Una serata di storie, sapori e voci.
Abbiamo scelto un gustoso menù vegetariano e un filo rosso di racconti: Silvia Belli condurrà l’incontro, presentandoci alcuni autori MdS; Daniela Bertini darà voce a brani tratti dai loro libri.
Con il biglietto è incluso un libro MdS a scelta dal catalogo: lo scegliete voi, al tavolo.

Cercasi discontinuità - Primi timidi tentativi del Pd di trovare leadership e linea alternative a Schlein
Con il voto in Toscana all’orizzonte e le elezioni in Veneto e Puglia in arrivo, Elly Schlein resta concentrata sul suo fortino, mentre riformisti e dirigenti storici del partito reclamano discontinuità e nuove strategie
Non vede, non sente, non parla. Fino a ieri Elly Schlein è rimasta chiusa nel fortino insieme ai quattro-cinque del collettivo politico del Nazareno aspettando la Toscana dove il non-schleiniano Eugenio Giani si appresta a vincere (non era gradito alla segretaria e inviso a Giuseppe Conte, che nemmeno farà il comizio con lui).
Dopo la scontata vittoria in quella regione – ma c’è chi teme un qualche effetto depressivo dopo le botte nelle Marche e in Calabria – la settimana prossima ci potrebbe essere finalmente un avvio di discussione a livello di segreteria, mentre per la Direzione bisognerà attendere il voto in Veneto e Puglia a fine novembre. Appaiono per ora varie interviste (ieri Graziano Delrio, Gianni Cuperlo, Goffredo Bettini) da cui onestamente non si ricava molto. Si avverte comunque un certo disagio, declinato in vario modo, ma non sembrano emergere indicazioni nuove, e se tre personaggi di spessore come quelli pattinano con le parole figuriamoci il gruppo dei giovani del Nazareno.
Più o meno, la linea è sempre quella della testardaggine unitaria: nella declinazione di Schlein finora ha significato il partito unico Pd-M5s-Avs. Bettini chiede di «allargare, allargare e ancora allargare», sapendo che i lavori al centro sono in corso (Matteo Renzi, i sindaci). Ma è Elly Schlein la persona giusta per questo lavoro di allargamento?
Ormai fuori dalla corte della leader circola una parolina che le deve fare fastidio: «Discontinuità». Nel Pd c’è troppo centralismo autoreferenziale, troppa poca discussione. Politicamente, troppa subalternità a Conte (che in Campania potrebbe essere superato dalla lista De Luca). Troppa poca chiarezza su nodi fondamentali della politica estera (le onorificenze a Francesca Albanese sono un caso). Troppa vaghezza sulle proposte. Sono i riformisti a insistere su quest’ultimo punto e il 24 ottobre a Milano terranno la loro prima uscita pubblica, aperta a molti esperti, proprio su temi come la competitività, i salari, il welfare, mentre il 31 a Livorno ce ne sarà un’altra dell’associazione “Libertà Eguale” sull’Europa e la Difesa europea, e il 9 novembre, dentro Linkiesta Festival, gli esponenti riformisti, socialisti, radicali, di Azione e di Italia Viva che hanno dato vita al Circolo Matteotti discuteranno di che cos’è l’Occidente nell’anniversario della caduta del Muro di Berlino.
Quelli che abbiamo citato sono rilievi che prendono corpo anche nei corridoi del Nazareno e tra personaggi di spicco, si sa per esempio che Nicola Zingaretti da un po’ di tempo morde il freno, e non solo lui. Sarà un caso ma dopo la tremenda abbinata Marche-Calabria serpeggia il dubbio sul fatto che a sfidare Giorgia Meloni debba per forza essere la segretaria: «Serve una personalità che piaccia a tutto il mondo del centrosinistra, un federatore vero», dice un esponente importante del partito che non esita a dire che «alle primarie vince sempre il nuovo, come ha dimostrato la vittoria di Elly ai gazebo del Pd. Cioè Silvia Salis. La segretaria potrebbe accettare di essere la grande regista di un’operazione molto competitiva. Perché adesso Giorgia Meloni sembra fortissima, ma l’anno prossimo avrà a che fare con seri problemi dell’economia. Tra un anno e mezzo possiamo giocarcela». Con Elly Schlein ferma ai box del Nazareno.
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