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SEGNALI DI FUMO
di Madamadorè



31/1/2010- IL DIO DELLE PICCOLE COSE
Ogni giorno ognuno di noi è preso da mille cose, impegni, intoppi, appuntamenti…la vita scorre via veloce, il tempo e lo spazio quasi sono ridotti a zero tanta è la nostra frenesia del fare, del muoversi, dell’agire.


Il dio delle piccole cose

Ogni giorno ognuno di noi è preso da mille cose, impegni, intoppi, appuntamenti…la vita scorre via veloce, il tempo e lo spazio quasi sono ridotti a zero tanta è la nostra frenesia del fare, del muoversi, dell’agire. Le persone i volti, le storie di ogni incontro non c’è tempo per memorizzarle né per fermarsi a pensarci. A volte perfino i nostri familiari assumono profili sbiaditi e di loro dopo tanti anni rimangono solo i difetti, le mancanze. Penso a quanti vanno in televisione per dire all’altro: ti voglio bene o grazie per quello che hai fatto per me. E’ solo un bisogno di platealità, di spettacolarizzare tutto per dargli significato o è mancanza di tempo, di pausa di sosta?
Viviamo come su un tapis roulant che si muove da solo e noi con inerzia andiamo avanti con bagagli leggeri e pieni di cose sempre nuove.
Poi un giorno all’improvviso…bum… accade qualcosa, qualcosa di importante e il tempo si ferma, il tuo tempo. Quello degli altri continua imperterrito, ma tu cambi ruolo sei sceso dal tapis roulant e rimani a guardare con un senso di invidia, ma anche con un senso critico che improvvisamente rinasce.
Intanto entri in una bolla gigantesca dove tutto si trasforma, il tempo rallenta, lo spazio si restringe, le persone diventano importanti.
E fai esperienza di una dimensione del tempo diversa: il prima e il dopo, diventano categorie irreversibili, in un secondo il prima con le sue priorità, con i suoi valori, con i suoi scatti non ha più nessuna importanza, il dopo non lo vedi, o lo vedi attraverso le nuvole nere di un temporale di cui senti i rumori in lontananza ma che speri non si avvicini. E tu vivi nel qui ed ora con la presenza disperata, con la sensazione di aver tralasciato quel che era più importante, prima, e col proposito che dopo sarà diverso. Ma intanto devi affrontare l’oggi, ora qui, non si può scappare…
Un esempio?

Sono un genitore di una delle persone rimaste vittima della tragedia di Viareggio. E’ notte, sto dormendo tranquillamente nel mio letto, nella mia casa. Quando all’improvviso il silenzio della notte e la quiete del sonno viene interrotta dallo squillo del telefono, prima lontano poi sempre più vicino, mi alzo di volata, già con il cuore in gola…una voce sconosciuta mi comunica qualcosa, che faccio fatica a comprendere e poi ascolto mia figlia che con una vocina flebile mi dice che la stanno portando in ospedale, perché è successo un casino.
Mi vesto velocemente e vado laggiù, ma quando arrivo non trovo un ospedale, ma un viavai di gente indaffarata, preoccupata, concitata…qualcuno piange, altri urlano e io? Mi avvicina un medico e mi dice che mia figlia è in coma…
Blakout, buio, vuoto completo…in un nanosecondo sono anche io una di quelle persone che urlano, piangono…
Da ora niente sarà più come prima…Niente, niente e nessuno…


Tu sei al lavoro, a casa, in auto e la notizia ti arriva come una bomba…c’è stato un enorme e devastante incendio, morti, feriti…vedi immagini, senti notizie, ricerchi i video su youtube, inorridisci, ti commuovi, sei straziato dal dolore, partecipi al dolore degli altri.
Ce ne frega del dolore degli altri?
Credo proprio di si, non riesco a pensare diversamente.

Intanto il tempo passa, passano i giorni, faticosamente riesco a mettere insieme la mattina con la sera, seduta qui sotto i platani del vialetto della clinica. Qui mi vengono a trovare amici, conoscenti miei e di mia figlia, qui si aspettano le notizie, qui si stringono legami tra i familiari della tragedia che ci ha colpiti, qui riempio pagine e pagine di un quaderno di parole che non ti ho mai detto, di quelle che ti avrei voluto dire e di quelle che vorrei dirti da oggi in poi, parole che sanno di dolore, di lacrime. Parole che man mano che passano i giorni sanno di un inevitabile e ingiusto destino, parole che cambiano colore, che si tingono di rabbia, di necessaria rabbia, di necessaria voglia di sapere, di fare qualcosa per provare se un senso di giustizia lenirà un po’ le mie ferite…

Intanto tu continui a vedere immagini: il funerale, quello che rimane delle case…senti le interviste dei giornalisti…immagini e parole che la tv ci fornisce, immagini e parole di una tragedia e di un dolore predigerito, un’ emozione morta.
Nonostante i media che bestemmiano ogni giorno, uccidendo il senso della vita, il rispetto per le persone e per le loro storie, quello che vediamo ci sconvolge in modo devastante.
Ma non credo che questo sia sufficiente, dovremmo fare un passo in avanti.
Dovremmo acquisire una consapevolezza e una coscienza più forte del dolore che empaticamente proviamo di fronte a quelle immagini. Il dolore dovrebbe non fermarsi a quello che i nostri occhi vedono, dovremmo chiedere conto di quello che è successo, delle cause e delle responsabilità, dovremmo essere spronati all’azione politica e all’impegno sociale.
Ma perché questo accade solo a pochi? Perché la maggioranza di noi soffre senza riuscire ad immaginare un modo per poter agire? Sente una grande impotenza e frustrazione?
Frustrazione e impotenza che va a confluire presto o tardi nel tentativo di riprendere la propria vita, nel tentativo di far finta che niente sia successo.
Alla fine questo tentativo di far finta di niente, che è partito dal provare davvero un gran dolore e una grande rabbia, non genera cinici o egoisti, genera sensazioni dannose dentro di noi e fuori di noi. Prende sempre più forza, si alimenta e cresce l’immagine e l’idea che viviamo in un mondo governato dal dio denaro, dal cinismo degli altri, dall’assenza di rispetto per chiunque e per qualunque cosa, dalla ruberia diffusa.
Questa immagine e idea del mondo è terribile e tragica, è un’idea che genera solo angoscia, paura e insicurezza totale, generalizzata e paralizzante.
Per cambiare il mondo forse non basta vincere elezioni, o cambiare governi, occorre cambiare noi qualcosa nella nostra vita, cambiare noi lo sguardo sulle cose, cambiare noi la priorità delle cose.
Forse solo il dio delle piccole cose, quotidiane, pensate e autentiche ci potrà salvare.
Madamadoré
 
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