Una serata di storie, sapori e voci.
Abbiamo scelto un gustoso menù vegetariano e un filo rosso di racconti: Silvia Belli condurrà l’incontro, presentandoci alcuni autori MdS; Daniela Bertini darà voce a brani tratti dai loro libri.
Con il biglietto è incluso un libro MdS a scelta dal catalogo: lo scegliete voi, al tavolo.

Svolgimento
Quando mi sono svegliato, il 17 mattina, ero di buon umore e ho ripensato alla “Notte Bianca Rossa e Verdi”. Poco prima delle dieci, in Ponte di Mezzo, ho incontrato un mio amico vestito da garibaldino e nella calca ho trovato una coccardina tricolore per terra. Davanti alla statua di Garibaldi ho ascoltato il coro degli studenti del mio vecchio Liceo Scientifico “Dini” e della Filarmonica Pisana diretti dal Maestro Giovanni Del Vecchio (animatore bravissimo anche dei coretti e concerti di Pisani a Putzu Idu). Dietro la banda del maestro Paolo Carosi, mentre andavamo al Teatro Verdi, mi viene fatto di intonare canzoni e marcette imparate quasi mezzo secolo fa alle elementari, ecco che incontro mia figlia Laura e le regalo la coccardina tricolore che ho trovato per terra. Penso a come sarebbe bello che i diciottenni e le diciottenni come Laura fossero chiamati, il 2 giugno, dai Sindaci di Calci, San Giuliano e Vecchiano e in ogni comune d’Italia, a giurare lealtà alla Costituzione come atto di passaggio per diventare cittadini e cittadine consapevoli dei diritti e dei principi che li legano agli altri.
Quando è iniziato il gioco comico tra l’orchestra, sotto il palco, che suonava “Fratelli d’Italia”, e il coro, sopra, che intonava “Tanti auguri a te”, al Verdi c’erano tante facce sorridenti e solo posti in piedi. Ho assistito alla lettura dei primi articoli della Costituzione da parte dei lavoratori del Teatro e degli allievi della Scuola d'italiano per migranti del "Comedor Estudiantil Giordano Liva", Associazione che aderisce al “Progetto Rebeldía”. Li hanno letti nelle loro prime lingue e in Italiano. Nessuno ha urlato: “Va fuori d’Italia / va fuori straniero”.
Nel foyer brindo con amici e amiche. Scambio due parole con Maria Valeria Della Mea, che lavora al Teatro Verdi. Le dico che questa festa di compleanno, priva di retorica, mi è piaciuta molto e lei mi racconta come, con poco e nonostante i tagli alla cultura, sono riusciti ad organizzare questa serata grazie al contributo volontario di molti artisti e lavoratori. E poi mi dice: "stasera si è ribadito che il Teatro Verdi è dei cittadini e delle cittadine". Saluto e torno verso casa ripensando allo zio di Maria Valeria, il grande Ivan che, poco prima di morire, cantò a Molina di Quosa una versione dell’"Internazionale" con le parole del poeta Franco Fortini che mi fece salire i brividi sulla schiena.
La mia unità d’Italia l’ho trovata a scuola. I ragazzi, quest’anno, mi hanno inondato di coccardine e bandierine tricolori. Appassionato di figurine fin da bambino, ricordo che proprio sui banchi di scuola si è formato il mio primo sentimento di patriottismo democratico, grazie ai libri illustrati e alle figurine che scambiavo con i compagni e attaccavo con la Coccoina sugli album del Risorgimento.
A scuola, grazie a storici come Giorgio Candeloro e Claudio Pavone, penso di essermi fatto un’idea non dogmatica di Risorgimento. Ho studiato gli eredi della grande tradizione liberale e Gramsci con la sua idea di Risorgimento come ”rivoluzione mancata”, ho pensato all’esclusione di forze popolari cattoliche e socialiste dai primi governi come tara principale dello stato unitario e ho rifiutato l’idea deprimente che il fascismo fosse il naturale punto d’arrivo della storia nazionale. Ma fu una mattina degli anni Settanta, all’Università, in un’affollata assemblea studentesca nella Facoltà di Lettere e Filosofia, che capii meglio cosa significa Italia unita. Me lo spiegò Teresa Mattei, emblema delle staffette partigiane, deputata all’Assemblea Costituente. Parlava con toni appassionati della Resistenza e della Costituzione. Raccontò dell’unità dei partigiani: quelli con i fazzoletti verdi di Giustizia e Libertà, quelli azzurri filomonarchici e quelli rossi delle Brigate Garibaldi. Eh sì, per fa risorgere l’Italia ci son voluti i partigiani e le loro Repubbliche che anticiparono la democrazia. Li chiamavano “banditi”, ma la maggioranza di loro si chiamavano “garibaldini”. Partì un fragoroso applauso e ci alzammo tutti in piedi.
Il giorno della festa mi sono dedicato alla lettura del libro "Sublime madre nostra. La nazione italiana dal risorgimento al fascismo" di Alberto Maria Banti, docente di storia contemporanea dell’Università di Pisa e studioso del Risorgimento. La tesi che Banti sostiene in questo libro è la seguente: “le radici del nostro essere italiani oggi si trovano nella Costituzione”. Mi è piaciuta una risposta dell’autore alla domanda: che cos’è la patria?
“Ubi bene, ubi patria:
dove stai bene, quella è la tua patria”.
Con questo detto latino che piaceva a Voltaire e che piace anche a me, festeggio il primo giorno di primavera, “Giornata mondiale della poesia”.
Post scriptum
Dopo tanto sventolare di bandiere e risuonare di inni che richiamano lontani eventi bellici, un gioiellino musicale che evoca una tenue speranza per il futuro.
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