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IL PROVERBIO
Aprile dolce dormire..



18/4/2010- Tirrenia- Colonia Regina Elena (Ferrovieri)

Il proverbio di oggi:
Aprile dolce dormire
e forte sospirare


Il modo di dire:
Da bosco e da riviera
Modo di dire indicante una buona capacità di adattamento, sia per il bosco che per la riviera.

Dal libro “le parole di ieri” di G.Pardini


TELEVISIONE
Lett: TELEVISIONE.
Deriva dal greco tele, lontano e dal latino visio-onis vista. La sua definizione è: [trasmissione a distanza di immagini in movimento, cioè con frequenza cinematografica, per mezzo di radioonde]
Oggi si dice televisore o TV (tivù) ma un tempo si chiamava comunemente televisione e forse il nome diverso rappresentava anche un diverso apparecchio: scatoloni enormi, pieni di valvole, fili e manopole, rigorosamente in bianco e nero.
In Italia le trasmissioni televisive regolari ebbero inizio il 3 gennaio 1954 con 25 anni di ritardo sugli Stati Uniti, 10 sulla Francia e 9 sulla Russia. L’anno in questione, 1954, è anche l’anno in cui muore Alcide de Gasperi, Fellini vince l’Oscar con “La strada” e Achille Compagnoni scala la vetta
del K2, con i suoi 8611 metri. E’ anche l’anno in cui l’Alfa Romeo mette in produzione la Giulietta, simbolo di una classe media che ha un grande desiderio, ed una grande fretta, di beni e di benessere.
Gli apparecchi televisivi in Italia sono appena 15000 (dopo 50 anni saranno 50 milioni!), e i primi appaiono nei bar dove la gente si reca alla sera, spesso munita di sedie portate da casa per la grande affluenza, a guardare i nuovi divi, le prime rubriche, le nuove trasmissioni, tra cui la più famosa indubbiamente è stata Lascia o Raddoppia, andata in onda la prima volta il 16 novembre 1955.
Era la novità, lo spettacolo che finalmente arrivava nei paesi, il mondo che entrava nelle case.
Si creavano i primi volti noti, le prime celebrità, i primi telegiornali allargavano finalmente l’orizzonte a quelle comunità chiuse rappresentate dai paesi e dalle campagne isolate geograficamente dai centri urbani, dove anche l’analfabetismo era purtroppo ancora molto presente.
In quegli anni la televisione ha svolto in pieno la sua finalità di servizio pubblico con la messa in onda di trasmissioni che hanno contribuito ad elevare il livello culturale e di informazione del paese. Trasmissioni come “Non è mai troppo tardi” dello scomparso maestro Alberto Manzi, “A come agricoltura”, le rubriche culturali come quella famosa del Prof. Cutolo, quella religiosa di
padre Mariano riuscivano ad appassionare un gran numero di spettatori, creavano personaggi ma nello stesso tempo divulgavano la lingua nazionale ed elevavano il livello culturale della Nazione.
Prima della televisione l’unico svago nei paesi era rappresentato dal cinema, che vide un tale drastico calo di presenze da dover correre ai ripari. Al cinema Teatro del Popolo di Arena Metato, il giovedì sera, giorno di Lascia o Raddoppia, veniva montato uno schermo che oggi definiremmo gigante di circa un metro per un metro, e prima del film programmato la platea si gustava la trasmissione di Mike Buongiorno.
A Migliarino, alla sera, file di paesani, ciascuno portando la propria sedia, si radunavano nei locali muniti di Tv come il bar del Carbognani in piazza, da Beppino sul ponte e all’ENAL (Ente Nazionale Assistenza Lavoratori) alla Casa del Popolo, non ancora Circolo ARCI.
A Malaventre il bar non aveva la televisione e gli abitanti si riunivano a casa di Sirio del Lazzeri, abitante in quella casetta, attualmente ristrutturata, sulla curva del campo sportivo di Migliarino.
Lo stesso succederà, in seguito, per il Musichiere in onda il sabato sera e condotto da Mario Riva, e per altre trasmissioni molto seguite di quel tempo, ma già alcune TV erano comparse nelle case e la gente si appassionava per i personaggi creati da Carosello (“dopo Carosello i bimbi tutti a nanna”), per i cartoni animati come Paw How (Pauau), per l’Amico degli Animali Angelo Lombardi e per il suo assistente di colore, Andalu’.
Gli apparecchi TV per le abitazioni erano un po’ più piccoli, ma sempre enormi e rigorosamente in bianco e nero. Venivano posizionati su tavolinetti a rotelle, che si acquistavano assieme al televisore, formati da due ripiani di vetro di spessore sufficiente a sostenere il peso dello scatolone. Sotto il televisore, nel ripiano sottostante sempre di vetro ma più piccolo, veniva posizionato uno strano apparecchio chiamato “stabilizzatore” che aveva la funzione di inviare una corrente costante all’apparecchio. Era munito di interruttore che premuto faceva accendere una lucina rossa e solo dopo si poteva accendere il televisore. Dapprima esisteva un unico canale, poi divennero due e poi
tre dopo numerose e interminabili “prove tecniche di trasmissione”. Per cambiare canale bisognava alzarsi da sedere e girare una manopola, di solito posta di fianco all’apparecchio.
All’inizio bisognava cercare il canale girando la manopola fino a che non si sintonizzava, più tardi comparve un sistema a scatto che rendeva l’operazione meno complicata.
L’oggetto era tenuto in grande conto dalle famiglie, spesso diventava anche oggetto d’arredamento, ed era consuetudine per le donne confezionare una specie di cappuccio di stoffa da porre sopra l’apparecchio, con una specie di tendina, che lo proteggeva dalla polvere. La sera ci si metteva in poltrona o sulla sedia più comoda, si apriva la tendina che copriva lo schermo e si accendeva prima lo stabilizzatore e poi l’apparecchio. Immancabile sopra la televisione era la lucina, una fonte di luce molto piccola che rendeva l’ambiente in penombra cercando di migliorare, per quanto possibile, la visione di quello sfuocato schermo televisivo.

TESTO
Lett: TESTO. [Vaso di terra cotta dove si pongono le piante. Coperchio. Tegame].
Testo è anche chiamato quella specie di disco di pietra dove si cuociono i necci.
In dialetto era usato per indicare il coperchio della pentola: “mettici’r testo!” : copri la pentola!

TETTE
Lett: nc.
Non con la e chiusa ad indicare le [poppe o mammelle], il seno femminile, ma aperta ed
era termine infantile con cui si indicava il cane.
In toscana il seno femminile veniva indicato con il termine puppe, a cui si rimanda la lettura.
Totto invece si diceva, sempre ai bambini più piccoli, quando stavano per toccare una cosa pericolosa. Forse si adoperava questo termine per utilizzare un fonema secco e deciso necessario all’interruzione brusca dell’azione.


 
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