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AFORISMI
George Harrison



11/2/2010- George Harrison (1943-2001)


• La musica rap è solo una schifezza computerizzata. Sto a sentire Top of the Pops e dopo tre brani mi viene voglia di ammazzare qualcuno.
• La mia idea per "My Sweet Lord," visto che suonava come una canzone pop, era di metterci dentro di soppiatto qualcosina. Il punto era fare in modo che la gente non venisse offesa con l'"Alleluja"; quando si arriva a "Hare Krishna", sono ormai già presi, il loro piede sta tenendo il ritmo, e stanno cantando "Alleluja", il che li culla in un senso di falsa sicurezza. E ad un tratto diventa "Hare Krishna", e si mettono a cantarlo prima di capire cosa sta succedendo, e penseranno "Ehi, credevo di immaginare che non mi piacessero gli Hare Krishna!"
• Mi piacerebbe pensare che tutti i vecchi fans dei Beatles siano cresciuti, si siano sposati, abbiano avuto bambini e siano tutti più responsabili, ma abbiano ancora uno spazio nei loro cuori per noi.
• Non sono uno dei tanti che sa suonare la chitarra. So scrivere un pò. Non credo di saper fare nulla particolarmente bene ma credo che, in un certo senso, sia necessario che io sia esattamente così.


Nato a Liverpool nel 1943, George Harrisonè il mitico chitarrista degli altrettanto mitici Beatles. La famiglia, appartenente alla Liverpool proletaria, ebbe un ruolo determinante nella formazione e nelle aspirazioni di George. Il padre elettricista e la madre al servizio di un negozio di drogheria, intuendo ben presto l'amore e la versatilità che George nutriva per la musica, non ostacolarono in alcun modo la passione del figlio contribuendo, nel contempo, anche finanziariamente all'acquisto della prima "vera" chitarra elettrica rigorosamente usata.

Infatti, i genitori gli comprarono per poche sterline da un marinaio sui doks del porto di Liverpool una Gretsch modello "Duo Jet", che George conserva ancora gelosamente; orgoglioso ne fa bella mostra sulla copertina dell'album "Cloud Nine". Le tantissime ore passate dal giovane George a studiare ed esercitarsi, lo fecero diventare subito un fenomeno di abilità per essere solo un adolescente.

Molte band che di giorno in giorno crescevano come funghi sulle rive del Mersey lo avevano già contattato ma George, nel frattempo, aveva già folgorato un suo compagno di scuola più grande di lui: Paul McCartney.

A Paul bastò ascoltare alcuni accordi di chitarra suonati da George su un autobus sgangherato durante una gita scolastica. Paul, a sua volta, ne parlò immediatamente a John Lennon: è l'inizio della leggenda. George, all'interno dei Beatles, cresceva all'ombra di John e Paul non diminuendo certo l'amore per il suo strumento ma cercando di applicare, altresì, nuove forme di espressioni sonore.

La ricerca continua del nuovo, la voglia di smuovere i ritmi tipici dello "Skiffle" e di dare una funzione ancora più predominante alla chitarra elettrica nei fraseggi di rock and roll contribuirono non poco all'evoluzione del gruppo nei primissimi anni della loro carriera. Da "Don't bother me" sua prima composizione nei Beatles, la sua evoluzione musicale fu così drastica che già nel 1965 aveva una sua precisa connotazione ed era anche punto di riferimento per altri chitarristi dell'epoca.

Proprio in quell'anno, avvenne una nuova svolta nella maturazione musicale di George quando sia l'amicizia con David Crosby che conoscenze vicine a Ravi Shankar cambiarono totalmente il suo modo di comporre. Infatti, George rimase colpito e affascinato da quei particolari suoni che scaturivano da strumenti come il sitar, i sarod o la tampoura. Da ciò ne venne contagiata anche la sua spiritualità abbracciando totalmente il credo e le convinzioni della religione indiana e rimanendone, quindi, profondamente influenzato.

George comincia a trascorrere molto del suo tempo a leggere e a studiare i sanscriti ed i trattati religiosi indiani. La sua trasformazione musicale ed il suo nuovo modo di pensare, oltre a contagiare in parte John Lennon e Paul McCartney, influenzarono anche altri artisti.

Le composizioni che più rappresentano il cambiamento di George in quel periodo furono cronologicamente "Love You To", già con il titolo provvisorio "Granny Smith", "Within you Without you" e "The Inner Light" la cui base musicale fu registrata interamente a Bombay con musicisti del posto. I continui viaggi in India, ben presto interrotti dagli altri tre Beatles e le sempre più frequenti difficoltà ed incomprensioni caratteriali specialmente nei confronti di Paul McCartney, determinarono, intanto, una prima preoccupante crepa nell'assetto interno del gruppo.

La sua forte personalità ed il suo talento sin troppo sacrificato provocavano in lui forti frustrazioni ma, allo stesso tempo gli davano nuovi stimoli competitivi. Se mai doveva darne ancora la prova, con "Abbey Road", l'ultimo album composto dai Beatles, che George dimostra ancora una volta tutta la sua bravura e genialità in brani come "Something" (uno dei più reinterpretati) insieme a "Yesterday" e "Here comes the sun" in cui viene usato per la prima volta dal quartetto il "moog".

E' stato sempre considerato a torto o a ragione il terzo Beatle ed in qualità di autore e produttore stato molto più prolifico di quanto si creda. In seno alla Apple sono state numerose le sue produzioni a favore di artisti come Billy Preston, Radna Krishna Temple Jackie Lomax, Doris Troy e Ronnie Spector. Allo scioglimento del gruppo Harrison si ritrovò con un'infinità di materiale da proporre che raccolse in parte nel triplo album "All things must pass", le cui vendite complessivamente sono state superiori a "McCartney" e "John Lennon -Plastic Ono Band" emesse insieme.

Il suo modo di suonare la chitarra ed i suoi "assolo" sono diventati tipici ed, in particolare, l'uso della "slide" lo ha portato insieme a Ry Cooder al top del settore.

George Harrison è morto prematuramente il 30 novembre 2001, a soli 58 anni. Da tempo aveva scelto di vivere isolato, in campagna o su un'isola, ma questo non era bastato ad allontanare da lui la curiosità e le morbosità. Nel dicembre 1999 fu accoltellato per dieci volte da un folle entrato nella sua villa vicino Oxford. Fu la moglie Olivia a salvargli la vita, rompendo una lampada sulla testa dell'aggressore.
In un comunicato diffuso dopo la morte, la famiglia ha ricordato che Harrison. "Ha lasciato questo mondo come aveva vissuto, pensando a Dio, senza paura della morte, in pace e circondato dalla famiglia e dai suoi amici. Spesso diceva: 'Tutto può aspettare ma la ricerca di Dio no. E neppure l'amore reciproco".

 
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