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SEGNALI DI FUMO
di Madamadoré



6/1/2009- R.A.S
Ovvero Ridotte Attitudini Sociali

Un padre ad una partita di ragazzini durante un litigio con altri padri estrae la pistola… Una suocera sale in macchina con il genero...


R.A.S



Ovvero Ridotte Attitudini Sociali



Un padre ad una partita di ragazzini durante un litigio con altri padri estrae la pistola…

Una suocera sale in macchina con il genero, lo copre di benzina e gli dà fuoco…

Un padre che prende i figli e…una madre che…

Un omicidio su tre, una vittima ogni due giorni, 1.300 in sei anni, un aumento percentuale del dodici per cento nel 2006 rispetto al 2005: ne uccide più la famiglia che la mafia e la tanto «percepita» microcriminalità…



Omicidi-suicidi, gesti estremi e irreparabili, gesti diversi nella loro messa in atto, ma accomunati dalla stessa dis-umanità, da una umanità perduta, travisata, male indossata.

Storie di ordinaria follia che si stanno ripetendo con una frequenza allarmante.

Storie di persone di un certo tipo, si dirà. Il paracadute dello svantaggio sociale, economico e culturale, purtroppo non è più sufficiente a spiegare.

E’ gente malata, folle, si dirà. Temo che anche questo paracadute sia ormai del tutto inefficace.

Sarebbe molto tranquillizzante per noi normali pensare di avere a che fare con dei folli, almeno sapremmo di essere al sicuro noi e i nostri cari. Ma non sembra così, è allucinante e assolutamente spiazzante il racconto dei conoscenti, un racconto fatto di caratteri miti, pacati, tranquilli.

La follia non è così marcatamente distinta dalla normalità, non è tratteggiata in maniera evidente, non sempre, e quando lo è, solitamente, la follia non costituisce un pericolo.

E’ nella presunta normalità che si annida la patologia del black-out emozionale e razionale, un black-out cieco e feroce.

Ma come mai è così facile diventare irrazionali? Come siamo diventati così fragili? Sembriamo corrazzati, ben strutturati, cinici addirittura e poi…



Chi fa una lettura sociologica dice che la tendenza generale della società è verso un’autonomia sempre maggiore dell’individuo. Questo porta ad una minore disponibilità alla solidarietà, ad una maggiore competitività, ad un aumentato isolamento e al deterioramento delle relazioni sociali. Inoltre la crescita dell’individualismo ha provocato la perdita di tutto un repertorio di risorse che possono proteggere dalle sconfitte, dai fallimenti. Un fallimento, un errore, un periodo nero acquista una dimensione durevole, stabile, rovina tutta la vita, diventando una fonte duratura di disperazione.



Ma qui siamo già più ad una spiegazione di carattere psicologico, che poggia sulla struttura del carattere, come elemento base della condotta morale, a cui fanno riferimento la disciplina, la volontà, l’autocontrollo, la capacità di auto motivarsi, la capacità di rinviare la gratificazione, di spostarla in avanti, di finalizzarla ad una meta da raggiungere.

Adesso questo mordi e fuggi, la filosofia fast-food ha invaso tutte le sfere della nostra vita e questo cambia qualcosa dentro di noi: le reazioni, le emozioni…



Le neuroscienze parlano di una ghiandola, l’amigdala, responsabile delle nostre reazioni emozionali, una specie di grilletto neurale che informa tutte le parti del cervello, una sentinella delle emozioni.

Tutte le teorie che cercano di dare una spiegazione a questo tipo di fenomeni in scala di gravità, sembrano partire tutti dallo stesso approccio: creare uno stato di quiete, solo così si raggiunge la felicità. Credo che l’approccio sia sbagliato, la quiete in senso di assenza di moto non esiste, il niente non esiste, lo zero non esiste.

Mentre sappiamo certamente che esiste il caos, il gomitolo arruffato e annodato delle vicende di una vita, delle emozioni, dei sentimenti: tutti, non uno escluso.



Allora credo sia meglio ribaltare la prospettiva, cambiare occhiali.

La soluzione non è diventare tutti buoni, solidali, comprensivi…così da eliminare ogni conflitto.



Ecco la parola chiave è questa : conflitto. Elemento ineliminabile nella vita di ogni persona.
Il conflitto fa parte della nostra quotidianità, il problema non è la sua esistenza, ma le modalità con cui lo si affronta o lo si evita o lo si trasforma.

Non sappiamo litigare o discutere animosamente, ogni episodio conflittuale graffia la nostra anima in maniera profonda, ne siamo scalfiti nel nostro intimo, è questo che ci rende fragili.

Non avere radici solide che ci permettano di restare in piedi, di affrontare le avversità opponendo resistenza. Resistenza creativa e generatrice di un nuovo modo di stare nel mondo.



Una psicologa infantile ha definito questa generazione di adolescenti e bambini, una generazione senza ginocchia sbucciate, una frase che evoca immediatamente la sofferenza di una caduta, ma anche di un rimprovero…che non ci sono più.

Pensiamo all’affidamento congiunto, una legge matura e responsabile, ma che ha bisogno, per funzionare efficacemente e non creare vittime, di persone che abbiano la capacità di so-stare nel conflitto senza degenerazioni, persone che sappiano litigare senza farsi male.

Saper litigare, confliggere…sono parole che chiamano in causa l’altro, non c’è un io senza un tu, senza un noi e un voi, l’io e i molti, la comunità, la famiglia, la coppia…chiamano in causa le relazioni, la reciprocità, la socialità vera e autentica, quella in carne ed ossa, quella del viso a viso, del corpo a corpo, che è altro dalla schermaglia virtuale tra avatar



Saper stare nel conflitto, saperlo gestire, saperlo trasformare è una forma relazionale evoluta capace di generare felicità, di far accettare la frustrazione del limite e dell’impotenza, senza far ricorso a scorciatoie primitive quali la violenza.

Madamadoré

 
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