Una serata di storie, sapori e voci.
Abbiamo scelto un gustoso menù vegetariano e un filo rosso di racconti: Silvia Belli condurrà l’incontro, presentandoci alcuni autori MdS; Daniela Bertini darà voce a brani tratti dai loro libri.
Con il biglietto è incluso un libro MdS a scelta dal catalogo: lo scegliete voi, al tavolo.

Minoranza anti Ursula - La linea dura di Schlein su von der Leyen rischia di danneggiare solo il Pd
La segretaria del Partito democratico si avventura in un isolamento velleitario dai socialisti europei. Ha senso perdere rilevanza per appiattirsi sulle posizioni di Strada e Tarquinio (e Conte)?
È la nuova missione del Partito democratico: la caccia a Ursula von der Leyen. Quella a Giorgia Meloni non va proprio benissimo, quindi, care tutte e cari tutti, si va all’assalto di Bruxelles: ancora picchia, Elly Schlein, sulla presidente della Commissione europea. Incontrando la freddezza, anzi meglio: l’irritazione – dei socialdemocratici tedeschi e dei socialisti francesi. Ma non per questo la leader del Nazareno dà l’impressione di volersi fermare, anzi.
Ieri, alla riunione della delegazione del Pd a Bruxelles, non ha escluso il ritiro dell’appoggio a Ursula, che, secondo lei, specie dopo che la presidente, con i conservatori e i popolari, ha affossato la direttiva sul greenwashing, il provvedimento contro le false informazioni sulla sostenibilità dei prodotti venduti, in questa fase si è spostata a destra: «Non siamo disposti ad accettare una politica dei due forni».
Con un Nicola Zingaretti più defilato, i compagni di corrente di Schlein, ovviamente, si sono attestati su questa linea. Clap clap, Elly. Felici soprattutto gli indipendenti Cecilia Strada e Marco Tarquinio, ormai più vicini a Left che al Partito socialista europeo. E da Roma anche il riformista Alessandro Alfieri è stato duro: «Se continua così, Ursula si scordi i nostri voti. Quando c’è un’alleanza si decide insieme».
Forse, però, la differenza è che, per Alfieri, tutta questa polemica alla fine è un segnale, insomma un atteggiamento negoziale, mentre, per la segretaria, quello di ipotizzare uno sganciamento dall’attuale maggioranza Ursula è una strategia. «Ma se rompiamo, poi che succede?», hanno chiesto, nella riunione, alcuni riformisti.
In effetti non è chiaro. In teoria (ma non accadrà), se i socialisti dovessero ritirarsi dalla maggioranza, questa sarebbe non solo oggettivamente più debole, ma finirebbe inevitabilmente preda non solo dei popolari, ma, in un modo o nell’altro, di tutte le destre, anche quella estrema.
Ed è ovvio che Spd e socialisti francesi stanno tirando il freno a mano, dicendo, nei corridoi di Bruxelles, che «si sta scherzando col fuoco», loro che, soprattutto a Berlino, ma, in un certo senso, anche a Parigi, hanno tutto l’interesse a mantenere un forte rapporto con i popolari-centristi: come potrebbero rompere a Bruxelles senza cadere in contraddizione?
Ora si apre una fase di confronto tra Ursula von der Leyen e i socialisti. Dopodiché si guarda a luglio, quando si potrebbe tenere un voto di fiducia sulla presidente della Commissione Ue, se verranno raccolte le firme, per protestare contro il cosiddetto Pfizergate, ovvero l’accusa di mancanza di trasparenza sulla gestione degli appalti dei vaccini. O forse dopo la pausa estiva. Vedremo se Elly tirerà la corda fino a spezzarla. Contro «i due forni» tutto è permesso.