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IO, MEDICO
Il Tetano
22/11/2009-
Michelangelo Merisi (Caravaggio): Incredulità di S.Tommaso
Dipinto ad olio su tela di 107 × 146 cm realizzato tra il 1600 ed il 1601. È conservato alla Bildergalerie nel parco di Sanssouci a Potsdam.
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Rubrica a cura del Dr. Giancarlo Pardini
TETANO
Sembra strano, ma ci si pensa sempre quando siamo feriti e ci viene la paura.
“Non mi verrà mica il tetano, dottore?” ci sentiamo chiedere spesso quando vediamo arrivare in ambulatorio pazienti feriti.
“Speriamo di no!” dico io, “aspettiamo una ventina di giorni, poi te lo dico!”.
Lo faccio sempre per sdrammatizzare, ma ogni anno si verifica un certo numero di casi di malattia ed ogni tanto qualcuno, finito male, lo leggiamo sul giornale. Perché il tetano, il bacillo del tetano (Clostridium tetani), è ubiquitario, cioè è un germe che vive in ogni luogo, su ogni superficie, su ogni oggetto che utilizziamo, di conseguenza può essere presente su qualunque cosa ci abbia ferito.
Ha una caratteristica molto particolare che ci permette però subito di fare una distinzione fra ferite più o meno pericolose per l’infezione. Si tratta infatti di un germe che una caratteristica particolare, quella di esse “anaerobio”, di vivere e svilupparsi cioè solo in assenza d’ossigeno.
Ecco spiegato il motivo della credenza popolare della famosa puntura “da chiodo rugginoso” come pericolosa per il tetano. E’ una credenza giusta, non tanto per il fatto che il chiodo sia o meno rugginoso, quanto perché siamo di fronte proprio ad una ferita “penetrante”, una ferita giustamente pericolosa per questo tipo di malattia.
L’oggetto appuntito entra in profondità, porta il germe dentro i tessuti e poi riesce, la pelle si richiude, l’ambiente rimane chiuso, senza ossigeno, ed il germe trova così le condizioni migliori per il suo sviluppo. Perché la gravità della malattia non dipende dalla diffusione, dall’invasione di questo germe di tutto l’organismo con danni ad organi o apparati ma solo al suo sviluppo locale. Rimane semplicemente nel luogo in cui è stato inoculato e qui si sviluppa producendo però una tossina micidiale capace di uccidere.
La strategia della vaccinazione antitetanica si basa proprio su questa tossina.
La tossina viene presa, inattivata, resa cioè innocua, e iniettata nell’organismo.
L’iniezione determina il riconoscimento della sostanza come estranea da parte del sistema immunitario e la formazione di anticorpi specifici. Nel caso malaugurato di infezione e produzione in loco della tossina l’organismo si trova così ad avere già gli anticorpi specifici sufficienti a neutralizzarla e renderla innocua.
Da questo ragionamento risulta con chiarezza l’importanza di una vaccinazione preventiva.
Al momento dello sviluppo di un’infezione tetanica gli anticorpi specifici contro la tossina per essere efficaci e neutralizzare il suo effetto letale devono essere infatti già presenti nell’organismo al momento dell’infezione.
Una vaccinazione iniziata dopo che si è verificata una ferita non è in grado di proteggere dalla malattia perchè gli anticorpi prodotti dalla somministrazione del vaccino raggiungono una concentrazione sufficiente alla protezione solo dopo circa un mese, mentre l’incubazione del tetano è mediamente tre settimane !! In questo caso l’unica protezione sono le “immunoglobuline” cioè anticorpi contro la tossina tetanica già formati in altri individui, di non sicura efficacia, della durata di pochi giorni (quindi utili solo per quella ferita e non per altre), di derivazione umana e quindi sempre da guardare con un giusto sospetto.
Nel caso si debbano somministrare immunoglobuline in un soggetto non vaccinato per ferita di punta penetrante, per ferite estese e profonde, contaminate da terriccio o altri corpi estranei, conviene sempre iniziare anche la vaccinazione antitetanica che può essere praticata anche contemporaneamente (nell’altra natica) e divenire effettiva dopo il primo mese, con la seconda somministrazione.
Il consiglio finale è quindi di praticare la vaccinazione antitetanica in tempo utile, prima della ferita, perché questa è l’unica in grado di garantire una protezione sicura con assenza di effetti collaterali.
La vaccinazione si pratica con tre iniezioni intramuscolari a distanze di tempo definite. Con la seconda dose (uno-due mesi dalla prima, ma i tempi si stanno dilatando) la vaccinazione si considera attiva, la terza si effettua dopo uno o due anni e dà una protezione per ben dieci anni, quando è utile effettuare un richiamo.
In caso di ferite gravi, estese, contaminate da terra o sporcizia, il richiamo può esser anticipato di qualche anno altrimenti basta una nuova dose ogni dieci.
Ultimamente è stato visto che una vaccinazione ben fatta può essere richiamata anche dopo un periodo molto lungo, fino a 20 anni dall’ultimo richiamo.
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