Manca un mese alla scadenza del concorso internazionale “Equilibri”, promosso da MdS Editore con il sostegno del Parco Naturale Migliarino San Rossore Massaciuccoli, di Unicoop Firenze e dell’Associazione Culturale La Voce del Serchio, in un progetto che unisce cultura, territorio e riflessione sociale.
C’è tempo fino al 10 luglio 2025 per partecipare alla seconda edizione del concorso artistico e letterario Equilibri, promosso da MdS Editore, realtà indipendente da sempre attenta alla valorizzazione dei nuovi linguaggi espressivi.
Pubblichiamo l’ultimo articolo arrivato in redazione sul tema: donne e cibo.
Pubblichiamo uno per volta gli articoli che ci avete mandato sul tema "donne e cibo"
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Jobs Act, i quesiti non devono essere una resa dei conti con il passato.
Caro direttore, l'8 e il 9 giugno saremo chiamati a votare 5 referendum. Il primo sul diritto di cittadinanza. Quattro sul lavoro, in particolare sul Jobs Act, misura introdotta dieci anni fa dal Partito Democratico e che oggi lo stesso Pd, rispondendo alla sollecitazione della Cgil, sconfessa, invitando a votare sì ai quesiti. Si cancella davvero il Jobs Act?
No. Innanzitutto perché quella norma, che ha superato l'art.18 e introdotto il contratto "a tutele crescenti", è già stata stravolta dalla Consulta e ritoccata dal governo Conte I.
Non si tornerebbe, dunque, al testo originario dello Statuto dei Lavoratori, ma alla riforma Monti-Fornero. Si riaffaccerebbe la possibilità di reintegro in caso di "manifesta insussistenza" - assai rara - e, in compenso, l'indennizzo massimo in caso di licenziamento illegittimo passerebbe dalle attuali 36 mensilità a sole 24.
La verità è che la riforma del 2015 rimane l'ultimo provvedimento organico sul lavoro varato in Italia, per armonizzare la nostra disciplina a quella degli altri Paesi Ue, ispirato alle migliori esperienze giuslavoristiche delle socialdemocrazie europee.
Non sarà quindi abolita per fortuna la riforma degli ammortizzatori sociali, che con la Naspi ha aumentato al 75% dell'ultima retribuzione il trattamento ordinario di disoccupazione, ne ha portato a 24 mesi la durata massima, estendendo i benefici a tutti i lavori subordinati e coinvolgendo anche piccole imprese e apprendisti; né il trattamento di disoccupazione per i collaboratori autonomi.
Non sarà abrogata la norma contro le dimissioni in bianco né quella contro le false partite Iva, utilizzata dai rider per ottenere più diritti in tribunale. Non saranno resuscitati i co.co.pro., vietati dal Jobs Act, e non sarà abolito il sistema nazionale delle politiche attive, rimasto su carta.
Il Jobs Act voleva combattere il precariato e superare la frattura tra lavoratori "iper-garantiti" e lavoratori "periferici" su cui tendeva a scaricarsi tutta la flessibilità richiesta dal sistema produttivo. L'Istat certifica che nell'ultimo decennio i licenziamenti non sono aumentati, mentre sono cresciuti i contratti a tempo indeterminato a fronte di quelli a tempo determinato.
Oggi le retribuzioni sono basse perché alla scarsa produttività di un tessuto economico troppo frammentato si è pensato di rimediare schiacciando il costo del lavoro. Senza un sistema di formazione professionale efficace, l'occupazione è cresciuta solo in quantità, con una pesante ricaduta sugli stipendi.
Per restituire dignità al lavoro servirebbero invece le politiche attive previste dal Jobs Act, e non realizzate. Un grande investimento in formazione e aggiornamento dei profili professionali. Un nuovo patto che tenga insieme innovazione, produttività, salari e una maggiore partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese. Servirebbe, come chiede il Pd, la legge sul salario minimo, negata dalla destra, a tutela della fascia più bassa delle retribuzioni.
Ciò che non serve è invece agitare un simulacro fuori dal tempo, con un dibattito che distrarrà l'attenzione dai veri problemi, oltre a creare divisioni in campo progressista e sindacale (Cisl contraria, Uil per la libertà di voto). Per tutte queste ragioni, l'8 e il 9 giugno andremo a votare, non solo perché è un diritto/dovere costituzionale, ma perché la partecipazione è il cuore di una democrazia.
Voteremo sì al referendum sulla cittadinanza, che risponde alle attese di milioni di persone, discriminate nei loro diritti e sì al quesito sulle imprese appaltanti, in un paese con una intollerabile strage quotidiana di morti sul lavoro. Ma non voteremo gli altri 3 quesiti, perché la condizione del lavoro in Italia passa dal futuro, non da una sterile resa dei conti con il passato.
Gli europarlamentari e parlamentari del PD
Giorgio Gori
Lorenzo Guerini
Marianna Madia
Pina Picierno
Lia Quartapelle
Filippo Sensi