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LA BATTIGIA
di Trilussa



19/10/2008- MAESTRO UNICO
Ho avuto il maestro unico. Anzi due. Una brava maestra che ricordo con molto affetto anche se dava dei sonori scapaccioni e che ci insegnava a leggere e scrivere.....


MAESTRO UNICO


Ho avuto il maestro unico. Anzi due. Una brava maestra che ricordo con molto affetto anche se dava dei sonori scapaccioni e che ci insegnava a leggere e scrivere prima in uno scantinato di una vecchia villa patrizia e poi in un locale ricavato in un bar che la sera ritornava un normale pubblico esercizio.

Poi ho avuto anche un maestro, con folti capelli bianchi pettinati all’indietro, che era famoso perché capace di distruggere con generosità i pennini dorati della sua penna stilografica. Si addormentava infatti alla cattedra mentre scriveva e spesso crollava sul foglio con la penna in mano troncando di netto il pennino fra le risate (sommesse) di noi scolari. Però era stimato e rispettato ugualmente da noi alunni e quando entrava in classe ci alzavamo tutti in piedi, in silenzio, ed ogni mattina iniziavamo le lezioni intonando Fratelli d’Italia e il Nabucco di Verdi. In occasioni particolari ci esibivamo anche nella Canzone del Piave ed il nostro forte era cantarla in impercettibile sottovoce, (per non farci sentire dal nemico!), quando faceva “muti passaron in quella notte i fanti, tacere e bisognava andare avanti”. Ricordo che era un momento divertente e talvolta anche emozionante.

Bene, questi due monoinsegnanti e un padre che ancora stimo per la sua rettitudine sono stati sufficienti a fare di me una persona rispettosa di leggi, di cose e di persone, educato quanto basta per potersi definire cittadino.

Ecco perché io penso che il problema della scuola italiana non si possa ridurre al semplice problema del maestro unico. A mio giudizio è una semplificazione che tiene parzialmente conto dei reali problemi della nostra istruzione, sia per quanto riguarda la scuola primaria (elementari e medie) che per quella secondaria che dovrebbe essere la chiave per aprire la porta del mondo del lavoro.

Non entro nel merito delle cifre e delle classifiche della nostra scuola rispetto alle altre del mondo e nemmeno mi addentro nella nota impreparazione dei nostri laureati per quanto riguarda la lingua italiana, la matematica e la conoscenza della storia del nostro Paese a cui spero si trovi presto un rapido ed efficace rimedio.

A me interessa soprattutto soffermarmi sul tipo di studente-bambino che esce dalla nostra scuola primaria. Sono infatti convinto che la qualità dell’insegnamento dovrebbe essere giudicato non solo e non tanto per quello che l’alunno ha imparato nella lettura o nella conoscenza delle nozioni che ne faranno un uomo consapevole, ma anche e soprattutto in quello che ha imparato in termini di educazione, condotta morale e convivenza civile.

Bene insegnare a leggere e scrivere correttamente, per poi iniziare quel cammino di scienza e conoscenza che porterà il bambino a diventare uomo, ma altrettanto fondamentale è insegnare agli alunni i rudimenti della normale convivenza, della educazione e del rispetto per gli altri.

Non ci vuole molto a rendersi conto del livello di bassezza a cui sono giunti gli studenti delle nostre scuole. Basta leggere giornalmente i quotidiani per trovare episodi di bullismo, sopraffazione, intolleranza, prepotenza fino ad episodi delinquenziali nei confronti degli altri e dei professori. Parlando con gli insegnanti ci si può rendere conto del clima che si respira nella scuola di oggi, le difficoltà che essi hanno a tenere sotto controllo gli alunni e le lamentele e talvolta le minacce, esplicite o palesi, che ricevono sempre più spesso dai genitori i cui figli vengono ripresi per il loro comportamento o giudicati per la loro resa scolastica.

Ora i bambini sono dei piccoli principi a cui i genitori, ma sempre più spesso i nonni, danno tutto, concedono tutto. Sono coccolati, vezzeggiati, lusingati, viziati e cullati nella colpevole consapevolezza che essi siano al centro del mondo e a cui tutto è concesso, niente escluso, basta fare una piccola bizza, un abile piantino o un muso duro a seconda dell’età.

E la scuola si trova a dover spezzare questa cortina protettiva, questa corazza molliccia e appiccicosa che rimane spesso fino all’adolescenza e talvolta fino all’età adulta e che è spesso causa di violenze in famiglia, matrimoni falliti, di insicurezza, depressione, di droga e delinquenza.

Non considero il maestro unico, come il voto in cifre, quello in condotta o il grembiulino i veri problemi della scuola, anche se concordo con la loro introduzione perché non fondamentali ma utili alla creazione di un clima di maggiore serietà e rispetto. Non concordo assolutamente invece sulla diminuzione delle risorse per motivi contabili e sulla riduzione degli organici che non può che portare che ad uno scadimento ulteriore della scuola pubblica.

E’ però evidente a tutti quanto una riforma sia assolutamente indispensabile e non ci si può accontentare di contrastare il decreto Gelmini con l'obbiettivo, molto limitato, di lasciare le cose come stanno. La nostra scuola è malata, dalle elementari fino alle Università, ed è necessario l'impegno di tutti, forse politiche, insegnanti e studenti per arrivare a far uscire dalla scuola primaria dei cittadini e dalle università laureati preparati e capaci di competere sul mercato a livello europeo senza quelle gravi lacune culturali più volte riscontrate e denunciate.

Per l'ipotesi Calamandrei mi sembra solo una sciocchezza e non vorrei nascondesse il desiderio di lasciare le cose come stanno, una forma di conservatorismo che sarebbe una cosa ancora più grave della stessa riforma Gelmini.

Chiunque frequenti la scuola sa meglio di me come questa sia inadeguata, di come sia mal spese le risorse, di come sia mal organizzata anche l’Università con i suoi centri di potere che sfuggono ad ogni controllo e sul modo in cui vengono affidati gli incarichi e distribuite le risorse. Bisogna invece avere il coraggio di ritornare al merito, al lavoro, all’impegno, al rispetto, cose che negli anni sono andate lentamente scomparendo dalla nostra scuola pubblica.

Vi sono, fortunatamente, anche punte di eccellenza ed è su quelle che si deve puntare, con obbiettivi possibilmente condivisi per fare una scuola moderna che sappia rispondere alle moderne esigenze di preparazione professionale e di educazione civile di cui il Paese ha un grande bisogno.



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