Rivoluzione gentile - La riscossa dei moderati in un mondo esausto dai leader carismatici

Nella politica globale si affaccia una nuova generazione di politici, da Carney a Starmer a Merz, che risponde alla sfida populista non con aggressività, ma con moderazione, competenza e capacità di ascolto

Cercasi leader con la testa sulle spalle. La domanda sembra questa. Da ultimo Mark Carney, prima Keir Starmer e Friedrich Merz. Prima ancora Donald Tusk. E se vogliamo anche Pedro Sánchez. Gente che sa il fatto suo, ma non strepita, non è estremista e infatti non disdegna la mediazione: sono leadership politicamente serie, ma meno mediatiche di quelle dei duri, in testa Donald Trump, seguito da Viktor Orbán e Javier Milei.

I nuovi leader differiscono per postura anche dai democratici della fase precedente, Barack Obama, lo stesso Tony Blair, un po’ meno Angela Merkel, personaggi carismatici e molto unilaterali: netti, amati e odiati proprio in funzione delle loro personalità prorompenti. Pensiamo ai capi della destra di vent’anni fa, Silvio Berlusconi, Nicolas Sarkozy, Marine Le Pen. In tutti questi anni ha prevalso il modello della super-leadership, a destra e a sinistra.

Ora c’è da chiedersi se la replica canadese all’arroganza dell’uomo di Washington sia esclusivamente razionale, politica, o se non nasconda anche una voglia di competenza (Carney ne ha a iosa), moderazione, capacità di ascolto; insomma di quella phronesis, come dicevano i greci, cioè quella saggezza, come fondamento del governo.

La risposta alla guasconeria spaccona di Trump, Orbàn e Milei non starebbe dunque prendendo corpo in un’aggressività uguale e contraria di sinistra, a parte il caso di Jean-Luc Mélenchon, che però pare stia declinando, speriamo, a favore di una leadership moderna come quella di Raphaël Glucksmann. Sembra piuttosto venire avanti una risposta alle leadership reazionarie più di tipo moderato, liberale, non estremista e tantomeno populista.

Carney pare un Mario Draghi canadese, un competente (è stato presidente della Banca centrale del Canada e dell’Inghilterra) che ha costretto The Donald a fare marcia indietro sui dazi con le armi della politica e della padronanza della materia: uno che non ha vinto le elezioni urlando «fight» nei comizi, ma che ha saputo persuadere i suoi concittadini con il linguaggio liberale della concretezza, oltre che la difesa dell’orgoglio nazionale.
Arriviamo a dire, deviando con azzardo il discorso, che appare possibile che al pontificato a tambur battente di Jorge Mario Bergoglio possa seguirne uno più incline alla mediazione, forse, se così sarà, incarnando un nuovo spirito del tempo.

È presto per dirlo, ma potrebbe essere che almeno dal punto di vista della tipologia delle leadership qualcosa stia cambiando dopo la sbornia populista e reazionaria che da quattro mesi incendia il cielo americano, ed è materia di riflessione per la destra radicale, ma anche per una sinistra che voglia riprendere il cammino rifuggendo da posture populiste e massimaliste – che purtroppo è quello che sta avvenendo in Italia – così da poter raccogliere una domanda di saggezza e moderazione. Nel momento in cui tutto sembra andare a scatafascio, le soluzioni possono venire dagli adulti.

Qualche indizio c’è.