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LA BATTIGIA
di Trilussa



21/2/2010- LA FUGA DEI CERVELLI
Un professore della scuola Normale di Pisa intervistato qualche settimana fa ebbe a dire in televisione che ogni volta che consegnava una Laurea ad Honorem ad un suo allievo, che si era particolarmente distinto...


LA FUGA DEI CERVELLI

Un professore della scuola Normale di Pisa intervistato qualche settimana fa ebbe a dire in televisione che ogni volta che consegnava una Laurea ad Honorem ad un suo allievo, che si era particolarmente distinto in qualche campo del suo ramo universitario, pur nella soddisfazione di avere trasmesso a qualcuno il suo sapere, lo faceva sempre con molto rimpianto.
“Perché -disse- è come se oltre alla Laurea io gli consegnassi anche il passaporto per andare all'estero”
Questo ragionamento, semplice e crudele, è lo specchio fedele della realtà di oggi del nostro Paese dove si sta assistendo, da troppo tempo ormai, alla emigrazione in massa dei nostri migliori cervelli.
I motivi fondamentalmente sono noti e legati alla impossibilità assoluta di poter utilizzare, qui da noi in Italia, in qualche modo e in qualche istituto pubblico o privato, le competenze e le capacità acquisite dai nostri migliori studenti.

Tutto ciò perchè ad un decadimento della pubblica moralità, della equità economica e fiscale, delle risorse economiche dello Stato, della legalità e della civiltà nel nostro paese non è fortunatamente corrisposto anche un decadimento delle intelligenze.
E' vero che si fa di tutto affinché queste non emergano. Lo si fa attraverso la continua riduzione dei fondi per la scuola, la modifica della struttura delle Università, la riduzione del personale docente, l'ulteriore riduzione dei già scarsi fondi per la ricerca, ma nonostante tutto questo si riescono ancora a creare, specie in Istituti di eccellenza che riescono ancora ad avere particolarità autonome di finanziamento e di progettazione, personaggi eccezionalmente intelligenti e preparati che riescono a vedere ed intercettare il futuro.

Non è che sia una perdita solo per loro, per questi giovani studenti condannati a vivere e lavorare all'estero, lontani dal proprio paese, dalle proprie tradizioni (specie culinarie) e dai propri affetti familiari. E' una perdita soprattutto per tutti noi, per l'intera Nazione perchè le ricerche di costoro sono finanziate da istituzioni pubbliche o private di altri paesi con lo scopo di produrre beni innovativi e di qualità. Questi faranno le fortune economiche e commerciali degli investitori, di quelli cioè che hanno creduto, progettato e realizzato il progetto, e non di coloro che a questi progetti avranno lavorato. Non saranno di proprietà cioè dei singoli, eccezionali cervelli di produzione italiana, ma della ditta o della Istituzione pubblica che ha messo i soldi per finanziare la ricerca del prodotto innovativo, in qualunque campo essa si realizzi, farmaceutico, informatico, industriale.

Questi stessi prodotti, con il loro enorme plusvalore, verranno poi importati e venduti nel nostro paese che si troverà a dover pagare due volte, prima per l’istruzione dei ricercatori e poi anche per il prodotto che questa istruzione ha generato.
Tutto questo nella cronica incapacità dei nostri governi di vedere oltre l’orizzonte, nella perenne incompetenza di fare scelte oculate per il futuro e non solo per il presente.
Se poi capita di assistere alla trasmissione televisiva di inchiesta sulle condizioni delle scuole in Italia ci si domanda se non è il caso che il Ministro della Pubblica Istruzione, invece di frequentare le stanze ministeriali e apparire con grandi proclami accanto al Presidente, non si metta un po’ a girare per l’Italia a vedere in quali condizioni pietose versano le nostre scuole, specie nelle periferie e in particolar modo al Sud.

E non parlo di riforme o di programmi scolastici in cui non voglio entrare non avendo competenza ed essendo queste attinenti alle scelte politiche e programmatiche dei governi, parlo delle condizioni fisiche degli edifici in cui devono far lezione studenti ed insegnanti.
Il servizio naturalmente andava a cercare non certo le scuole di eccellenza o quelle in migliori condizioni ma si rivolgeva ai casi limite. Quelli presentati erano comunque numerosi e facevano quasi pensare ad una sorta di medianità molto al ribasso.

Vergognosi edifici in condizioni fatiscenti, molto spesso pericolosi, muri scrostati, mancanza di igiene, carenza dei normali ausili e materiali didattici, asili nido senza riscaldamento, ingressi coperti da tettoie instabili e pericolose, soffitti pericolanti, aule ricavate in luoghi di fortuna con spostamenti a cadenza oraria di studenti e professori in cerca di uno spazio libero, spesso angusto e di fortuna.
Una condizione che ci fa sentire molto più vicini al terzo mondo che ai paesi europei.
Quello che mi ha stupito particolarmente nei servizi, specie in quelli realizzati nel sud Italia dove questa situazione è più diffusa e più drammatica, è la totale assenza di risentimento e/o ribellione da parte degli insegnati. Questi apparivano costantemente rassegnati, dimessi, quasi accondiscendenti alla pur grave situazione in cui dovevano vivere la loro quotidianità di docenti.
Uno stato d’animo piuttosto diffuso, specie ripeto nel meridione d’Italia, che faceva capire come difficile fosse opporsi a questo tipo di situazione, come se ogni possibilità di miglioramento, ogni idea di richiesta, protesta, indignazione non avesse alcun senso, non valessero la pena. Tanto valeva quindi cercare di tirare avanti nel degrado, non avendo per esperienza la minima possibilità di riuscire a cambiare qualcosa.

Una totale rassegnazione ad una situazione spesso difficile e molto spesso addirittura tragica considerando che stiamo parlando dell’istruzione dei nostri giovani, della loro preparazione ad una vita lavorativa, del loro futuro di dirigenti, politici, amministratori, lavoratori o almeno di civili e consapevoli padri di famiglia.
Una grandissima ingiustizia che lo Stato non sia in grado assicurare a tutti i cittadini quello che è garantito dalla nostra Costituzione e cioè il sacrosanto diritto allo studio per tutti.
Senza mezzi e senza strutture adeguati non si può nemmeno realizzare quella scalata sociale, in cui siamo ultimi in Europa, per cui il figlio del medico continuerà ad essere destinato a fare il medico, il figlio dell’avvocato l’avvocato e il figlio dell’operaio non riuscirà a sfuggire al suo futuro di operaio.

Così per le menti migliori del nostro paese e quelle più volenterose non sarà possibile emergere e migliorare, per merito, la loro condizione sociale e quelli che per status economico potranno farlo non potranno sviluppare la loro sapienza se non emigrando in altri paesi ed impoverendo sempre più questo nostro paese così ignorante e imprevidente.

Trilussa

 
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