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Manca un mese alla scadenza del concorso internazionale “Equilibri”, promosso da MdS Editore con il sostegno del Parco Naturale Migliarino San Rossore Massaciuccoli, di Unicoop Firenze e dell’Associazione Culturale La Voce del Serchio, in un progetto che unisce cultura, territorio e riflessione sociale.
C’è tempo fino al 10 luglio 2025 per partecipare alla seconda edizione del concorso artistico e letterario Equilibri, promosso da MdS Editore, realtà indipendente da sempre attenta alla valorizzazione dei nuovi linguaggi espressivi.

Perché questa è finita o finirà a salsa di pomodoro .....
Direttore: ma un lo avevi visto che era una pistola .....
Chiedo per un amico: chi è l’aggressore e chi è .....
di Serenella Bettin Fatto Quotidiano

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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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di Valdo Mori
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Visti da vicino...
di Valdo Mori
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Palestina-Gaza
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Qualcuno mi guarda e mi dice:
Cos'è che ti rende felice?
Io ci penso un attimo su
e poi rispondo
alla solita domanda:
quello che non mi rende infelice!
Soprattutto .....
Buongiorno,
guardiamo se scrivendo qualcosa anche qui, oltre che averlo fatto su PisaToday, qualcosa si possa muovere.

Alla c. a Resp. Servizio .....
di Mario Lavia
Vasto programma-Schlein replica lo schema perdente del 2013, ma forse è il caso di cambiarlo

21/5/2025 - 9:16

Vasto programma-Schlein replica lo schema perdente del 2013, ma forse è il caso di cambiarlo

La sinistra Pd più Conte più Fratoianni ricordano la famigerata fotografia del trio Bersani-Di Pietro-Vendola. Il precedente non è di buon auspicio, tanto più che la destra oggi è molto più forte di allora. Italia Viva timidamente comincia a farlo notare

Il senatore di Italia Viva Enrico Borghi ha svolto una riflessione non banale sullo stato dell’arte a sinistra partendo dalla rievocazione della famosa foto di Vasto (estate 2011). Quella foto immortalò il trio che guidava la coalizione, cioè Pier Luigi Bersani (Partito democratico), Antonio Di Pietro (Italia dei valori) e Nichi Vendola (Sinistra ecologia libertà), era «il perimetro» che avrebbe non vinto le elezioni nel 2013. «Cambiando l’ordine degli attori, il prodotto non cambia», dice Borghi. «Al posto di Bersani oggi in questo schema abbiamo Schlein, al posto di Vendola il duo Nicola Fratoianni-Angelo Bonelli, al posto di Di Pietro c’è Giuseppe Conte».

Il continuum Di Pietro-Conte è segnato dal populismo culturalmente retrivo e di destra che accomuna l’ex pm e l’avvocato, ed è una sovrapposizione che ci sta. Schlein è in un certo senso figlia o comunque sostenuta dalla sinistra del Pd, mentre Fratoianni è proprio un erede diretto di “Nichi”, ed entrambi di Fausto Bertinotti.

Lo schema sembra dunque essere lo stesso della non vittoria: «Il rifiuto di Bersani di dialogare con il centro (rappresentato da Casini e dall’Udc) e di pretendere una linea ideologica (dal no agli F35 al No Tav di Vendola, per capirci) impiombò la coalizione» così come «oggi la miopia di pensare che ci si debba chiudere dentro il recinto dell’ortodossia di sinistra per battere Giorgia Meloni in realtà produce un assist perfetto all’inquilina di palazzo Chigi», dice Borghi.

In effetti, siamo sempre lì, al 2011. Anzi, peggio. Prima di tutto perché oggi c’è una destra di governo molto più compatta e aggressiva di allora (pochi mesi dopo la foto di Vasto Silvio Berlusconi andò in crisi, e definitivamente: non avrebbe mai più fatto ritorno a palazzo Chigi). E poi perché il trio che oggi guida la sinistra, cioè Schlein-Conte-Fratoianni, è soggettivamente più debole del trio di Vasto e ideologicamente ancor meno credibile. Bersani era politicamente molto più esperto di Elly Schlein (e tra l’altro il Pd di allora era più forte di quello di adesso); Di Pietro era insopportabilmente manettaro e superficiale ma era meno trasformista, uomo di potere e arrogante di Conte; Vendola aveva comunque una capacità dialettica e affabulatoria che Fratoianni si sogna.

Borghi ricorda giustamente i vari no del leader di Sel, dagli F35 alla Tav. Ma oggi abbiamo ben altro: i no di Conte e Fratoianni e in parte di Schlein alle politiche di difesa europea indispensabili per dissuadere l’imperialismo di Mosca con il corollario di un atteggiamento troppo tiepido su Kyjiv: altro che F35.
Abbiamo una sinistra forse ancora più rigida di quella del 2011 sui temi del mercato del lavoro, delle liberalizzazioni, delle politiche per la crescita, ancora più conservatrice sui temi istituzionali, più fastidiosamente moralista (il gran coro di attori, giornalisti, scrittori) e non molto più garantista: su questo che differenza c’è tra Di Pietro e Conte? Infine, all’epoca i riformisti nel Partito democratico avevano ben altro peso rispetto a oggi, tanto è vero che dopo la sconfitta del 2013 venne avanti il ciclo di esecutivi di Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni – comunque la si giudichi era una sinistra di governo.

Riassumendo, allora c’era una destra in rotta e un centrosinistra competitivo che non riuscì a vincere per varie ragioni: soprattutto per una debolezza del candidato premier Bersani e per un’incapacità di allargarsi agli elettori del centro moderato compensando le perdite che ingrossarono il nascente grillismo. La radicalizzazione attuale del partito unico Pd-M5s-Avs dunque conferma e peggiora quella situazione.
È importante che Enrico Borghi solleciti una riflessione su tutto questo. Perché negli ultimi mesi il suo partito, Italia Viva, è parso molto acritico verso la coalizione di sinistra, così come sta venendo fuori sia dal punto di vista sistemico sia da quello dei contenuti. Se la riflessione di Borghi – che tra l’altro elogia la tenda dei riformisti che si è vista a Milano con l’iniziativa del Circolo Matteotti, «un luogo dove tutti i riformismi possono trovarsi per costruire cultura politica» – sarà ripresa anche da Matteo Renzi e da altri esponenti riformisti sarà un contributo alla chiarezza. E forse uno sprone a superare Vasto, quattordici anni dopo.





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