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Evento davvero memorabile a san Giuliano Terme il 25 luglio a partire dalle ore 18, all'interno del Fuori Festival di Montepisano Art Festival 2024, manifestazione che coinvolge i Comuni del Lungomonte pisano, da Buti a Vecchiano."L'idea è nata a partire dalla pubblicazione da parte di MdS Editore di uno straordinario volume su Puccini - spiega Sandro Petri, presidente dell'Associazione La Voce del Serchio - scritto  da un importante interprete delle sue opere, Delfo Menicucci, tenore famoso in tutto il mondo, studioso di tecnica vocale e tante altre cose. 

Che c'entra l'elenco del telefono che hai fatto, con .....
Le mutande al mondo non le metti ne tu e neppure Di .....
Da due anni a questa parte si legge che Putin, ovvio, .....
È la cultura garantista di questo paese. Basta vedere .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Mauro Pallini-Scuola Etica Leonardo: la cultura della sostenibilità
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Incontrati per caso
di Valdo Mori
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APOCALISSE NOKIA di Antonio Campo
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Il mare
con le sue fluttuazioni e il suo andirivieni
è una parvenza della vita
Un'arte fatta di arrivi di partenze
di ritorni di assenze
di presenze
Uno .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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CONDIZIONAMENTI
di Trilussa

15/5/2011 - 10:14


Siamo vissuti per anni, noi oramai non più giovani, nella speranza che un giorno anche il figlio del proletario, il figlio cioè delle classi minori del paese, dell’operaio, dell’impiegato pubblico, delle cosiddette classi lavoratrici potesse finalmente anche lui aspirare a diventare dirigente in una società nuova e migliore. Negli anni non solo questa speranza non si è realizzata ma la possibilità di quella “scalata sociale” tanto desiderata e auspicata si è addirittura ridotta.


Paradossalmente le masse operaie, le più colpite da questo cambiamento in peius della loro condizione, figlia anche di una delle numerose e ripetute crisi economiche-finanziarie di cui l’ultima particolarmente dura, paiono diventate un serbatoio di voti dei partiti di governo, di quel governo cioè che non ha saputo salvaguardare adeguatamente i loro salari e il loro lavoro.


Una questione, quella del voto, che la sinistra dovrebbe considerare prioritaria, che dovrebbe considerare con la massima attenzione per cercare di capire come sia possibile che in un paese dove le classi lavoratrici sono quelle che stanno pagando il prezzo maggiore di una crisi non affrontata con sufficiente attenzione (basta guardare la differenza fra le tasse pagate dai lavoratori dipendenti e quelle dei lavoratori autonomi, oltre alla diversa tassazione delle rendite rispetto al lavoro dipendente) schiere intere di lavoratori siano passati dal voto in massa ai partiti di sinistra a quello inusuale della Lega e del PDL nonostante in tutti questi anni non ci siano stati provvedimenti di governo atti almeno a ridurre questo assurdo divario di prelievo fiscale e di condizione sociale.


Forse perché i partiti, rinchiusi nelle loro stanze a godere dei propri privilegi, hanno veramente perso il contatto con le masse considerate solo come semplice serbatoio di voti, da considerare e mobilitare solo in occasione di eventi elettorali dove si spargono a piene mani grandi promesse, regolarmene disattese una volta passato l’evento.


Queste masse un tempo forti e temute, compatte e minacciose, capaci di condizionare l’azione dei governi, di esercitare una forte pressione politica riguardo alle loro storiche tematiche del lavoro e del salario oggi sono soprattutto deluse, sfilacciate, senza futuro, rappresentate in gran parte da precari e disoccupati che possono alzare la voce quanto vogliono ma non riescono ad avere quella visibilità decisiva rappresentata ad esempio da uno sciopero generale capace di bloccare il paese.


Il recente sciopero della CGIL ne è la chiara dimostrazione.

IL TG2 il giorno prima nemmeno lo ha ricordato, come se fosse un evento secondario, un semplice e oscuro capriccio di una piccola parte dei lavoratori, di quelli che contano meno, che non creano nessun problema di tipo generale.


E se non lo dice la televisione il fatto non sussiste.


Leggiamo che l’informazione generale e politica in Italia è appresa da libri e giornali solo dal 20% della popolazione, di solito dalle classi più agiate ed istruite, la vecchia classe borghese per intenderci mentre l’80% dei cittadini trae invece le proprie informazioni, e si crea le propri opinioni, principalmente ed essenzialmente dalla televisione.


Ecco che tutte le idee, le mode, i comportamenti, sessuali e civili, i canoni estetici, hanno questa origine televisiva. E non sono casuali ma molto spesso voluti. Alla loro base esiste un lavoro costante di orientamento verso obbiettivi ben precisi, siano essi la vendita di un prodotto commerciale piuttosto che la presentazione di un evento televisivo o di una manifestazione, fino al vero e proprio sconfinamento nella spinta verso un preciso orientamento politico.


E’ un lavoro costante e spesso nascosto, subliminale, contro cui si può fare ben poco considerando che la stessa vita frenetica che siamo costretti a vivere ci lascia in genere poco spazio per altro che non sia il telegiornale all’ora di pranzo e cena e un dopocena, spesso sonnolento, davanti allo schermo televisivo.


La TV è ormai diventata come un Grande Fratello che condiziona in maniera certamente sensibile l’opinione pubblica del paese. Le aspre lotte quasi quotidiane per il controllo del mezzo televisivo e le polemiche correlate ne sono la testimonianza più fedele. Ne deriva quindi un condizionamento pesante dell’opinione pubblica che compete però con un altro condizionamento, ugualmente pesante nel nostro paese, rappresentato dalla Chiesa Cattolica.


Con i duemila miliardi di vecchie lire derivanti solamente dall’8 per mille che si aggiungono a tutti gli altri proventi derivanti dai pellegrini di Città del Vaticano (solo chi c’è stato è in grado di valutare l’enorme quantità di denaro che vi si raccoglie ogni giorno) la Chiesa Cattolica riesce a mettere in campo una miriade di piccoli centri di condizionamento, un sistema capillare di parrocchie, opere, ospedali, scuole, radio e televisioni.


Non c’è niente di male in questo, anzi molte di queste iniziative vanno guardate con molto rispetto, specie quando si riferiscono ai parroci in prima linea nelle periferie degradate di molte grandi città, specie al Sud, oppure a religiosi che intendono la religione secondo la sua vera origine di aiuto e sostegno per i poveri, per i più deboli, per gli ultimi ma è inevitabile, anche da parte queste organizzazioni, un condizionamento pesante sul modo di pensare e di agire dei cittadini che travalica spesso anche in quello di fare riferimento ad un preciso partito politico.


Difficile quindi sfuggire a questi due potenti e apparentemente involontari condizionamenti e riuscire a farsi un’idea propria del mondo e della situazione politica e sociale del nostro paese.
Servirebbe per questo un enorme sforzo che non tutti sono in grado di compiere.


Servirebbe la capacità di guardare la realtà con un distacco che molti non riescono ad avere, servirebbe un impegno che molti non sono in grado di adempiere perché oppressi dalla necessità del lavoro, dello stipendio per la famiglia, per la continua competizione che disperde tempo ed energie, per la fretta e la superficialità con cui conduciamo le nostre vite.


Forse siamo meno liberi di quello che pensiamo, forse siamo anche un po’ manipolati.


C’è uno spot recente che passa sul piccolo schermo e che riguarda la televisione. Dice di uscire di casa e di non guardare troppo la TV, dice che la vita è altro. Lo spot fa la pubblicità ad un marchingegno che registra i programmi televisivi per guardarli con comodo in seguito. Bisognerebbe proprio farlo ma senza  marchingegno.
 
 
 

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