meglio tardi che mai, certo. Prima di ripiombare nel letargo.