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LA BATTIGIA
di Trilussa



7/9/2008- MONDO SENZA FINE
Alcune cose che accadono nel mondo sono di difficile comprensione, ma forse solo per noi umani normali, cittadini comuni che non hanno cariche amministrative o politiche importanti....


MONDO SENZA FINE

Alcune cose che accadono nel mondo sono di difficile comprensione, ma forse solo per noi umani normali, cittadini comuni che non hanno cariche amministrative o politiche importanti, che non contano niente insomma, perché altrimenti non si capisce come si possa assistere passivamente a quello che sta avvenendo a livello mondiale.

Perché nel mondo sta succedendo una vera catastrofe. Si stanno verificando disastri naturali di una tale importanza e gravità che oramai più nessuno mette in dubbio che ci stiamo davvero avviando verso una fase di tragedia ambientale mondiale. Viaggiamo velocemente verso la fine del mondo per una causa che possiamo definire “non bellica” inimmaginabile fino a qualche decennio fa.

Negli Stati Uniti, sulle coste del Messico, nei Caraibi si susseguono cicloni e uragani con una frequenza ed una intensità che non si ricorda a memoria d’uomo. Inondazioni, onde anomale, tzunami, piogge torrenziali con allagamenti (l’ultimo devastante in Giappone) si alternano, in una parte del mondo, a estati torride, siccità , desertificazione, fame e carestia in parti contrapposte del globo con migliaia di morti e milioni di persone costrette a esodi biblici in cerca di scampo dal pericolo, dalla denutrizione e dalla morte per fame.

Ultima notizia è la scomparsa, a causa del ben noto riscaldamento del globo, della banchisa polare con quei poveri orsi che si sono trovati improvvisamente in acque molto lontane dal rimasuglio di ghiaccio su cui arrampicarsi per potere vivere. Sarebbe già grave il fatto in sé, cioè il progressivo scioglimento dei ghiacci polari, ma sulla vicenda si è innescata una protesta tanto inattesa quanto significativa sul reale pericolo che stiamo correndo.

Nel maggio di quest’anno il Ministero dell’Interno degli Stati Uniti ha inserito gli orsi polari nell’elenco delle specie protette per cercare di difendere questi poveri animali altrimenti condannati alla morte per i cambiamenti avvenuti nel loro ambiente naturale: quello che fino a ieri gli permetteva la vita e che ora rischia di garantirgli la morte.

A noi umani normali sembra una cosa sacrosanta, come lo siamo sempre nei confronti di ogni intervento che vada nella direzione della salvaguardia delle varie specie animali e dell’ambiente. Non altrettanto contenti e soddisfatti appaiono invece i petrolieri, le grandi compagnie petrolifere, che hanno vivacemente protestato perchè hanno visto in questo riconoscimento un grosso ostacolo alle loro mire di ricerca ed estrazione del petrolio dalle banchise polari! Non solo non gli frega niente degli orsi polari, ma d’altra parte non è detto che tutti abbiano la stessa sensibilità lo stesso amore per gli animali, ma non gli frega niente nemmeno dell’UOMO.

La polemica sulla ricerca o meno di giacimenti e metalli preziosi sulle banchise polari è di vecchia data. Su questo punto si confrontano due schieramenti contrapposti: quello degli affari, dei soldi, delle multinazionali specialmente americane, (favorevole è anche l’attuale governatore dello stato dell’Alaska, la signora Sarah Palin, la vice del candidato McCain), e quello ambientalista che chiede, per questo territorio straordinariamente ostile ma altrettanto fragile, una tutela particolare che per il momento pare riesca a prevalere.

La protesta ufficiale delle Compagnie Petrolifere comunque è molto significativa di quale sia la sensibilità delle varie multinazionali al problema dell’ambiente, della salute dell’uomo e del pianeta.

Un altro esempio della mancanza di sensibilità e di esclusiva ricerca del profitto da parte di queste grandi industrie mondiali è dato dal disastro causato dall’uso degli OGM nel terzo mondo.

Quei poveri contadini pieni di speranze per il miglioramento dei loro raccolti e della loro misera condizione tramite l’utilizzo delle “sementi tecnologiche” si trovano ora alla fame perché le sementi non sono in grado di riprodursi e se non li compri da loro non sai cosa seminare.

La cosa è particolarmente grave in India dove sono avvenuti migliaia di suicidi fra gli agricoltori
non più in grado di reggere economicamente allo strozzinaggio annuo delle sementi sterili.


La maggior parte dei suicidi dei contadini in India è dovuta principalmente all’immissione clandestina delle varietà transgeniche, in particolare del cotone Bt. Dei più di 15.000 suicidi di contadini, almeno il 90% sono di contadini che coltivano il cotone.
In India le varietà transgeniche di cotone Bt sono state immesse sul mercato prima che il governo desse il permesso formale, senza informare i contadini che era cotone transgenico.

Ai contadini si è detto che erano semplici varietà ad alta resa e sono state vendute in tutti i tipi di condizioni climatiche. In breve tempo i parassiti sono diventati resistenti al pesticida presente nella pianta e in molti luoghi i contadini, pur avendo usato i pesticidi chimici cinquanta volte per uccidere i parassiti, non sono riusciti a salvare il raccolto.

Già il fatto di usare i pesticidi cinquanta volte è stato un fardello economico molto pesante per loro, la perdita del raccolto ha aggravato ulteriormente la loro situazione con il risultato che i debiti sono aumentati e, non sapendo come uscire dai debiti, hanno trovato una facile via d'uscita nel suicidio. Nella maggior parte dei casi di suicidi, il modo più facile per loro è stato bere lo stesso pesticida con il quale avevano cercato, invano, di salvare i loro raccolti
. ( Prof. M.D. Nanjundaswamy)


Questi sono solo due esempi che indicano verso quale disastro ci stanno portando queste multinazionali, di quanto poco interessi loro la vita, l’uomo, la natura e di quanto difficile sia contrastarle a causa delle loro enormi dimensioni economiche in grado di influenzare l’intera economia mondiale.

Le diverse riunioni dei capi di governo dei paesi più industrializzati appaiono impotenti di fronte a questi interessi e i documenti finali sono pieni di belle parole e di buone intenzioni ma scarse di scelte operative. Tutti dicono che siamo in ritardo, che bisogna far presto, che la situazione può arrivare ad un punto di non ritorno, che la Terra stessa ci manda segnali inquietanti e le risoluzioni finali sono sempre più o meno dello stesso tenore, con le solite frasi scontate e deludenti:

rimandate alla prossima riunione che si terrà a…………. tassativamente entro il 2050(!)……..…... i paesi si devono impegnare a……….. riduzione minima ma significativa…..….. che servono a dimostrare solo la loro impotenza e forse nascondono anche una certa mancanza di volontà.

Non si può negare infatti che misure serie ed efficaci di contenimento dell’inquinamento ambientale, sempre più clamorosamente urgenti, andrebbero inevitabilmente ad interferire, e talvolta anche in maniera significativa, con gli interessi economici dei singoli paesi e/o delle singole realtà industriali di cui i cosiddetti “grandi” sono, bene o male, i legali rappresentanti.

Trilussa
 
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