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BIOGRAFIE
Antonio Cassano



21/6/2010- Il grande escluso, Antonio Cassano, con Francesco Totti compagni nella Roma dal 2001 al 2005

Genio e sregolatezza. Questo è Antonio Cassano.
Nato il 12 luglio 1982 a Bari, il giorno dopo la storica vittoria dell'Italia ai mondiali.
Cresce in un quartiere popolare della Bari vecchia, un posto dove il calcio la fa da padrone, dove la squadra del cuore è religione.
Fra dribbling in piccoli cortili di cemento e virtuosismi in spazi ridottissimi, dimostra sin da subito di saperci fare. E diventa un leader. Ma è ancora lontano dai fasti futuri, anzi trascorre un'infanzia densa di difficoltà.

Le sue prime esperienze sono timbrate "ProInter", prima di passare alle giovanili del Bari. E qui la musica cambia. Il gioco si fa tosto, molti sono quelli che aspirano a diventare professionisti e la lotta per il posto in campo diventa ardua. Ma il C.T. del momento non fa fatica ad accorgersi che quel ragazzino dalla faccia segnata dall'acne (poi diventata un suo segno di riconoscimento inconfondibile), aveva una marcia in più. Se ne sarebbe accorto anche un cieco, per la verità, perché la media gol del giovane Cassano è impressionante. Ad ogni partita fioccano le segnature a suo nome, trascina la squadra e ne diventa il punto di riferimento.

Fascetti, l'allenatore della prima squadra, viene messo sul chi va là. Dopo un rapido periodo di osservazione lo fa esordire senza esitazione in Serie A, l'11 dicembre 1999, nel derby con il Lecce. La domenica successiva Antonio Cassano è titolare nella partita che il Bari gioca al "San Nicola" contro l'Inter. Fiducia ripagata, perché Cassano rifila ai nerazzurri uno dei suoi gioielli avvelenati: a pochi minuti dalla fine un suo gol capolavoro decide la sfida in favore dei pugliesi. I titoli a caratteri cubitali sui giornali fanno il resto.

In campionato continua a mostrare le sue indubbie doti e per lui si inizia a parlare di un trasferimento in un grande club, in particolare la Juventus. Ma il 7 Marzo 2001 arriva la sorpresa: la Roma acquista Cassano per 60 miliardi di lire, soffiando il giocatore ai bianconeri. Nel frattempo il genietto in erba ha esordito anche con la Nazionale Under 21; anche se si vocifera che il suo rapporto con il Mister Claudio Gentile non sia dei migliori. Vere o no queste dicerie, sta di fatto che Gentile lascerà Cassano fuori dalla rosa dei titolari, errore che in molti ancora non gli perdonano.

Una volta arrivato a Roma lega subito con quello che ha sempre definito il suo idolo: Francesco Totti. Fra i due nasce una grandissima amicizia ed una spettacolare intesa anche sul campo. L'esordio in maglia giallorossa è datato 8 settembre 2001, nella partita Roma - Udinese. Per Antonio non sono però tutte rose e fiori: il primo anno nei giallorossi trascorre fra alti e bassi, alternando belle prestazioni e giornate opache. Senza contare le numerose incomprensioni sia con l'allenatore Fabio Capello che con i compagni di squadra.

La stagione 2002/03 viene comunque definita come la stagione del "decollo" di Cassano; sarà così solo a metà. I rapporti con Gentile restano freddi, anche perché Antonio dichiara più volte di puntare alla Nazionale maggiore e agli Europei del 2004. La prima metà del Campionato è deludente sia per Antonio che per la Roma: Cassano trova poco spazio e più volte per protesta diserta gli allenamenti. È qui che interviene Fabio Capello con la sua grande esperienza, plasmando il carattere dell'irrequieto genio verso un'ottica più di squadra e meno personalistica.

I risultati di questa terapia caratteriale non si fanno attendere. La seconda metà della stagione sarà infatti da incorniciare: dodici gol tra campionato e Coppe e la conquistata fiducia della Roma. Inizia una nuova stagione e Cassano ha ancora tutti i riflettori puntati addosso: questa deve essere la stagione della consacrazione, quella che lancerà Cassano nell'Olimpo del calcio Italiano ed Europeo. Insieme al capitano Francesco Totti è il faro di una Roma stratosferica e a suon di grandi prestazioni si guadagna anche la tanto desiderata maglia della Nazionale. Ormai Cassano è lanciato, è un calciatore completo: non è più uno splendido giocoliere, ma gioca per la squadra, lo si vede in difesa a recuperare palloni ed ha anche acquisito una notevole capacità di realizzazione sotto porta.

Agli sfortunati Europei 2004 Giovanni Trapattoni non fa partire Cassano come titolare. La squalifica di Totti per aver perso la testa e aver sputato addosso ad un avversario danese, fa sì che sia Cassano a ricoprire quel ruolo di fantasista capace di inventarsi la giocata vincente. L'Italia delude, ma Antonio no, anzi nell'ultima partita di Trapattoni sulla panchina azzurra, commuove tutti con quella sua espressione che nel giro di pochi secondi passa dalla gioia irrefrenabile del gol dell'ultimo minuto (Italia-Bulgaria, 2-1) alla disperazione di essere stati eliminati dal pareggio dell'altra partita del girone (Danimarca-Svezia, 2-2).

Dopo polemiche e vari tira e molla tra la società giallorossa e il giocatore (iniziati già nell'estate del 2005) relativi al suo rinnovo del contratto, all'inizio del 2006 Antonio Cassano ha firmato per giocare in Spagna nella blasonata squadra del Real Madrid.

Tra i grandi assenti ai mondiali di Germania 2006, se non si discute dal punto di vista tecnico, un limite di Cassano è il suo carattere un po' troppo vivace e indisciplinato. I suoi scherzi, le sue marachelle sono note come "cassanate", come le ha ribattezzate il sempre attento e paterno Fabio Capello.

Terminata l'appannata esperienza spagnola, nel 2007 torna in Italia a Genova, per tentare una rinascita professionale con la maglia della Sampdoria.
Non selezionato da Lippi per l’avventura sudafricana proprio nel giugno 2010 si unisce in matrimonio a Portofino con la pallanuotista Carolina Marcialis.

«Se quel Bari-Inter non ci fosse stato sarei diventato un rapinatore, o uno scippatore, comunque un delinquente. Molte persone che conosco sono state arruolate dai clan. Quella partita e il mio talento mi hanno portato via dalla prospettiva di una vita di merda.»

«Giocavo tra le bancarelle, tutti mi volevano in squadra con loro e scommettevano 10, 15 o 20 mila lire sulla squadra dove giocavo io. Io mica ero trimone, mica ero scemo: volevo il grano io, dovevano darmi la percentuale.»

«Ero povero, ma tengo a precisare che nella mia vita non ho mai lavorato. Anche perché non so fare nulla. A oggi mi sono fatto 17 anni da disgraziato e 9 da miliardario. Me ne mancano ancora 8 prima di pareggiare.»


 
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